Come l’employee engagement può migliorare benessere e produttività in tempi di incertezza

Nel “now normal” un alto employee engagement contribuisce ad aumentare i livelli di benessere, migliora la salute e diminuisce il rischio di burnout
Dipendenti più ingaggiati generano +21% di redditività, +20% di produttività, +10% di fidelizzazione del cliente (fonte: Gallup)
Scopri come si può migliorare l’employee engagement in 3 step


È nel now normal che va coltivato l’engagement dei dipendenti

L’arrivo del mese di settembre con il back to work ha portato a una diffusa urgenza di now normal: sappiamo ormai che non ci si può più aspettare il new normal di cui si è parlato tanto gli scorsi mesi, quanto piuttosto una normalità liquida, in continua evoluzione verso i next normal. Una normalità che, seppur transitoria, offre, tuttavia, qualche reminiscenza della quotidianità pre-Covid.

È in questi scenari che l’attenzione e la vicinanza alle persone è quanto mai fondamentale per aiutarle a riposizionarsi nei nuovi scenari, e diventa elemento determinante per la sopravvivenza dell’azienda. Adottare pratiche di employee engagement ha il vantaggio di incrementare i livelli di produttività, abbassare i livelli di stress e generare benessere organizzativo diffuso.

Secondo William Kahn, lo studioso che per primo ha elaborato una definizione di employee engagement (Psychological conditions of personal engagement and disengagement at work, 1990), sono tre le condizioni psicologiche necessarie affinché un dipendente possa dirsi pienamente coinvolto:

  1. La significatività, ovvero la misura in cui le persone sentono di ricevere un ritorno dal proprio investimento nella performance lavorativa;
  2. La sicurezza, che sussiste quando i dipendenti si sentono liberi di esprimere loro stessi, senza timore di subire conseguenze negative in termini di opportunità di carriera, status e immagine;
  3. La disponibilità, intesa come la consapevolezza di avere energie sufficienti a livello fisico, emotivo e cognitivo per realizzare l’attività.

In un recente studio di Gallup, società leader nella relazione tra team engagement e performance sul lavoro, viene confermato che i team dove si riscontrano livelli più alti di engagement ottengono risultati migliori: 21% in più di redditività, 20% in più di produttività, 10% in più di fidelizzazione del cliente. E i benefici non si riflettono soltanto sui conti aziendali: i dipendenti più “engaged” sono anche più sani e meno esposti al rischio di burnout.

Sempre secondo Gallup la crescita dell’employee engagement è da attribuire in via prioritaria ai cambiamenti del modo in cui le organizzazioni si occupano dello sviluppo dei dipendenti. Le realtà capaci di focalizzarsi su una cultura della crescita interna registrano un salto nei livelli di engagement dal 20% al 70%.

Ma c’è di più: la relazione sembra farsi più intensa tanto più difficili sono le condizioni esterne in cui opera l’organizzazione. Durante le crisi una buona predisposizione al lavoro impatta sui risultati aziendali in misura maggiore di quanto non accada in tempi normali. Durante gli ultimi anni di recessione economica si è, infatti, evidenziato un rapporto più stretto tra coinvolgimento dei dipendenti e aumento di indicatori quali redditività, produttività, percezione dei consumatori.

Ciò non significa che, in momenti di crisi, l’engagement cresca spontaneamente. Il distanziamento sociale e le nuove modalità di lavoro imposte dalla pandemia mettono a dura prova i tentativi delle aziende di mantenere coinvolto il personale. Proprio perché l’employee engagement aumenta solo grazie all’adozione di prassi organizzative positive, occorre sviluppare precise strategie per mitigare la distanza e rafforzare la partecipazione in azienda.

Come migliorare l’employee engagement in 3 mosse

Quali sono le buone prassi da adottare per far sentire le proprie persone accolte ed accettate in azienda, e incidere così sul miglioramento dell’engagement? Ecco 3 mosse adatte al periodo di incertezza che ancora vivendo.

Lascia che ognuno porti se stesso sul posto di lavoro

Il primo suggerimento è di guardare alle persone nella loro interezza. Uno studio di Deloitte ha rivelato che il 61% dei dipendenti nasconde alcuni aspetti della propria identità per paura di essere discriminato in ufficio o per timore di apparire poco concentrato sul lavoro. In molti casi il Covid ha reso impossibile questo tentativo di celare parti di sé.

In tempi di home working forzato, le persone hanno condiviso con i propri capi e colleghi aspetti inediti della propria vita: davanti agli schermi dei loro computer si sono mostrati non solo come professionisti, ma anche come genitori, compagni, caregiver. Consentire alle persone di portare tutto di sé anche sul lavoro significa creare una “cultura della cura”, in cui ognuno si sente motivato e libero di esprimersi. E ciò aiuta a ridurre le tensioni e aumentare la comprensione reciproca. Oltre a portare più liberamente tutti i propri talenti anche sul lavoro.

Valorizza l’apprendimento personale e continuo

Non sono solo i contesti formali a essere fonte di apprendimento. Si impara in ogni momento della vita e la crisi è una grande opportunità di sviluppo per le persone e per le organizzazioni. È possibile riconoscere le crisi come catalizzatore del cambiamento e decidere che tipo di trasformazione vogliamo realizzare.

Ne abbiamo parlato anche qui

La letteratura post traumatica individua cinque aree di crescita potenziale:

  1. Migliori relazioni con le altre persone;
  2. Una maggiore capacità di apprezzare la vita;
  3. Nuove possibilità, opportunità o priorità;
  4. Un senso di forza interiore;
  5. Un cambiamento spirituale ed esistenziale.

Sapere di aver superato un momento difficile e averne tratto una lezione importante rende più consapevoli delle proprie capacità e meglio equipaggiati per il futuro. In un’ottica di continuous learning, rielaborare il passato permette di essere autori e attori di una nuova storia di cambiamento: in un mondo in continuo divenire, reagire agli shock vuol dire imparare a ricominciare ogni volta da capo.

Ascolta le persone e insieme trovate soluzioni

La situazione che stiamo vivendo a causa del Covid-19 può essere, infine, una grande occasione per le organizzazioni per trovare risposte personalizzate ai bisogni delle loro persone. Aprire canali di ascolto evita l’isolamento e permette di comprendere le diverse sfide che i dipendenti stanno affrontando, individuando il modo migliore per sostenerli.

Adottare un approccio personalizzato significa promuovere una cultura del cambiamento condivisa all’interno dell’organizzazione. Ecco perché l’employee engagement ha bisogno di un dialogo continuo e corrisposto tra dipendente e azienda, che tenga in considerazione gli specifici bisogni di ognuno, permetta a ciascuno di creare il proprio percorso e lo inviti a condividere con gli altri quanto è stato imparato fino a quel momento per creare insieme un nuovo sense of purpose.

Una augmented learning experience che migliora (anche) l’employee engagement

Nelle transizioni come quella causata dal Covid-19 si cresce dunque solo se viene fatto tutti insieme: aziende e dipendenti, visti nella loro duplice veste professionale e privata. Lifeed, già attivo in oltre 80 aziende come Manpower, MSD, Reale Mutua, UniCredit, trasforma le transizioni in palestre di soft skill per l’efficacia professionale e si rivela un valido strumento per migliorare l’engagement delle persone, incidere sul loro benessere e migliorare la produttività sul lavoro.

Il 53% degli utenti Lifeed sente di poter rivelare e usare più cose di sé sul lavoro e il 57% è orgoglioso della propria azienda. Gli effetti sono chiari: il 90% sta meglio e ha più energia e la stessa percentuale di persone si dichiara di più coinvolta e motivata nelle attività lavorative quotidiane.

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