Le imprenditrici sociali pensano in modo diverso e adottano pratiche e modalità uniche per guidare il cambiamento e innovare. Vedono soluzioni innovative ai problemi e non si arrendono fino a quando non realizzano un reale impatto nella società. Imparando da loro, è possibile identificare alcune best practice che possono essere applicate ad altri settori economici, sociali, culturali, sia dagli uomini sia dalle donne, per generare equità e benessere.
Il report Celebrating ChangemakHERS, How Women Social Entrepreneurs Lead and Innovate realizzato da Ashoka, l’ONG più influente al mondo che riunisce la più ampia rete di imprenditori e innovatori sociali, con il supporto di Citi Foundation, e diffuso proprio in occasione delle celebrazioni della Giornata Internazionale della Donna 2019, offre un’analisi delle barriere e delle opportunità legate alla leadership femminile nel settore dell’innovazione sociale, e dipinge una roadmap utile per creare ambienti inclusivi dove donne e ragazze possano realizzare con successo il cambiamento, risolvendo problemi sociali a beneficio dell’intera collettività. 40 le imprenditrici sociali citate, tra gli oltre 3.500 della rete globale di Ashoka, tra cui Riccarda Zezza, CEO di Life Based Value e co-author MAAM.
Indagando le modalità con cui queste imprenditrici sociali guidano il cambiamento, con creatività e perseveranza, emergono 4 modalità peculiari ed efficaci.
Le imprenditrici sociali:
In particolare, è proprio dal pensiero e dalle ricerche scientifiche di Riccarda Zezza che emerge la consapevolezza che le esperienze di vita e di caring quali la maternità possono rivelarsi degli asset preziosi.
È ormai nota l’importanza delle soft skill per poter operare e competere con successo nel mondo del lavoro. In quali contesti queste competenze vengono utilizzate maggiormente ogni giorno se non in quelli familiari? Tuttavia, il ruolo ricoperto dai caregiver (che per il 66% è affidato ancora alle donne), resta spesso sottovalutato e ampiamente informale.
La teoria, nata nel 2012 in Italia grazie all’intuito di Riccarda, che la maternità (e la paternità) sia un master in soft skill, è diffusa ormai a livello globale ed è riconosciuta come elemento chiave di una nuova leadership, in grado di generare crescita e benessere sociale, cambiando i vecchi paradigmi dell’economia e del mondo del lavoro. “Il punto è che quanto più chiediamo alle donne di seguire i modelli di leadership prevalenti, tanto più sarà difficile per le donne crescere e fiorire. Dobbiamo creare nuovi modelli di leadership. Ne abbiamo bisogno per realizzare il potenziale femminile. E ne abbiamo bisogno perché la società e l’economia hanno bisogno di diversi modelli di leadership” spiega.
Quanto più le società sanno riconoscere e celebrare i potenti esempi di queste donne, tanto più altre donne e ragazze saranno ispirate e sollecitate a fare lo stesso. Con il risultato di creare ecosistemi capaci di reagire velocemente ed efficacemente alle più urgenti sfide sociali e ambientali.
Non si tratta di aiutare le donne, ma di aiutare il mondo attraverso le donne. Si tratta anche di mostrare alle donne che c’è bisogno di loro, proprio così come sono.
Riccarda Zezza
Poste Italiane è un’azienda che ricopre un ruolo strategico per lo sviluppo del nostro Paese e per il raggiungimento di obiettivi generali di sostenibilità: le attività svolte, la presenza sul territorio e l’infrastruttura tecnologica a disposizione sono caratteristiche uniche che la rendono protagonista in questo contesto.
Con una storia di oltre 150 anni, Poste Italiane è oggi in grado di coniugare il mondo tradizionale della corrispondenza con le nuove frontiere della digitalizzazione dei prodotti; per questo costituisce parte integrante del tessuto sociale e produttivo del Paese, senza equivalente in Italia per dimensioni, riconoscibilità e capillarità.
In questo contesto, assume importante rilevanza la capacità di qualificare in modo evolutivo l’identità aziendale anche attraverso la valorizzazione delle persone e la crescita del proprio capitale umano e intellettuale. Per rendere coerenti le azioni interne con il profilo d’immagine viene effettuato un “planning & fit” continuo tra competenze possedute e richieste dal business.
Per aumentare il senso di appartenenza e l’ingaggio delle persone è necessaria una accurata analisi del contesto di riferimento che dirige la capacità di adottare politiche di sviluppo, formazione welfare e gestione del personale di tipo inclusivo in grado di valorizzare e segmentare le azioni in base alle diverse età, alle caratteristiche e al diverso apporto delle persone.
Ne consegue il rafforzamento manageriale e lo sviluppo di politiche integrate con focus prioritario su inclusione, conciliazione, diversità, sostenibilità integrazione. In tutto questo si inserisce MAAM.
“Con MAAM abbiamo rovesciato un paradigma: cioè la maternità e la paternità non sono solo un’esperienza intima e privata ma possono generare valore anche in azienda” – spiega Maria Gaglio che se ne è occupata all’interno della funzione Risorse Umane di Poste Italiane.
“Obiettivo del progetto è infatti favorire il benessere delle donne, accompagnandole nel periodo della maternità con un percorso di crescita personale che le rendesse ancora più consapevoli delle proprie capacità e potenzialità sia nella loro vita privata che nel lavoro. I feedback che abbiamo raccolto finora sono molto positivi tanto che quest’anno il percorso MAAM è stato aperto anche ai padri e ha già portato a oltre 50 adesioni.”
Ogni esperienza nuova o vissuta che sia, rappresenta un nuovo viaggio con innumerevoli e anche inaspettati imprevisti e probabilità. Perché non considerare il viaggio di una neo-mamma un modo di articolare e gestire meglio le complessità?
Ecco cosa ci ha scritto una mamma di Poste Italiane che sta partecipando a MAAM, insieme a oltre 600 colleghe e colleghi.
I sociologi affermano che anche le persone più introverse, nella loro vita, influenzano oltre diecimila altre persone. Quanti individui abbiamo consapevolmente e inconsapevolmente influenzato nelle nostre vite finora? In che modo possiamo sfruttare al meglio questo potere? Tutti i giorni sentiamo parlare di leadership, eppure continuiamo a chiederci chi siano i veri leader.
La collaborazione editoriale tra Riccarda Zezza, CEO di Life Based Value, e la blogger e business strategist Manuela Andaloro, mira a creare un ritratto dei nuovi impact maker e leader che favoriscono il cambiamento e l’innovazione nel mondo. Nuovi modelli positivi che basano il loro successo su soft skill strategiche quali empatia, creatività, comunicazione, scatenano energia e forza, mentre incidono in maniera positiva sugli altri e sulla società.
Dopo la prima intervista a Chiara Condi, trentenne italo-americana che a Parigi ha fondato Led By HER, Riccarda e Manuela hanno incontrato Mariarosaria Taddeo, Ricercatrice presso l’Internet Institute dell’Università di Oxford e Deputy Director del Digital Ethics Lab, impegnata con la sua attività professionale a promuovere i valori e le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale in svariati ambiti.
Tempo fa lessi la lezione sulla leggerezza di Italo Calvino. Ho copiato un passaggio che tengo incorniciato nel mio ufficio: ‘L’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite.’
Avrò letto questo libro per la prima volta 15 anni fa. A volte penso di aver raggiunto quella leggerezza, ma poi ben presto mi rendo conto che non ci sono ancora arrivata. La leggerezza richiede un allenamento costante. Si raggiunge con una giusta comprensione del mondo e della natura umana. Per questo mi impegno continuamente per ottenerla e per comprendere meglio l’ordine del mondo.
Io sono un’accademica. E come tale, mi appassiona comprendere la realtà e risolvere i problemi (concettuali). Mi piace il pensiero analitico, la precisione di linguaggio; un certo ordine nel modo di fare le cose. Sono anche una donna, il che per me è sinonimo di coraggio, intelligenza, determinazione, integrità, ironia, eleganza. Oggi, quindi, mi impegno a diventare un’accademica migliore, una donna migliore, una persona migliore; certi giorni mi sembra di riuscirci, altri invece meno.
Mi fa sorridere. Per me non esiste una distinzione netta tra la vita professionale e quella privata. L’idea di equilibrio rimanda a un sacrificio, come se una, la vita privata, facesse sempre le spese dell’altra, quella professionale. Lo trovo inammissibile. Io sostengo che la vita professionale debba essere parte dei nostri progetti per vivere la nostra vita privata nel migliore dei modi, e non un qualcosa che ci costringe a scegliere.
Io faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare sin da piccola. Lo adoro: arricchisce la mia vita, mi permette di esprimere gli aspetti chiave della mia personalità, tiene in vita la mia curiosità e mi dà la possibilità di crescere come persona. Allo stesso tempo, mi sento fortunata ad avere una famiglia e degli amici meravigliosi con cui condividere passioni, idee, dubbi, e questo mi è di grande aiuto sul lavoro.
Ma comprendo che non è per tutti così. È necessario disporre delle giuste infrastrutture, di sostegno, mezzi e leader per impedire che il lavoro diventi alienazione; che le ore trascorse sul luogo di lavoro non siano tempo sottratto alla nostra vita privata. È una questione complessa, che merita una riflessione urgente.
L’idea di equilibrio rimanda a un sacrificio, come se una, la vita privata, facesse sempre le spese dell’altra, quella professionale. Lo trovo inammissibile. Io sostengo che la vita professionale debba essere parte dei nostri progetti per vivere la nostra vita privata nel migliore dei modi, e non un qualcosa che ci costringe a scegliere.
Mariarosaria Taddeo
La vita professionale e la vita privata si alimentano a vicenda. Insieme mi portano a vivere avventure sempre nuove. Certi giorni mi sento come divisa tra Scilla e Cariddi; la prima ha bisogno di un’abilità estrema per attraversare un mare in burrasca, con un chiaro senso del pericolo. Altri giorni invece mi sembra di aver appena incrociato Scilla e Cariddi; mi guardo indietro e cerco di vedere cosa è andato liscio e cosa è andato storto, ma con un senso di conquista. Altri giorni, ancora, è come se fossi all’imbocco dello stretto di Messina e mi preparassi alla sfida. La lezione che ho imparato da queste ‘avventure’ è proprio questa: ci sono giorni che il rischio o è all’orizzonte, o è alle tue spalle, o è di fronte a te, ed è importante tenere sempre a mente tutto questo e non perdere la giusta prospettiva.
Io lavoro nel mondo accademico, quindi non conosco in maniera diretta le logiche di management aziendale. Voglio, quindi, rispondere alla seconda domanda, “come non diventare un cattivo manager”, che mi sembra più generica.
Per mia esperienza, è importante trovare un equilibrio tra fattori interni ed esterni. A livello interno, essere un buon manager sta tutto nel saper creare il giusto team. Significa trovare e mantenere la corretta dose di talento e risorse per poi creare un attento equilibrio tra le inevitabili dinamiche sociali e politiche che emergeranno all’interno del team. Vuol dire anche assicurarsi che il successo del team coincida con il successo di ognuno dei suoi componenti. È altrettanto fondamentale trovare il giusto equilibrio tra il guidare e l’attribuire poteri ai membri del team. Al di fuori, invece, un buon manager è tenuto ad avere una visione d’insieme, a prevedere i rischi e le opportunità nascenti e preparare il team a contenere i primi e a sfruttare le ultime. Un compito tutt’altro che facile.
Gli errori sono due. Il primo, fortunatamente, è il meno comune, e cioè rinunciare alle proprie ambizioni o ai propri obiettivi che sembrano entrare in contrasto con le norme culturali (per esempio, le donne sono più restie a occupare posizioni lavorative a predominanza maschile) o con le aspirazioni personali (crearsi una famiglia, per esempio). Sacrificare le proprie ambizioni ancora prima di provarci è deleterio per se stesse e per tutte le altre donne. È come una censura auto-imposta, con il monito che questo può ferire anche gli altri. Vale sempre la pena provarci, mettercela tutta, e magari fallire, alla fine.
Il secondo errore è far girare tutto intorno all’essere donne e lasciare che questo diventi un fattore importante nelle scelte professionali, più importante di fattori quali competenze, vissuto, esperienze, più importante persino di progetti e ambizioni. Non fraintendermi, proteggere e promuovere la diversità nell’ambiente di lavoro è indispensabile. Garantire la parità è fondamentale. Credo che ognuno di noi, che sia uomo o donna, sia tenuto a garantire che vengano rispettate la diversità e la parità. Ma un altro discorso è dimostrare le proprie capacità e il proprio valore sul posto di lavoro che non dovrebbe avere nulla a che vedere con il genere. Noi, come donne, abbiamo bisogno di un terreno di gioco giusto, e non diverso per dimostrare che possiamo essere un valore aggiunto sul nostro posto di lavoro. Confondere il giusto con il diverso è pericoloso e può solo portare a una maggiore discriminazione.
Sacrificare le proprie ambizioni ancora prima di provarci è deleterio per se stesse e per tutte le altre donne. È come una censura auto-imposta, con il monito che questo può ferire anche gli altri. Vale sempre la pena provarci, mettercela tutta, e magari fallire, alla fine.
Mariarosaria Taddeo
Sì, in un certo senso. Sembra che i valori di questa generazione siano più in linea con la sostenibilità sociale e ambientale. Allo stesso tempo, anche i leader devono affrontare fattori esterni (economici, politici, tecnologici), quindi questi valori daranno forma ai leader di domani alla stessa stregua in cui daranno forma alle società di domani.
I millennial sono la più grande generazione della storia. Hanno principi saldi e stanno crescendo preparandosi a occupare una posizione di rilievo. Le organizzazioni di vecchio stampo dovranno adattarsi ai nuovi modelli manageriali se vogliono conservare risorse e talento nella concorrenza con organizzazioni più moderne. Il management old-style dovrà affrontare la pressione dei loro concorrenti e, si spera, anche di leggi e normative che promuoveranno sempre di più valori quali la diversità, la parità e la sostenibilità ambientale.
Ce ne sono tre, forse. Una è una ricerca pubblicata su Nature, Controllare l’intelligenza artificiale per prevenire la cyber-corsa agli armamenti con Luciano Floridi, in cui descriviamo la prossima ondata di cyber-conflitti e i rischi che questi potrebbero comportare per la stabilità internazionale.
La seconda è legata alla prima ed è una teoria che mira a ostacolare gli attacchi nel cyberspazio. Questa teoria è stata pubblicata su Strategic Analysis Hybrid CoE – The European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats e probabilmente riempie un’importante lacuna nella nostra comprensione dei conflitti virtuali e dei modi in cui impedirne l’aumento.
La terza, infine, è una questione più vasta e non è una mia scoperta, ma è altrettanto importante. Si tratta della ricerca e dei risultati del Digital Ethics Lab. Il gruppo ha riscosso molto successo, un successo che mi rende estremamente fiera e che costituisce per me una continua fonte di ispirazione e motivazione.
Dipende dai momenti: con un viaggio in Puglia, una cena tra amici, una conference call con le mie sorelle, un buon libro, una passeggiata a cavallo, una serata in discoteca a volte, queste sono le strategie in cima alla mia lista.
La passione per capire le cose, per ricercare la verità, per risolvere i problemi, ma anche per migliorare dal punto di vista professionale e per crescere come persona. Come accademica, l’ambizione è quella di far progredire anche solo di poco la nostra comprensione delle dinamiche dell’impatto che il digitale ha sulle nostre vite e sull’ambiente, orientando questo impatto per promuovere il benessere dell’umanità e il rispetto per l’ambiente.
Quando penso alla parola ‘impatto’, penso al concetto di dare una forma: offrire un approccio, un modello, un modo di pensare o di fare le cose che gli altri trovano brillante e che così iniziano ad adottare. Come accademica, il mio impatto è forse in buona parte legato al modo in cui pensiamo ai cyber-conflitti e a come dovremmo controllarli. Grazie al contributo della mia ricerca, il modo di affrontare questo fenomeno è passato da un approccio più vecchio, basato su analogie con i conflitti convenzionali, a un approccio del tutto nuovo e originale, basato su una comprensione più profonda della natura di questi conflitti.
Forse ho anche un impatto come lecturer e mentor: forgio il lavoro di alcuni miei studenti o persino il loro approccio nei confronti di aspetti del loro lavoro futuro.
Quello che posso fare è condividere la stessa lezione che è stata impartita a me quando ho iniziato a lavorare in questo settore: “mettici il cuore”. Quando prendi una decisione, corri dei rischi, ma metticela tutta. Devo anche aggiungere che bisogna tenere presente che quando facciamo una scelta quasi sempre questa porta senza volerlo ad altre scelte, che a loro volta influenzano altri aspetti della nostra vita e della vita degli altri. Ecco perché fare la scelta giusta non è mai facile; così è la vita.
Premiata Riccarda Zezza come Most Influential Innovative Women di Fortune e Food&Wine nel corso dell’evento che si è tenuto ieri, 12 dicembre, presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma.
Most Influent Innovative Women si ispira alla classifica internazionale realizzata ormai da 25 anni da Fortune USA – Most Powerful Women con l’obiettivo di esaltare il ruolo delle donne nel mondo dell’impresa, donne influenti che con la loro attività professionale contribuiscono a innovare il sistema economico italiano.
Il ruolo delle donne è stato valutato secondo quattro i criteri: la dimensione e l’importanza degli affari; il valore anche etico e sociale dell’attività; l’evoluzione della carriera; l’influenza sociale e culturale.
“Credo che parlare di ispirazione e innovazione invece che di potere avvicini questo premio alla natura femminile del potere stesso: abituate a guidare con l’esempio e ad avere uno sguardo diverso sulle cose, le donne possono infatti ridefinire il concetto di potere contaminandolo con la responsabilità e la diversità”, dichiara Riccarda.
Più di 4.500 persone e oltre 40 aziende sul mercato italiano hanno adottato il master per neo-genitori basato sul metodo MAAM e la scaleup italiana Life Based Value ha appena intrapreso un importante processo di internazionalizzazione.
“Proponendo un nuovo modello di leadership che si ispira alla generatività dei genitori, MAAM propone alle aziende e alle persone di guardare in modo diverso a quel che c’è già, scoprendovi risorse inaspettate ed essenziali per la produttività e l’innovazione”.
Il board autorevole e indipendente che ha selezionato i premiati è stato presieduto da Monica Parrella e composto da Dea Callipo, Silvia Candiani, Tiziana Catarci, Lorena Dellagiovanna, Isabella Fumagalli, Vanessa Giovanetti, Francesca Moretti, Alessandra Perrazzelli e Barbara Saba.
Specializzata nell’amministrazione del personale, nella consulenza del lavoro e nello sviluppo del capitale umano, Zeta Service vanta una storia fatta di una forte considerazione per il cliente, una spiccata attenzione per il sociale e una grande sensibilità valoriale. Il riconoscimento dell’Ambrogino d’Oro, la presenza da nove anni consecutivi nella classifica Best Workplaces, la Mela D’Oro ricevuta dalla Fondazione Marisa Bellisario, fra gli altri premi ricevuti, testimoniano il grande impegno con cui Zeta Service si rivolge da sempre ai collaboratori, ai clienti e al territorio in cui opera.
Un approccio che punta sulla felicità delle persone, un valore in cui credere fortemente e da cui lasciarsi ispirare. Prendersi cura degli altri, rivolgendo loro attenzioni, è la chiave per arrivare al benessere in azienda.
“Quando ho creato Zeta Service, uno dei miei obiettivi era di avere un ambiente sereno dove le persone potessero stare bene e quindi lavorare bene” afferma Silvia Bolzoni, fondatrice e Presidente di Zeta Service.
Gestire un ambiente lavorativo idoneo alla crescita delle persone richiede una formazione continua e tanta passione. Ma come misurare questo processo lungo e costante? Attraverso gli umori, i sorrisi e gli atteggiamenti quotidiani. Elementi intangibili ma di grande rilevanza.
In Zeta Service, l’80% dello staff è donna. Questo ha portato l’azienda a orientarsi verso una serie di benefit e servizi che potessero regalare un’attenzione particolare ad alcuni aspetti di tutti i giorni relativi al mondo femminile. Tra i vari progetti di welfare, quindi, non poteva mancare il master per i neo-genitori basato sul metodo MAAM, perfettamente in linea con la filosofia aziendale.
L’ascolto e l’empatia sono due abilità fondamentali nel mondo del servizio. Il rapporto con il cliente va protetto, curato e accudito perché rimanga stabile e duraturo. Sapersi immedesimare nell’altro, ascoltandolo profondamente e cogliendo tutti i segnali, anche quelli deboli e impercettibili, fa la differenza e determina il successo dell’azienda. Inoltre, saper gestire il tempo in maniera proficua per rispettare le scadenze insieme a uno spiccato senso di problem solving, costituiscono un requisito fondamentale nel rapporto con il cliente. Evitare lo stress per favorire armonia e serenità lavorativa evidenziano come in Zeta Service il benessere della persona sia centrale: prendersi cura dei collaboratori che a loro volta si prenderanno cura dei clienti.
Un grande traguardo testimoniato dalle dichiarazioni di alcuni dipendenti che hanno partecipato al master:
“La maternità ha potenziato il mio ‘radar emotivo’ permettendomi di captare i segnali più deboli, sintonizzarmi sulle emozioni del mio interlocutore e uscire dai miei schemi mentali” – dichiara un papà. E ancora: “L’ascolto di un figlio in modo attivo è un ottimo allenamento anche per l’ascolto nel mondo del lavoro”.
Zeta Service promuove con orgoglio ed entusiasmo i master di Life Based Value dal 2018, consapevole del prezioso arricchimento che questo percorso porta in azienda. La popolazione femminile con un’età media piuttosto bassa costituisce un’incredibile opportunità per avere delle persone nel team più forti, motivate e, naturalmente, felici.
È provato scientificamente che esiste “un’analogia tra le caratteristiche del genitore e quelle del cosiddetto leader trasformazionale, ovvero colui che, attraverso un approccio empatico, è in grado di ispirare, motivare, portare al raggiungimento dei risultati e a un buon livello di autonomia e realizzazione delle persone in azienda”.
Il paper di Percorsi di Secondo Welfare, laboratorio di ricerca nato nel 2011 da una partnership tra l’Università degli Studi di Milano e il Centro Einaudi di Torino, valorizza questo assunto offrendo, in particolare, una panoramica sensibile e attenta alle criticità di conciliazione tra vita e lavoro in Italia, anche, e soprattutto, dalla prospettiva dei padri.
Si mette in luce una condizione solitamente in ombra, ma di grande valore. Numerosi, infatti, sono i benefici di un padre presente nella crescita dei figli: le performance scolastiche dei bambini migliorano, i conflitti nella coppia diminuiscono per un bilanciamento dei vari incarichi domestici, le attività di cura sviluppano competenze soft davvero preziose per le aziende.
L’analisi del paper, inoltre, approfondisce il tema della paternità fornendo un affondo quali-quantitativo più dettagliato su macro-aree che esplorano i cambiamenti che portano la paternità, la conciliazione fra paternità e gli altri ruoli ricoperti dai padri, il ruolo dei padri nella società e in azienda, la correlazione fra paternità e leadership.
Ne emerge un quadro di invisibilità, poco riconosciuto e scarsamente tutelato a cui invece si vuole dare colore per integrarlo in una situazione di sinergia vita-lavoro armonica e creativa.
Scarica il paper di Secondo Welfare
“Come posso avere più donne nel management team? Sono trentacinque, tutti uomini”.
Come ho risposto alla domanda di questo imprenditore giapponese durante il mio tour nel paese del Sol Levante per parlare di MAAM. Una trasferta che mi ha visto ospite di prestigiose università e grandi aziende semplicemente entusiaste della portata rivoluzionaria del nostro programma. Nonostante la distanza culturale che ci separa, ho scoperto, invece, che le donne giapponesi sono molto simili a noi, delle alleate naturali verso un cambiamento sempre più necessario. Una natalità ai minimi storici, una percentuale molto bassa di rientri femminili al lavoro e una cultura antica e tradizionalista. Viene definita dal governo giapponese un’emergenza nazionale, ma potrebbe essere un buon momento per cambiare finalmente le regole del gioco e cambiare prospettive sul lavoro.
Ho aperto una finestra su un mondo nuovo, ma che parla lo stesso nostro linguaggio delle emozioni perché la vita è il vero denominatore comune di tutti noi.
Nella stanza ci sono quindici donne (e un uomo): tutte dirigenti di grandi aziende. Il tema del workshop sono gli stereotipi, e io dico: “Alzi la mano chi di voi ha potere”. Si guardano, sorridono imbarazzate, neanche una mano si alza. E’ la prima volta che accade, in anni in cui pongo questa domanda ad aule sempre diverse. Sono in Giappone, e per la prima volta capisco che, nonostante le similarità numeriche in termini di occupazione e presenza – o dovrei dire “assenza” – nelle posizioni decisionali di economia e politica, le donne giapponesi stanno anche peggio delle Italiane.
E allora provo a vedere se funziona anche qui, a Tokyo, il meccanismo di “empowerment” che ho sperimentato tante volte con altre donne in Italia e in Europa, e dico: “Alzi la mano chi di voi ha responsabilità”. La alzano tutte, e di nuovo sorridono. Questa volta però è un sorriso liberatorio: hanno già capito. Non serve che lo dica, ma lo dico lo stesso: “Non potete avere aree di responsabilità se in quelle stesse aree non avete potere”.
Eppure è tipico delle donne: non collegare potere e responsabilità, e pensare di avere la seconda ma non il primo. Mentre è abbastanza tipico del modello di potere prevalente l’esatto contrario: molte persone di potere non collegano ad esso la responsabilità.
Infine domando di nuovo di alzare la mano se pensano di avere potere, e questa volta la alzano tutte. Quindi funziona anche in Giappone, potrei quasi dire che è un principio universale: le donne accettano più facilmente un’idea di potere se è collegata chiaramente al concetto di responsabilità. Delle donne giapponesi sto scoprendo molto in questo viaggio, iniziato appena tre giorni fa, ma che mi sta facendo incontrare aziende, studenti, media. Intanto ora so che sono molto simili a noi: delle alleate naturali verso un cambiamento sempre più necessario. In Giappone il 60% delle donne non torna a lavorare dopo la maternità e la natalità è ai minimi storici. E’ considerata un’emergenza nazionale: la definizione è roboante, le misure messe in campo dal Governo quasi invisibili. Le aziende, come spesso accade, reagiscono più velocemente: i meccanismi del mercato non perdonano chi resta indietro, ed è ormai abbastanza chiaro che non avere donne nel mix decisionale equivale a perdere competitività. Anche solo perché parliamo dell’unico caso di minoranza maggioritaria esistente al mondo.
Ho capito anche che le Giapponesi sono forse più arrabbiate di noi. Perché in definitiva rinchiuse in una cultura ancora più antica, ancora più chiaramente tradizionalista e superata, che rende difficile anche godersi la maternità, oltre a lavorare. Alle mie quindici “alunne” alla fine del workshop brillavano gli occhi. Forse è più facile accettare che le formule per attivare il cambiamento arrivino da molto lontano, o forse è proprio necessario che sia così.
Poco dopo il workshop parlavo infatti con un imprenditore giapponese di seconda generazione, venuto apposta per incontrarmi e chiedermi
“Come posso avere più donne nel management team? Sono trentacinque, tutti uomini”.
A lui ho risposto come non ho mai il coraggio di fare “in casa”: “se veramente vuoi che il tavolo sia occupato anche da donne, devi cambiare le abitudini di tutti. Le tue per primo. Se non vuoi donne che siano uguali agli uomini, dovrai prepararti a richieste diverse, incentivi diversi per spingerle a lavorare con te. Una bella automobile, per esempio, potrebbe non funzionare. Le donne preferiscono avere il benefit del tempo, della flessibilità. Le donne sono diverse (anche i giovani lo sono!) e daranno una scossa a tutto: sei sicuro che sia quello che vuoi?”
Ascoltava con attenzione: suo padre è il capo dell’azienda, si ritirerà tra due-tre anni. Lui vuole cambiare molto, e le donne possono essere le sue migliori alleate. La distanza tra l’Italia e il Giappone (otto ore di fuso orario, dodici di aereo) ha forse consentito a lui di fare domande più audaci e a me di dare risposte più coraggiose di quanto ognuno di noi avrebbe accettato dai propri connazionali. E’ così anche con le donne che incontro: meno diffidenza di quanta spesso ne abbiamo tra noi Italiane, più immediata la voglia di alleanze. Forse proprio perché così diverse in apparenza a e così simili nella sostanza.
Riccarda Zezza, articolo scritto per Alley Oop
Riccarda Zezza, CEO di Life Based Value, e la blogger e business strategist Manuela Andaloro intervistano Chiara Condi trentenne italo-americana che a Parigi ha fondato Led By HER , non profit che incoraggia e accompagna donne vittime di violenza verso il reinserimento lavorativo.
I sociologi affermano che anche le persone più introverse, nella loro vita, influenzano oltre diecimila altre persone. Quanti individui abbiamo consapevolmente e inconsapevolmente influenzato nelle nostre vite finora? In che modo possiamo sfruttare al meglio questo potere? Tutti i giorni sentiamo parlare di leadership, eppure continuiamo a chiederci chi siano i veri leader.
L’idea di Riccarda e Manuela è di creare una serie di interviste che ritraggano leader e impact maker portatori di cambiamento e innovazione nel mondo, e quindi, portatori di un aumento di consapevolezza su un nuovo modello di leadership genuina e di successo. Nuovi modelli di ruolo che basano il loro successo su soft skill strategiche quali empatia, creatività e comunicazione, competenze che diffondono energia e forza appena impattano positivamente sugli altri e la società.
Noi crediamo che la vera leadership sia la capacità di generare un impatto sostenibile sugli altri
La prima intervista è a Chiara Condi, trentenne italo-americana che a Parigi ha fondato Led by HER, non profit che incoraggia e accompagna donne vittime di violenza verso il reinserimento lavorativo.
Ho trascorso dieci anni della mia vita lavorando sulla parità di genere e sull’emancipazione femminile, gli ultimi cinque a gestire Led by HER, organizzazione non profit che svolge attività di sostegno e programmi per favorire l’imprenditoria femminile e i diritti delle donne. In questo momento sto cercano di posizionarmi a un nuovo livello; sento sempre di più la necessità di portare le mie idee in nuovi e più ampi contesti. Ecco perché cerco di partecipare il più possibile alle conferenze e ai dialoghi con i media internazionali, perché credo che sia più importante che mai contribuire ad accrescere la consapevolezza su questi argomenti.
Credo che non esista una formula perfetta su come suddividere il tempo nella propria vita. L’unica cosa che ha funzionato per me è stato definire le priorità e prendere ogni decisione sulla base di queste. In questo modo non mi sono mai sentita in colpa per le scelte che ho fatto o per aver detto di no a qualcosa. Credo che invece di stabilire sempre la quantità di tempo che dedichiamo alle cose nel corso della nostra vita, forse dovremmo iniziare a definirne la qualità. Applico questo principio alla mia vita essendo completamente presente in tutto ciò che faccio, che si tratti di lavoro o di vita privata. Anche se si tratta di una piccola cosa che mi concedo, me la godo completamente. Quando faccio una cosa in un dato momento nel tempo, non conta nient’altro. Se cerco di applicare questa regola onnicomprensiva alla mia vita, mi sento molto più appagata.
Sì, credo che essere dei buoni genitori e mettere in pratica una gestione efficace siano tutte questioni di sviluppo della leadership. Il ruolo di un genitore è far crescere il bambino in modo che diventi un adulto indipendente che pensi razionalmente e che agirà al meglio nel corso della sua vita. Proprio come avviene nelle aziende, si incoraggia il potenziale e il talento delle persone in modo che diventino la migliore versione di se stessi. Proprio in quel momento, ti permetteranno di dare del tuo meglio. Credo inoltre che individui appagati possano diventare una delle migliori risorse dell’azienda.
Non credo di avere modelli formali, ma sono molto ispirata dalle donne che abbiamo aiutato grazie a Led by HER, poiché mi hanno insegnato che qualunque cosa succeda nella vita è possibile esporsi e cambiarla. Se loro ritengono che ogni giorno possa essere l’inizio di una nuova vita, allora tutti noi dovremmo farlo. Quando penso a loro, tutte le scuse che creo nella mia vita per non espormi svaniscono.
Una delle grandi qualità dei nuovi leader è l’empatia. Capire le persone di fronte a noi, il loro potenziale e dove desiderano arrivare vi permetterà di far sì che emerga il meglio dalle persone con cui lavorate. I grandi leader vedono il potenziale e lavorano con esso.
Devono smettere di chiedere conferma del proprio valore. Ho intervistato molte donne in tutto il mondo e mi sono resa conto che il denominatore comune della loro lotta era la credibilità. La verità è che mentre il lavoro di un uomo viene preso per oro colato, quello di una donna non lo è. Le donne hanno dichiarato che hanno dovuto dimostrare il loro valore e lavorare il doppio di un uomo per provare di meritarsi qualcosa. Ma non possiamo fermarci e arrenderci. Anche se il mondo va così e questa è la situazione in cui ci troviamo, perché non lavorare sulla consapevolezza di noi stesse e conoscere il nostro valore per pretendere ciò che meritiamo? Ogni volta che chiedete una promozione o negoziate un aumento, fatelo, provateci, per voi stesse e per tutte le donne, perché è in quel momento che insegniamo al mondo che valiamo e che non ci accontentiamo di poco.
Le donne devono smettere di chiedere conferma del proprio valore!
Sì, credo che ci stiamo dirigendo verso una leadership delle domande piuttosto che verso una leadership delle soluzioni. Un buon leader è una persona che pone tutte le domande giuste, non qualcuno che conosce già le risposte. L’innovazione ha creato scompiglio nel mondo poiché ci ha insegnato che la gerarchia non esiste. Le buone idee possono arrivare da ovunque e i migliori leader sono coloro che saranno in grado di cogliere invece di imporre.
Di recente ho avuto l’occasione di tenere una conferenza su questo argomento a Cape Town per il settore dell’aviazione, un campo che affronta grosse difficoltà nell’ambito del rinnovamento per il futuro. Esiste un potenziale per tutti i settori purché si ascoltino le voci delle persone, includendole nei processi. Le persone perdono il senso del lavoro quando percepiscono che questo è scollegato da ciò che accade intorno. Non c’è nulla di simile a un’organizzazione e ai suoi dipendenti, sono una cosa sola; l’organizzazione è i suoi dipendenti e quindi essi devono percepire chiaramente che ne fanno parte. Questo è quello che vogliamo, essere parte di qualcosa di più grande di noi stessi, e le organizzazioni che non garantiscono questa motivazione saranno escluse dal futuro.
Che nulla è permanente, che io sono sostituibile e che non devo essere attaccata a nessun singolo risultato nella vita. Non esiste una soluzione unica, ma quando ho iniziato ho avuto misure di successo molto fisse. Quando lo fai, diventa impossibile essere semplicemente contenti di ciò che sta succedendo in questo momento e confidare che anche se qualcosa è diverso da quello che ti aspettavi, può comunque essere fantastico. Mi rendo anche conto che a volte cominci da qualche parte e poi la vita ti porta da qualche altra parte, e io combattevo contro quello, ma ora ho imparato ad ascoltarlo e ad abbracciarlo.
Non ho mai creduto, quando ero più giovane, di contare più di quello che faccio, ma ora lo faccio perché capisco che è l’unico modo per fare la differenza. Puoi solo dare pienamente da quel luogo di abbondanza, quindi cerco di crearlo quotidianamente. Si concretizza in yoga quotidiano, pilates e meditazione e scrittura del diario. E poi prendere lunghi momenti di distacco dal mio lavoro attraverso viaggi che nutrono la mia anima. Mi piace vedere quello che non ho mai visto prima e mi riempie completamente.
Sentire che ho lasciato il mondo un po’ meglio di ieri. Se posso dirlo a me stessa, allora posso dormire bene la notte.
Pensavo che l’impatto fosse una parola grossa e che l’impatto significasse milioni di persone, che tutto doveva essere grande per contare davvero. In realtà Led By HER mi ha insegnato il contrario. L’impatto è molto di più basato sul fare piccole cose in grande stile. L’impatto riguarda l’intenzione e la grandezza con cui fai ogni piccola cosa – e questo è ciò che sposterà le montagne. Ho imparato che tu cambi il mondo una persona alla volta e ciascuna di quelle piccole rivoluzioni favorirà gli altri.
Assicuratevi che la prima persona per cui agite siate sempre voi stessi, perché questo è l’unico modo in cui aiuterete davvero gli altri.
Una sintesi di questa intervista è stata pubblicata anche su StartupItalia!
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La maternità è un master. Rende più forti le donne. E anche gli uomini. Le arricchisce di competenze chiave per la crescita professionale. Riccarda Zezza, imprenditrice che non pensava di diventarlo, lo spiegherà a Tokyo il 12 novembre durante il roadshow di Ashoka, la rete internazionale che porta le best practices in giro per il mondo e seleziona le migliori innovazioni sociali. Zezza lo farà ponendo all’attenzione di ricercatori, istituzioni e università la sua piattaforma MAAM, Maternity as Master. “Quando nasce un figlio, le donne sviluppano competenze tipiche del leader, come responsabilità, capacità di analisi, problem solving, empatia, gestione del tempo. E succede anche ai papà, se messi alla prova. MAAM è il programma in grado di aiutare le neo mamme a essere solide e a far emergere e a valorizzare queste soft skill”.
Il target è fatto di donne incinte e di donne e uomini con bambini da zero a tre anni.
MAAM ha fatto subito breccia con dei workshop in alcune aziende di grande nome, Luxottica, Nestlé, Ikea; lezioni in aule tradizionali e un metodo che funziona. Così fino al 2014. “Poi ho scoperto il digitale che ci ha consentito di coinvolgere le imprese clienti in un programma on line. A metà del 2015 ho venduto il primo contratto della piattaforma web MAAM con Poste italiane, che ha tremila maternità all’anno”.
A ottobre 2015 è nata Life Based Value, valore basato sulla vita, la startup innovativa che ha trasferito il programma MAAM sulla piattaforma digitale. Oggi, e sono passati tre anni, sono 40 le società che in Italia hanno firmato i contratti, tra cui appunto Poste italiane, Enel, Eni, Coca Cola, Oviesse, Penny market, Bottega veneta, Unicredit, Unipol, che ogni anno rinnovano l’acquisto. Ora Zezza punta all’estero. Grazie a un aumento di capitale e alla raccolta avviata per arrivare a 600mila euro tra crowdfunding e business angel.
“Il nostro fatturato nel primo anno è stato di 170mila euro, il secondo di 330mila, nel 2018 è più che raddoppiato e siamo a 700mila euro”. Da un anno e mezzo accanto a 3000 mamme, ci sono anche mille papà, perché le aziende hanno aperto il programma a tutti i dipendenti e quelli che ne hanno le caratteristiche si possono iscrivere. I primi duemila partecipanti confermano un miglioramento delle competenze coinvolte nel percorso formativo fino al 35 per cento. “Da queste persone noi raccogliamo tantissimi dati con cui perfezioniamo il metodo e ci fanno essere un passo avanti rispetto agli eventuali concorrenti che arriveranno”. Per ora il programma funziona solo in lingua inglese, oltre che in italiano. “Siamo stati in Germania, Ungheria, Turchia, le aziende ci chiedono di andare all’estero. Puntiamo a un modello di sviluppo internazionale; in Benelux abbiamo consulenti pronti a partire per vendere a clienti tipo Boston Consulting che ha già firmato un contratto per Grecia e Turchia”.
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Quando la formazione in azienda si rivela efficace? Ci sono dei passaggi da considerare se si vuole che i propri collaboratori crescano professionalmente e si arricchiscano davvero attraverso la formazione. Il primo punto è dato dall’esercizio quotidiano delle nuove competenze: la costanza è determinante, insieme alla rilevanza che hanno le stesse competenze ai fini dell’efficacia lavorativa. Spesso, tuttavia, le persone, dopo la formazione alle soft skill, tendono a ritornare ai loro comportamenti pregressi, e questo accade anche perché i manager non sono coinvolti nella fase di follow-up e non mettono a frutto quanto appreso dai collaboratori.
Gli individui hanno meno potere di cambiare il sistema che li circonda rispetto al potere del sistema che, invece, li plasma e li modella.
L’idea che i sistemi organizzativi, che definiscono ruoli, responsabilità e relazioni, abbiano un forte impatto sulla mentalità e i comportamenti degli individui è dimostrato da numerosi studi e ricerche*. Inoltre, il crescente numero di impegni e responsabilità richiesto ai manager, non consente a questi ultimi di fare follow up e seguire gli sviluppi delle varie attività a cui, per esempio, partecipano i collaboratori.
È necessario dunque creare un ambiente di lavoro dove vengano sviluppate le interazioni tra persone, in particolare coinvolgere i manager e fare in modo che questi siano a conoscenza delle reali competenze dei propri collaboratori, in modo da definire gli obiettivi di crescita e attivare questo potenziale.
Per questo motivo, abbiamo sviluppato un’integrazione al percorso MAAM per mamme e papà. Si chiama MAAM Manager e intende rafforzare il rapporto tra manager e dipendenti, grazie ad alcune attività di verifica e valorizzazione di quanto appreso, da pianificare e svolgere insieme, incentivando la collaborazione, la fiducia e la stima reciproche.
Il manager diventa quindi un punto di riferimento importante per i suoi collaboratori, consapevole delle potenzialità delle persone del suo team, e promotore di una generale valorizzazione delle risorse.
Il risultato? Persone più motivate e coinvolte e un miglioramento a livello di benessere organizzativo e gestionale. MAAM Manager intende proprio agevolare il passaggio dalla formazione all’azione!
*Seymour Lieberman, Institute for Social Research, University of Michigan
*Boris Groysberg, Harvard Business School