Secondo i dati dell’Osservatorio Vita Lavoro di Lifeed, attraverso la piattaforma che negli ultimi 12 mesi ha coinvolto 10.000 dipendenti di grandi e medie aziende italiane, la dimensione della coppia è in modo stabile tra le prime tre più presenti, insieme alla dimensione professionale e a quella dell’amicizia.
A descriversi in modo spontaneo come partner è infatti ben il 48,4% degli utenti.
Per gli uomini, quella di coppia è al primo posto tra le relazioni personali più importanti. A rompere definitivamente lo stereotipo secondo cui sarebbero meno romantici, gli uomini considerano la coppia tra le dimensioni fondamentali della propria vita, facendo della qualifica di marito, compagno, alleato, fidanzato la prima nella lista dei ruoli più espressi dopo quello lavorativo.
Per le donne, questa dimensione viene invece solo al quarto posto, dopo quella lavorativa, l’amicizia e l’essere figlie.
E la coppia, con le sue negoziazioni e interazioni quotidiane, è una grande palestra di competenze che tornano molto utili anche sul lavoro: i partner di entrambi i generi si descrivono usando tratti come responsabile, premuroso, calmo, maturo e giocoso, ma anche estroverso, emotivo, organizzato e fantasioso. Questo li porta a usare ogni giorno comportamenti che sono vere e proprie palestre esperienziali per le competenze di collaborazione, comunicazione e feedback, ma anche per l’autocontrollo e l’agilità mentale.
“Secondo la metodologia del Life Based Learning, in tutti i nostri ruoli usiamo “comportamenti universali”, che possono essere facilmente adottati anche in contesti lavorativi, rendendo le persone molto più efficaci”, ha commentato Martina Borsato, responsabile dell’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed. Ed ecco i dieci comportamenti più citati dagli utenti Lifeed quando descrivono il proprio ruolo di partner:
“Se trasferissi i comportamenti che uso quando sono premurosa come compagna anche nel mio ruolo di lavoratrice, mi prenderei cura delle persone del mio team con continuità, insegnando loro a essere autonome ma restano un punto di riferimento finché vorranno”, ha commentato una delle utenti della piattaforma.
È l’effetto della “transilienza”, parola coniata dal Life Based Learning di Lifeed per indicare la capacità di trasferire competenze e risorse tra i propri ruoli, divenuta un neologismo dell’enciclopedia Treccani nel 2023. Ma la transilienza funziona in entrambe le direzioni, e infatti ecco la riflessione di un altro utente: “Se usassi la capacità di gestire complessità e incertezza che ho come manager nel mio ruolo di compagno, gestirei gli imprevisti della vita personale mantenendo la calma anche di fronte a situazioni complicate”.
Milano, 4 dicembre 2024 – In Italia, sono circa 3,6 milioni le persone che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), una cifra che include non solo giovani, ma anche adulti tra i 35 e i 60 anni. Questo fenomeno è una vera e propria epidemia silenziosa, poiché i numeri sono significativamente sottostimati. In un periodo storico in cui la salute mentale è sempre più rilevante, il 50% degli italiani ritiene che il supporto delle aziende in questo ambito abbia un impatto determinante nella scelta di restare in un’azienda.
Ma quali sono gli stereotipi che riguardano i lavoratori affetti da DCA? Rendere visibile in azienda il proprio malessere può aiutare a superare lo stigma? Quali sono le competenze soft che affrontare un percorso di cura può aiutare a sviluppare? Ma soprattutto, queste competenze possono rappresentare un primo passo verso l’eliminazione dello stigma pubblico che circonda i soggetti affetti dalla malattia mentale?
Un progetto di ricerca realizzato nell’ambito del corso di laurea Magistrale in Psicologia per le Organizzazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano risponde a questi interrogativi e si è aggiudicata il “Libellula Inspiring Company“, il premio rivolto alle aziende che realizzano progetti volti a prevenire e contrastare la violenza e la discriminazione di genere, dentro e fuori il contesto di lavoro.
L’indagine è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra Lifeed, l’azienda EdTech che dal 2015 sta cambiando il mondo del lavoro, trasformando le esperienze di vita personale in competenze soft da attivare sul lavoro, e Animenta, associazione non-profit che si occupa di disturbi del comportamento alimentare in tutta Italia.
Gli stereotipi più comuni sulle persone che soffrono di malattie mentali includono la percezione che queste persone siano meno competenti, imprevedibili, poco affidabili. Inoltre, molti manager e consulenti di selezione del personale esitano ad assumere persone con disturbi psicologici (Sawyer & Siegel, 2019). Oltre allo stigma pubblico, le persone con malattie mentali spesso interiorizzano gli stereotipi che vi sono nei confronti della malattia, applicandoli a sé stesse, attraverso un processo che prende il nome di stigma interiorizzato o auto-stigma.
A fronte dello stigma che gravita attorno alla malattia mentale, le persone con DCA possono trovarsi di fronte al dilemma se rivelare o meno la propria condizione. Per evitare lo stigma, possono scegliere di nascondere queste informazioni sul lavoro con un potenziale impatto negativo sulla creazione di legami professionali autentici (Thomas, 2020).
Alla luce di questo, la ricerca condotta con i dati raccolti attraverso la piattaforma Lifeed su persone appartenenti alla community di Animenta con DCA, è stato possibile mappare le competenze latenti che a causa di uno stigma sociale spesso non vengono viste e valorizzate sul lavoro.
L’obiettivo della ricerca è stato rompere stigmi e stereotipi sui disturbi del comportamento alimentare, sensibilizzando il mondo del lavoro e le organizzazioni su una categoria di malattie mentali ancora poco conosciute. Il progetto ha permesso alle persone di scoprire e portare nell’ambito professionale le competenze sviluppate nella loro vita personale, contribuendo così a rafforzare autostima e sicurezza di sé.
Dall’analisi dei risultati è emerso chiaramente che nelle esperienze di vita personale delle partecipanti e dei partecipanti c’è un potenziale enorme di competenze che non viene portato sul lavoro e che le aziende non sanno di avere. Le persone sviluppano più competenze soft nei ruoli personali rispetto ai ruoli professionali con una media di potenziale inespresso superiore al 40%:
“Questa ricerca nasce dal desiderio di rivoluzionare il modo in cui le aziende affrontano la salute mentale, promuovendo una cultura inclusiva che valorizzi le esperienze personali come autentiche risorse. Abbiamo voluto far luce su una malattia come i DCA, tanto diffusa quanto ancora poco conosciuta, permettendo a chi vive un disturbo alimentare o qualsiasi difficoltà psicologica di guardare oltre la malattia, riconoscendo il proprio potenziale e rafforzando l’autostima. La nostra ambizione è di trasformare le aziende in luoghi abilitanti, capaci di valorizzare le potenzialità insite nelle esperienze di vita senza stigmatizzare, perchè, come dimostra la ricerca, le esperienze personali arricchiscono persone e organizzazioni di competenze fondamentali.” – ha dichiarato Benedetta Di Cesare, Research & Innovation Analyst di Lifeed.
“Crediamo che le organizzazioni possano guidare un cambiamento culturale importante nel modo in cui il mondo del lavoro e la società vedono le persone e la diversità in tutte le sue forme. È tempo di smettere di considerare le esperienze di vita personale – anche quelle più complesse – come ostacoli alla produttività e iniziare a riconoscerle come momenti di crescita che portano con sé nuove competenze. Più lasciamo che uno stereotipo intrappoli una persona, più le impediamo di esprimere il proprio potenziale, che rischia di rimanere latente; a perdere, però, è anche la società, che rischia di non vedere mai tutto il valore che quella persona potrebbe portare. Solo superando queste barriere si possono costruire le fondamenta per un mondo del lavoro più giusto, equo e inclusivo, dove ogni persona ha la possibilità di contribuire al meglio delle proprie capacità” ha affermato Chiara Bacilieri, Head of Innovation di Lifeed.
“Quando si affronta un percorso di cura da una malattia mentale come un DCA ci si chiede spesso cosa ci insegnerà questo percorso e spesso ci si vergogna. Molte volte si ha paura del tempo che si spende a curarsi, ma il tempo investito nella propria salute mentale non è mai tempo perso. Questa ricerca ci ha permesso di capire come ogni percorso che affrontiamo nella nostra vita può aiutarci negli anni successivi e come le competenze latenti di cui diventiamo consapevoli possano essere messe in campo anche nel lavoro”– ha commentato Aurora Caporossi, Founder e Presidente di Animenta.
Milano, 26 novembre 2024 – Lifeed, azienda di education technology che dal 2015 sta cambiando il mondo del lavoro facendo emergere le competenze soft da tutti i ruoli della vita delle persone, si è aggiudicata il “Libellula Inspiring Company”, il premio rivolto alle aziende che realizzano progetti volti a prevenire e contrastare la violenza e la discriminazione di genere, dentro e fuori il contesto di lavoro. Lifeed ha vinto con il progetto “Oltre gli stereotipi sui Disturbi del Comportamento Alimentare” nella categoria “Azioni di cura” dedicata alle aziende che hanno sostenuto e promosso un progetto di cura, un’azione a impatto sociale (es. percorso di inserimento lavorativo, percorso formativo negli ospedali, ecc).
Il progetto “Oltre gli stereotipi sui Disturbi del Comportamento Alimentare” è stato realizzato nell’ambito del corso di laurea Magistrale in Psicologia per le Organizzazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si tratta di una indagine resa possibile grazie alla collaborazione tra Lifeed e Animenta, associazione non-profit che si occupa di disturbi alimentari nella loro complessità. Grazie ai dati raccolti attraverso la piattaforma Lifeed su soggetti appartenenti alla community di Animenta, è stato possibile mappare le competenze latenti che a causa dello stigma non vengono portate sul lavoro.
“È per noi un grande orgoglio vedere premiato questo progetto che è nato dal desiderio di accendere i riflettori su un tema tanto diffuso e troppo spesso avvolto da stigma: i disturbi del comportamento alimentare. Volevamo dare a un gruppo di giovani donne e uomini l’opportunità di riscoprire il proprio valore oltre la malattia, rafforzando autostima e fiducia in sé stessi nel mondo del lavoro. In Lifeed, ogni giorno valorizziamo le competenze soft che emergono dalle esperienze di vita, risorse fondamentali nel mondo del lavoro”. – ha dichiarato Benedetta Di Cesare di Lifeed.
Milano, 20 novembre 2024 – Comprendere la rilevanza della valorizzazione delle competenze e del potenziale delle persone, con un focus specifico sulle abilità, conoscenze e ruoli agiti nella vita quotidiana, potenzialmente preziosi per le organizzazioni.
Questo l’obiettivo della ricerca condotta dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, in collaborazione con Lifeed, che è stata presentata oggi all’HR Forum da Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice e Chiara Bacilieri, Head of Innovation di Lifeed.
Negli ultimi anni, soprattutto nel periodo del post Covid, ha assunto sempre più rilevanza il tema del malessere psicologico legato al lavoro: per molte persone oggi non è più accettabile sacrificare il proprio benessere psico-fisico per la propria professione.
Lo confermano i dati della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice, dalla quale emerge che il 42% del campione (percentuale leggermente inferiore a quella registrata nel periodo pandemico) ha cambiato lavoro quest’anno o ha intenzione di farlo nel prossimo futuro. E, per il 36% di loro, il motivo riguarda proprio il benessere psico-fisico.
Questo dato è strettamente collegato a quello delle persone che si dicono “pienamente ingaggiate al lavoro” (al 19% del 2024, rispetto al 26% del) e alla percentuale (12%) di chi si dice affetto da Quiet Quitting.
Questo malessere è reso evidente anche dalle organizzazioni. L’88% di loro ha percepito difficoltà nell’assumere nuovo personale: il 54% ha affermato che il numero dei rifiuti delle offerte di lavoro o dei candidati che si ritirano dal processo di selezione è aumentato e il 17% che i nuovi assunti cambiano lavoro dopo pochi mesi dall’assunzione.
“La percentuale di persone che desiderano cambiare lavoro, i bassi livelli di engagement e la difficoltà delle aziende ad essere attrattive sono segnali di malessere del mercato del lavoro. Quello che si sta delineando è un disallineamento tra ciò che le persone vogliono, e si aspettano, e ciò invece che le organizzazioni offrono. Per colmare questo gap è necessario lavorare su nuovi modi per valorizzare le persone, anche nei talenti nascosti, ridando loro motivazione e energia” ha commentato Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano.
Uno degli obiettivi prioritari della Direzione HR, rilevato attraverso la Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice, è la riqualificazione della forza lavoro.
Tuttavia, nel campione di Direzioni HR della Ricerca, appena poco più di un quarto dei rispondenti ha piena consapevolezza di come evolveranno le competenze nel breve-medio termine e, conseguentemente, formalizza una strategia per acquisirle e/o svilupparle. La mancanza di un’analisi preliminare di quelle che saranno le competenze chiave in futuro limita la presenza di iniziative a supporto del loro sviluppo e dell’impiegabilità delle persone: attualmente solo il 24% del campione mette in atto azioni che supportano l’occupabilità futura delle proprie persone, a cui si aggiunge il 12% che lo farà nei prossimi mesi.
L’insufficienza degli sforzi in ottica di impiegabilità e riqualificazione è testimoniata anche dai lavoratori, il cui tema si fa per loro sempre più rilevante. Mentre solo il 30% del campione percepisce di essere pienamente impiegabile, il 64% ha dichiarato che l’acquisizione di competenze e le iniziative a supporto dell’impiegabilità sono elementi fondamentali o molto rilevanti nella scelta di un nuovo lavoro.
Da qualche anno hanno assunto sempre più rilevanza sul lavoro le competenze soft, che fanno la differenza nelle relazioni interpersonali, nel lavoro di squadra, nella capacità di adattarsi e innovare, nonché nell’organizzarsi in modo efficace in un contesto di continuo cambiamento.
A differenza di quanto accade per le competenze hard, le competenze soft sono molto spesso legate agli aspetti attitudinali del carattere delle persone e possono essere assimilate in contesti molto diversi tra loro, anche extralavorativi.
Le ricerche condotte da Lifeed su oltre 10.000 persone dimostrano che la maggior parte – tra il 60% e il 70% – delle competenze soft si sviluppano e si utilizzano principalmente al di fuori del contesto lavorativo, in ruoli ed esperienze di vita personale: essere figli, genitori, amici, coltivare hobby e passioni, vivere cambiamenti significativi.
“La capacità di trasferire competenze da un ambito all’altro, da un ruolo all’altro, è una risorsa straordinaria e rara, una vera e propria abilità superiore, che in Lifeed abbiamo chiamato ‘transilienza‘. Ma come possiamo sfruttare al meglio questa straordinaria qualità? la risposta sta nella consapevolezza: è fondamentale diventare consapevoli dei diversi ruoli che ricopriamo nella vita, riconoscendo cosa ci rende davvero efficaci in ciascuno di essi. I benefici di questo approccio sono straordinari, soprattutto quando pensiamo a come trasferire competenze tra la sfera personale e quella lavorativa: il 71% delle persone ha iniziato ad utilizzare sul lavoro competenze che non sapeva nemmeno di possedere; il 90% si è sentito più equilibrato e consapevole delle proprie risorse, riuscendo a conciliare meglio vita privata e professionale; l’86% si sente più coinvolto e libero di portare al lavoro altre parti di sé” ha affermato Chiara Bacilieri, Head of Innovation di Lifeed.
Identificare i ruoli che le persone ricoprono al di fuori del lavoro permette di evidenziarle, creando nuove risorse per l’azienda ma dalla Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice è emerso che solo un quarto delle Direzioni HR oggi prevede degli assessment per monitorare e mappare le competenze nascoste dei propri collaboratori.
Anche la ricerca sui lavoratori svolta dall’Osservatorio evidenzia che le persone riescono ancora poco a mettere al servizio dell’organizzazione competenze e ruoli appresi in contesti diversi da quello lavorativo (solo il 14%). Le ragioni di tale difficoltà sono da ricercare nella cultura organizzativa e nello stile di leadership dei manager. Poi, solo il 9% dei lavoratori concorda pienamente sul fatto che il proprio manager sia in grado di valorizzare il suo potenziale e solo il 6% ha completa fiducia nella capacità dell’organizzazione di farlo.
Grazie a questo finanziamento, l’azienda co-fondata da Riccarda Zezza aumenta gli investimenti nell’AI generativa e avvia l’espansione all’estero
Milano, 2 ottobre 2024 – Lifeed, azienda di education technology che dal 2015 sta cambiando il mondo del lavoro facendo emergere le competenze soft da tutti i ruoli della vita delle persone, ha concluso con successo un bridge round di investimento, iniziato nel 2023, per un totale di 3,5 milioni di euro.
L’investimento è stato sottoscritto dal Fondo Rilancio Startup, gestito da CDP Venture Capital SGR S.p.A, da Opes Italia Sicaf Euveca, da SEFEA Impact SGR e dall’ungherese Impact Ventures, già investitore in Lifeed.
Il round di investimento consentirà da un lato il rafforzamento dell’offerta, attraverso l’utilizzo dell’AI generativa, dall’altro l’espansione in alcuni mercati esteri ad alto potenziale grazie a partnership con società leader nella human transformation. Inoltre, Lifeed punta al consolidamento del mercato italiano, dove conta già oltre 100 aziende clienti e 70.000 utenti.
Per accompagnare questa nuova fase della vita dell’azienda, entra nel board in qualità di CEO Salvatore Pugliese, già Amministratore Delegato di Brown Editore S.p.A e TF Group S.p.A che porterà importanti competenze manageriali e avvierà una nuova fase di crescita fortemente improntata sull’innovazione tecnologica, sul consolidamento del mercato italiano e sullo sviluppo internazionale.
Riccarda Zezza, che ha co-fondato l’azienda a l’ha guidata nei primi 9 anni, portandola a ottenere investimenti in Italia e all’estero e ad essere citata come una tra le pratiche più innovative e inclusive al mondo per lo sviluppo delle competenze nello studio “The skilling challenge” condotto da Ashoka e McKinsey & Company, assume il ruolo di Chief Science Officer con l’obiettivo di ampliare l’impatto scientifico e definire la strategia di ricerca e sviluppo dell’azienda, con un focus sempre maggiore sui dati e sull’impiego dell’intelligenza artificiale.
Lifeed, grazie alle sue soluzioni basate sul metodo del Life Based Learning, si presenta oggi al mercato delle organizzazioni con una piattaforma di sviluppo digitale che misura e sviluppa il pieno potenziale umano in tutta l’organizzazione: valorizzando tutte le loro competenze di vita, le aziende migliorano le performance, aumentano la retention e potenziano l’engagement delle persone.
Gli algoritmi alla base della piattaforma, permettono di costruire un’esperienza personalizzata per ogni utente, strutturata in tre fasi: scoperta, attivazione e misurazione.
La piattaforma è mobile-first, si avvale dell’intelligenza artificiale per un viaggio formativo immersivo ad alto tasso di completamento (+90%) garantendo alle funzioni HR la misurazione quantitativa dei risultati raggiunti nello sviluppo del potenziale umano, anche ai fini delle certificazioni e dei report ESG.
“Questo bridge round di investimento proietta Lifeed in un piano di sviluppo ambizioso che è stato colto pienamente dai nostri partner e che ci consentirà di proiettarci al 2025 con l’apertura di nuovi mercati, alcuni già identificati come il Messico, il Regno Unito e la Svizzera, altri ancora da identificare. Ho deciso di affrontare questa sfida perché sono convinto che in un mondo sempre più “AI-centrico”, freneticamente improntato alla ricerca di automazione di processi ed operazioni ci siano delle capacità umane che non saranno mai sostituite: empatia, creatività, pensiero critico, ad esempio. Il mio obiettivo è quello di lavorare con Riccarda Zezza e con un team di grande valore per offrire al mercato una piattaforma rivoluzionaria capace di misurare il potenziale dei talenti dando all’AI il giusto ruolo di co-pilota, e non di pilota assoluto” – ha dichiarato Salvatore Pugliese, CEO di Lifeed.
“Sono molto orgogliosa di questo traguardo e so che l’ingresso di Salvatore Pugliese porterà Lifeed in una nuova fase di crescita : si tratta di un “passaggio generazionale”, quello tra i fondatori e un top management qualificato, che solo le startup più fortunate possono permettersi quando puntano alla fase di “scaleup” – e ci riesce meno del 5% delle startup*, quindi abbiamo ragione di festeggiare.
Noi puntiamo tutto sullo sviluppo umano: la parte “soft” su cui sembra meno facile avere un impatto, ma che poi ha a sua volta un impatto su tutto il resto. Lo facciamo con una rivoluzione nella formazione: un’esperienza di apprendimento che si adatta alla vita delle persone, e la trasforma in una palestra di formazione continua di competenze soft. Questo metodo rompe gli stereotipi che limitano le capacità delle cosiddette “minoranze” , arrivando a raddoppiare produttività, coinvolgimento e leadership di donne, giovani, ageing workforce, genitori, caregiver e returner” – ha concluso Riccarda Zezza, Founder di Lifeed.
Il round di investimento e il piano di sviluppo arrivano a 10 anni dall’uscita in libreria di Maam, maternity as a Master, il libro scritto da Riccarda Zezza che ha gettato le basi del modello di Lifeed, avviando l’avventura imprenditoriale e di innovazione del mercato del lavoro dell’autrice, che oggi si rinnova ulteriormente anche grazie al potenziale offerto dall’AI.
Riccarda Zezza, CEO Lifeed: “Con Lifeed Radar, usiamo l’Intelligenza Artificiale per accendere il pieno potenziale dell’intelligenza umana”
Mediamente nel luogo di lavoro è visibile solo il 30% del potenziale delle persone, grazie a Lifeed Radar le aziende possono usare l’altro 70%
Milano, 16 novembre 2023 – Lifeed, azienda di education technology che dal 2015 sta cambiando il mondo del lavoro creando soluzioni innovative per lo sviluppo e la sostenibilità del capitale umano, presenta Lifeed RadarTM, il primo strumento digitale di sviluppo che, applicando l’Intelligenza Artificiale a una ricchezza unica di Human Data, rivela e attiva il pieno potenziale delle persone in azienda, anche quello tradizionalmente inespresso.
Mediamente, infatti, nel luogo di lavoro viene utilizzato solo il 30% del potenziale delle persone. Grazie a Lifeed RadarTM le aziende possono usare l’altro 70%, quello che di solito viene usato al di fuori del lavoro.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel modo in cui le organizzazioni guardano e valorizzano le persone, frutto di dieci anni di investimenti nello studio della human intelligence e nella ricerca, avvenuta in collaborazione con l’Università Cà Foscari, l’Università Bocconi, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, l’Università di Torino, la Kellogg School of Management e National Innovation Centre Ageing.
Grazie a questi studi, Lifeed RadarTM è in grado di rendere visibile e dare valore a risorse che di solito vengono ignorate perché usate in ambiti esterni al luogo di lavoro: così facendo, anche le esperienze extra lavorative diventano utili e produttive.
Manager, formatori ed HR potranno guardare alle persone in modo nuovo grazie all’Intelligenza Artificiale, ricevendo innovativi “human data” con indicazioni su come migliorare il lavoro dei team, le relazioni tra le persone, capacità come l’innovazione, la leadership, l’agilità mentale e il problem solving, valorizzando al massimo tutto il potenziale delle persone.
Gli effetti di questo strumento si sono dimostrati particolarmente efficaci in tre aree: quella della Retention, perché persone viste meglio e di più sono più forti e motivate a restare in azienda; quella Diversity & Inclusion perché conoscere meglio le persone permette di eliminare i bias che ne indeboliscono il potenziale; e quella di Reskilling, arrivando a raddoppiare le competenze soft disponibili ai dipendenti.
Lifeed Radar si compone di un primo strumento pensato per le persone: il MultiMe® Finder, tool individuale di sviluppo che permette di scoprire, misurare e attivare tutte le risorse disponibili nei ruoli di vita privata e professionale; e il Lifeed Monitor, secondo strumento che fornisce in tempo reale a HR, manager e formatori gli Human Data accompagnati da utili indicatori e azioni strategiche per aumentare il potenziale disponibile nei team.
“Abbiamo investito per dieci anni in ricerca e sviluppo tecnologico per arrivare a oggi. Nessun altro strumento sul mercato è in grado di fare quello che fa Lifeed Radar: siamo entusiasti di proporre alle organizzazioni una soluzione che permette finalmente di accendere tutto il potenziale di ciascun individuo, consentendo un più sano e veloce processo di crescita, con un impatto anche sulla società. E con la possibilità di misurare i risultati in modo esatto e continuo nel tempo.” ha dichiarato Riccarda Zezza, fondatrice e CEO di Lifeed.
Il Gruppo BCC Iccrea ha potuto utilizzare in modalità pilota lo strumento Lifeed Radar, intraprendendo un percorso volto alla Diversity and Inclusion con un focus sull’empowerment femminile.
“Abbiamo avviato un percorso per supportare la crescita professionale del genere meno rappresentato, in una logica meritocratica e di pari opportunità, studiando un programma di Empowerment finalizzato a far emergere i talenti di ciascuna delle partecipanti per valorizzarli e potenziarne il profilo di leadership – Fabiola Massimi, Head of Group People Development & Performance, Gruppo BCC Iccrea – I dati emersi dal lancio dello strumento Radar sono stati sorprendenti: il 90% delle nostre donne si sente più sicura e consapevole ed è pronta a sperimentare le competenze che generalmente usa solo nei loro ruoli di vita personale anche in ambito professionale, raggiungendo +19% di potenziamento della leadership; complessivamente i risultati hanno mostrato +20% di efficacia rispetto alla media delle caring companies”.
La paternità allena leadership e gestione del cambiamento perché vivere attivamente la genitorialità migliora la flessibilità (76%), la leadership (73%) e le competenze relazionali (72%)
Milano, 16 marzo 2023 – Diventare genitori è un cambiamento che viene vissuto sia dai neo papà che dalle neo mamme con stati d’animo per lo più positivi: consapevolezza, motivazione, curiosità verso il futuro sono alcune delle emozioni più riportate dai partecipanti all’indagine dell’Osservatorio Vita – Lavoro di Lifeed.
Parlando di emozioni, i neo papà si sentono più motivati e pieni di energie rispetto alle neo mamme (88% vs 69%), oltre che più responsabili e maturi (84% vs 78%). Allo stesso tempo, però, i padri sembrano sentire meno la fatica della conciliazione tra vita privata e lavorativa, riportata solo da un neo papà su tre (33%) rispetto alle neo mamme, dove emerge nel 60% dei casi, confermando un scenario già noto in cui la genitorialità pesa di più sulle donne.
Un’opportunità mancata perché le competenze che si sviluppano con la pratica della paternità sono quelle di cui il mondo del lavoro ha sempre più bisogno.
Infatti, dall’indagine emerge che vivere attivamente il ruolo di padre permette di allenare soprattutto le competenze di gestione del cambiamento: come gestione dello stress e dell’imprevisto, e flessibilità riportata dal 76% dei padri. Migliorano anche le capacità di guida e leadership (73%) e con la paternità si delinea anche una più chiara visione del futuro. L’esercizio della paternità migliora inoltre le competenze relazionali, come l’empatia, l’ascolto e la collaborazione (72%).
Così Martina Borsato, Research & Innovation Senior Analyst di Lifeed, ha commentato l’indagine: “I dati del nostro Osservatorio ci riportano una fotografia dei padri aperti al viaggio della genitorialità. I padri di oggi sono consapevoli che un figlio porterà una nuova visione del mondo e una trasformazione di sé, che vuol dire maturità, forza e nuova capacità di mettere insieme la vita dentro e fuori dal lavoro. Insomma, un insieme di competenze che magari non avevano, o non sapevano di avere, che li arricchisce come persone ma anche professionisti. È il segnale di un vento nuovo che sta finalmente soffiando nella giusta direzione, starà alle aziende individuare queste nuove competenze e trasferirle in azienda.”
Con i percorsi di self-coaching di Lifeed i genitori diventano più capaci di usare queste energie e competenze anche nel loro lavoro e nelle relazioni con i colleghi. infatti l’81% dei padri ha poi riconosciuto di aver trasferito sul lavoro le competenze allenate grazie alla nascita di un figlio.
L’indagine è condotta su un campione di 1.125 partecipanti ai percorsi formativi dell’EdTech company che, attraverso la piattaforma di self-coaching digitale life-based, trasforma le esperienze di vita in efficaci palestre per la formazione delle competenze soft.
In occasione della Festa della Donna, LIFEED rende noti i primi dati dell’Osservatorio Vita – Lavoro: le donne si scoprono più forti grazie ai momenti di transizione
Milano, 7 marzo 2023 – Grazie all’autoconsapevolezza e percorsi di self-coaching, le donne sono in grado di vivere con più emozioni positive transizioni di vita, come cambiare lavoro, rispetto agli uomini. Il 50% si è dichiarata motivata e/o piena di energie, il 53% curiosa del futuro e il 52% consapevole rispetto a questo cambiamento. Uno stato d’animo, quello della consapevolezza, trasversale a ogni transizione.
Scoprirsi più forti nel corso di una transizione di vita come cambiare lavoro, diventare genitore o affrontare un evento straordinario come una pandemia è l’evidenza principale emersa dalla survey annuale su 1.000 partecipanti ai percorsi formativi di Lifeed, l’EdTech company che, attraverso la piattaforma di self-coaching digitale life-based, trasforma le esperienze di vita in efficaci palestre per la formazione delle competenze soft.
Secondo i dati emersi dall’Osservatorio Vita – Lavoro di Lifeed, infatti, si sente più forte nelle transizioni l’84% le donne contro il 70% degli uomini (+14%). Tra tutti, sono le madri ad essersi scoperte più forti grazie alle transizioni, con una percentuale dell’86%. Ma non solo, il 75% delle madri lavoratrici, potendo lavorare sulla propria autoconsapevolezza grazie all’esperienza trasformativa della maternità, ha migliorato le proprie competenze organizzative con un impatto positivo sulla gestione di vita privata e professionale, contrariamente a quello che potrebbe essere il pensiero comune.
“Le donne, quando si trovano ad affrontare delle transizioni, attivano risorse diverse dagli uomini e i dati ce lo dicono in modo chiaro. Sviluppare maggiore consapevolezza rispetto alle competenze che le esperienze della vita ci permettono di allenare è il primo passo per vivere in modo non conflittuale la coesistenza in ognuno di noi di più ruoli – afferma Riccarda Zezza, amministratore delegato di Lifeed e una delle 144 donne a capo di Startup EdTech a livello mondiale secondo HolonIQ. “Questo tipo di approccio è controculturale, va contro il conflitto vita – lavoro spesso citato in occasioni come quella dell’8 marzo. Cambiare rappresentazione e immaginare le donne – ma non solo loro- arricchite dalla coesistenza di vari ruoli è il primo passo per la creazione di una società più inclusiva.”
Indagine di Job Pricing e LHH Recruitment Solutions
Ruoli di cura percepiti dalle aziende come un ostacolo alla carriera, ma sono il motore di sviluppo delle competenze più utili in ambito professionale
10 febbraio 2023
“È l’11 febbraio il D-Day delle donne. Solo da questa data infatti le donne cominciano a guadagnare, sebbene lavorino dal primo giorno dell’anno. Un dato che mostra quanta strada deve ancora fare l’Italia.
Il gap salariale rispetto agli uomini si è ampliato nell’ultimo anno dello 0.9% e questa è una pessima notizia, non solo per le donne. Le donne sono in media più istruite a tutti i livelli (59,4% di laureate sul totale), hanno performance scolastiche superiori (il 43% delle ragazze ottiene un voto d’esame superiore o uguale a 8, rispetto al 31,7% dei ragazzi) e abbandonano meno gli studi (10,5% delle ragazze contro il 14,8% dei ragazzi). Ma in azienda guadagnano meno. (Fonte Osservatorio JobPricing e LHH Recruitment Solution). Questo trend è figlio sì di politiche salariali non aderenti al tempo, ma è anche frutto di percorsi individuali accidentati. Le donne sono quelle che hanno contratti di lavoro più instabili e fragili, quelle che scontano la maternità e quelle sulle cui spalle pesa la maggior parte del carico familiare in termini di cura. Paradossalmente questi elementi rendono invece le donne più forti e con competenze più utili nelle aziende: superare transizioni come il cambio di un lavoro rende più consapevoli (81% delle donne che ha fatto un percorso Lifeed si sente più consapevole grazie alle transizioni di vita), affrontare la maternità migliora la capacità di organizzazione (77%), le competenze legate alla leadership (80%), la gestione dello stress e il problem solving (83%). Infine occuparsi di un parente malato o in generale avere ruoli di cura rende più consapevoli, affidabili, empatici (85%) e più motivati sul lavoro (77%) impiegando al meglio le risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi. Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Vita Lavoro di Lifeed valorizzare la genitorialità consente di far emergere talenti che, per il 70% sono espressi solo nei ruoli personali.
Le persone che possono esprimere sul lavoro tutte le loro capacità si sentono più viste e più vicine ai valori della propria azienda, con un impatto positivo sulla retention e sulla reputazione, punti di forza per attrarre le nuove generazioni e i talenti, soprattutto femminili.
Ma le aziende lo stanno scoprendo, anche se molto lentamente. I cambi di prospettiva sono processi lunghi, per molto tempo sotterranei”.
Cosi Riccarda Zezza, Ceo e fondatrice di Lifeed e autrice del libro “Maternity as a Master”, ha commentato i dati resi noti dall’indagine sul Gender pay Gap realizzata da JobPricing e LHH Recruitment Solution.
“Disincentivare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro è un danno non solo per loro, ma anche per il Paese. È una situazione che impoverisce tutti ed è per questo che sono indispensabili misure che agiscano a 360 gradi, fare spazio a un principio di cura maggiormente condivisa tra entrambi i genitori, valorizzare il capitale umano delle donne anche in quanto mamme o caregiver e non “nonostante” questi ruoli. Solo un radicale e prolungato cambio di prospettiva potrà eliminare il gender pay gap” – ha concluso Zezza.
14 nuove imprese italiane diventano Caring Company, puntano sulla valorizzazione delle persone e sulla sostenibilità
Milano, 28 novembre 2022
Si amplia il numero di aziende caring in Italia. Lifeed, società di education technology che consente alle persone di trasferire tutti i propri talenti tra i propri diversi ruoli attraverso il self-coaching online, rinnova l’iniziativa CARING COMPANY anche per il 2023 e riconosce 14 nuove imprese con il titolo di aziende Caring Company: BCC Roma, Biogen, Biomerieux, Gruppo Casillo, CDP, Happy Child, Heineken, Iccrea Banca, Leonardo, LiuJo, Nespresso, Sperlari, Takeda, Valore D.
Celebrando l’ingresso di nuovi membri nella community Caring Company, l’Osservatorio Vita -Lavoro di Lifeed lancerà un’indagine sulle sfide delle funzioni HR con l’obiettivo di fotografare il mondo del lavoro attraverso la lente dei membri della community e coinvolgendo gli esperti HR di aziende e istituzioni, private e pubbliche che abbiano il desiderio di contribuire con la propria esperienza all’innovazione e al progresso culturale.
Il riconoscimento Caring Company è destinato alle aziende che investono in leadership generativa e nelle proprie persone, condividendo i seguenti valori:
● La vita è maestra – sanno riconoscere la sinergia tra vita e lavoro valorizzando le esperienze di vita delle persone;
● Prendersi cura è una forma di Leadership – credono in una leadership incentrata sulla cura che rafforza e rende le persone capaci di esprimere tutto il loro potenziale;
● La diversità è un motore di innovazione – guardano alle persone con curiosità e coraggio, facendole fiorire nella loro interezza e nella loro diversità.
Le aziende hanno sfide importanti da affrontare in un contesto lavorativo che vede le persone allontanarsi dai valori aziendali. Secondo il Report 2022 State of the Global Workplace di Gallup, solo il 4% degli italiani si sente coinvolto nel proprio lavoro. Un dato sconfortante che posiziona l’Italia all’ultimo posto in Europa insieme alle imprese italiane che nel contesto macroeconomico attuale, invece, hanno bisogno di crescere e di essere competitive all’insegna della sostenibilità. I dati dell’Osservatorio Vita – Lavoro di Lifeed, raccolti negli anni attraverso le riflessioni di 40 mila lavoratori in più di 100 aziende italiane e globali, invece, dimostrano che quando le imprese investono nello sviluppo delle persone grazie ai percorsi di self-coaching, aumentano l’engagement e le risorse disponibili: in particolare, l’82% dei lavoratori aumenta l’autoconsapevolezza, il 73% migliora la capacità di collaborazione e il 71% gestisce meglio lo stress sviluppando il proprio benessere.
Lifeed promuove attivamente la crescita della community CARING COMPANY con l’obiettivo di creare uno spazio di condivisione e di confronto tra organizzazioni che vogliono contribuire alla crescita della società e a un cambiamento culturale necessario al Paese, organizzazioni pronte per il futuro e capaci di mettere le persone al centro.
“L’attenzione verso le persone ripaga le aziende: la vita può diventare motore di risorse e innovazione, ma occorre avere il coraggio di cambiare alcune prospettive obsolete. Le Caring Company che lo fanno, e hanno voglia di fare sistema intorno a una nuova definizione di capitale umano, ne raccoglieranno i frutti” – ha dichiarato Riccarda Zezza, Ceo di Lifeed.
L’Osservatorio Vita – Lavoro di Lifeed accompagna l’iniziativa Caring Company ed è un punto di vista privilegiato sul rapporto tra aziende e persone rilevando le emozioni, le aspettative, i bisogni e i talenti di chi è coinvolto nei percorsi Lifeed.