Tratta gli altri come vorrebbero essere trattati

Riccarda Zezza, CEO di Life Based Value, e la blogger e business strategist Manuela Andaloro, nell’ambito della serie di interviste ai leader e impact maker portatori di cambiamento e innovazione nel mondo, dopo Chiara Condi (Le donne? Devono smettere di chiedere conferma del loro valore) e Mariarosaria Taddeo (La scelta giusta? È più facile quando ci metti il cuore) intervistano Fleur Bothwick, Direttrice Diversity e Inclusion EMEIA di EY e co-autrice di Inclusive Leadership.

Fleur, oggi vorremmo rivelare alcuni aspetti che riguardano la tua vita professionale e l’impatto che stai generando. Chi è Fleur oggi?

Sono Direttrice Diversity & Leadership Inclusiva (D&I) per la regione EMEIA di EY, composta da Europa, Medio-Oriente, India e Africa, che conta novantanove paesi e 105.000 persone. Il mio ruolo prevede lo sviluppo, la promozione e l’inclusione di una strategia della diversità integrata in una grande organizzazione con matrice multidisciplinare.

Un focus fondamentale di questo ruolo è il coinvolgimento delle parti interessate, la consulenza degli specialisti, la gestione dei cambiamenti e lo sviluppo del marchio sul mercato. Intervengo regolarmente come relatrice durante le conferenze e collaboro nell’ambito di articoli e ricerche in questo campo; ho pubblicato una serie sulla leadership di pensiero e, più recentemente, su come far assumere una rilevanza globale ai programmi sulla disabilità.

Un paio di anni fa sono stata coautrice del libro Inclusive Leadership dove io e Charlotte abbiamo condiviso quello che abbiamo appreso nel corso degli anni. Nel 2013 sono stata lieta di essere nominata Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico nel New Year’s Honors List della Regina (ndr. OBE, Officer of the Most Excellent Order of the British Empire), come riconoscimento del mio contributo nei confronti della diversità e dell’inclusione sul luogo di lavoro.

Dove ti portano ogni giorno le sinergie tra la vita professionale e gli obiettivi personali?

I miei obiettivi professionali e personali sono simili. Alla fine della giornata desidero che le persone siano ispirate da quello che stanno facendo, abbiano uno scopo e percepiscano di ricoprire una posizione adatta a sviluppare il potenziale, sia a scuola che sul luogo di lavoro. Ecco perché negli ultimi cinque anni ho lavorato con la National Autistic Society per aprire nel mio quartiere una scuola secondaria specializzata per studenti con disturbi dello spettro autistico. La nostra scuola gratuita aprirà i battenti a gennaio 2020.

Perché credi che il management abbia una reputazione così negativa in alcune aziende? Se la causa sono cattivi manager, come credi si possa evitare di diventare tali?

Credo che vi siano diversi motivi per cui le società abbiano una reputazione di cattiva gestione, ma al centro in genere vi è una cultura sostenuta dai valori aziendali. Se un’azienda non apprezza il valore del talento e incentiva esclusivamente i risultati, probabilmente vi sarà meno coinvolgimento e una forza lavoro meno felice. Personalmente non faticherei per prosperare in un ambiente simile, li lascerei e troverei un altro luogo in cui offrire il mio contributo.

Sappiamo che nell’era della digitalizzazione è sempre più importante per i leader sfruttare l’EQ e le soft skill come la collaborazione, l’empatia, la comprensione e le abilità che sono state essenziali nella vita personale e che ora sono alla base di una vita professionale di successo. In che modo stiamo riqualificando i leader e la dirigenza della vecchia scuola?

Il comando e il controllo non sono più necessari nella maggior parte dei luoghi di lavoro, e i veri leader lo sanno. Le persone non si uniscono più a un’azienda ‘per la vita’, la gig economy sta crescendo, alcuni lavori sono stati sostituiti dall’intelligenza artificiale e dalla robotica e il futuro del lavoro è già sopraggiunto in diversi modi. Affinché le aziende prosperino, la leadership deve portare con sé le persone.

In che modo le donne e gli uomini perseguono un diverso tipo di leadership ed evitano alcune delle insidie in cui cascano i cattivi manager?

La leadership inclusiva riguarda per prima cosa la comprensione delle proprie motivazioni, delle proprie preferenze e dello stile, nonché la capacità di identificare ciò che funziona per le altre persone. Ci si sta allontanando sempre più dal ‘trattare gli altri come vorresti essere trattato’, per avvicinarsi al ‘tratta gli altri come vorrebbero essere trattati’. Si tratta di una leadership presente, non che ascolta mentre scrive le e-mail; è una leadership che si accerta del fatto che chiunque si trovi nella stanza/al telefono abbia una voce.

Qual è il più grande errore professionale che le donne continuano a fare? Cosa dobbiamo smettere di fare?

Secondo me ci sono due cose. Una è che ci sentiamo troppo in colpa, in particolare le madri lavoratrici. Il più grande dei miei tre figli ora ha 20 anni e non potrei essere più fiera di lui. Certamente non sono rimasti segnati dal fatto che la loro mamma si sia destreggiata tra lavoro e vita domestica quando erano piccoli; semmai, sono più in sintonia con le sfide lavorative e con il loro ruolo nell’ambito del raggiungimento della parità. L’altra cosa che facciamo troppo spesso (e non dico che gli uomini non lo facciano) è cercare di ottenere il 120% da ogni cosa, quando spesso l’80% sarebbe sufficiente.

La generazione dei Millennial rappresenterà una tipologia di leadership molto diversa?

Non sono certa che saranno ‘molto’ diversi. Sicuramente stiamo assistendo a dei cambiamenti; c’è maggiore interesse a costruire un mondo professionale migliore e il numero di uomini che desidera ricoprire un ruolo più concreto in casa sta aumentando. Detto questo, ci era stato riferito che la Generazione X avrebbe fatto il suo ingresso nella forza lavoro e avrebbe cambiato il panorama. C’è stato qualche lento cambiamento.

Qualche abitudine di successo che vorresti condividere? 

C’è un suggerimento molto pragmatico che è venuto fuori durante una sessione di raccolta delle idee. Abbiamo chiesto alle persone di pensare al modo in cui potrebbero cambiare ciò che fanno attualmente per essere più efficienti, sia a livello individuale che come team. Mi sono resa conto che l’impostazione predefinita per i meeting su Outlook era sempre di un’ora. Allora l’ho modificata su 45 minuti per le telefonate (che nel mio ambito possono essere 6 o 7 chiamate al giorno). Ho iniziato a recuperare in media 1,5 ore al giorno e le chiamate sono rimaste focalizzate e produttive.

È in corso un grande dibattito sul futuro del lavoro, sulla digitalizzazione, sulla gig economy e sull’open talent economy, sul soffitto di cristallo e sulle diverse prospettive dei Millennial relativamente al lavoro. Qual è la tua opinione sullo status quo e cosa credi che accadrà in futuro? 

Penso che gran parte del ‘futuro del lavoro’ sia già qui, e che naturalmente ne arriverà altro. Incappiamo in continuazione nell’intelligenza artificiale (non sempre in maniera positiva) e ci sono robot che svolgono già alcune attività di audit. La gig economy sta prosperando e io sono entusiasta di poter fare acquisti ed effettuare operazioni bancarie online in qualsiasi momento del giorno. Penso che il futuro sia ricco di opportunità, ma dobbiamo verificare di essere pronti.

Qualche altra perla di saggezza e qualche consiglio per gli impact makers, i professionisti e gli imprenditori concentrati sulla carriera, sia uomini che donne?

Nessun lavoro vale un esaurimento. In questo mondo 24/7 è importante stabilire alcuni confini di base e imparare a staccare. Non sono la migliore, ma quando mi prendo un weekend o più libero, torno riposata, concentrata e più incisiva.

Articolo pubblicato anche in lingua inglese sul blog www.ownthewayoulive.com di Manuela Andaloro