5 Maggio 2022
I carichi di cura familiari continuano a pesare maggiormente sulle spalle delle donne, in particolare delle madri, con un impatto negativo sul fronte occupazionale: delle 42mila dimissioni di genitori di bambini da zero a tre anni nel 2020, il 77,4% è rappresentato dalle mamme (Ispettorato nazionale del lavoro).
Eppure i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed raccontano che le madri, se viste e valorizzate dalle aziende, possono dare un contributo positivo in ambito professionale, partendo proprio dalle competenze sviluppate nell’esperienza genitoriale. L’82% delle mamme coinvolte nei percorsi Lifeed ha scoperto di avere più forza di quanto credesse e di possedere capacità che non pensava di avere. Anche le competenze di leadership risultano più elevate per chi si prende cura di qualcuno, in particolare i neo genitori.
Come possono quindi essere valorizzate nelle imprese le esperienze di vita e le competenze delle collaboratrici madri? Se ne è discusso nel corso del Caring Company Digital Talk Le competenze delle madri trasferite sul lavoro promosso da Lifeed e moderato da Chiara Sivieri, Customer Executive di Lifeed, attraverso le testimonianze di manager di importanti aziende.
Dall’analisi dell’Osservatorio vita-lavoro Lifeed è emerso che l’80% delle madri sente di mettere i propri bisogni e desideri sempre al secondo posto, poiché il tempo per sé è vissuto con conflittualità e senso di colpa.
Le motivazioni? Manca una cultura della cura di sé, considerata come qualcosa di opzionale, non prioritario e che non genera produttività. La cura di sé è percepita come un’azione egoista, uno sfizio o qualcosa di sterile. Quasi tutte le mamme (98%) vivono il tempo dedicato alla cura di sé come tempo sottratto ad altro, considerato più importante: la cura familiare, della casa o il lavoro. Per i papà, questa percezione è emersa nel 65% dei casi (il 33% in meno rispetto alle mamme).
A questo si aggiunge un motivo più pratico che porta le mamme a essere così poco propense a prendersi cura di sé: la mancanza di tempo, riportata da oltre la metà delle madri (55%), si traduce nella creazione di una gerarchia di priorità dove la cura di sé finisce all’ultimo posto rispetto a compiti e bisogni considerati prioritari. La mancanza di tempo è riportata anche dai padri, nel 30% dei casi (-25% rispetto alle madri).
Ma i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed dimostrano che il tempo dedicato a se stesse e alla cura di sé, inteso come parte integrante della quotidianità, oltre a migliorare il benessere allena nelle madri sei competenze fondamentali, utili anche nel mondo del lavoro: capacità di iniziativa (88%), innovazione (65%), attenzione (54%), gestione dello stress (45%), sicurezza di sé (25%) e competenze relazionali (20%).
L’attività di cura (dei figli e degli anziani) è maggiormente a carico delle donne, che ricoprono diversi ruoli privati e professionali contemporaneamente. In mancanza di servizi messi a disposizione dallo Stato, il welfare aziendale può essere una soluzione molto efficace per prendersi cura di chi si prende cura, sostiene Sabina Tarozzi, Responsabile Programmi di Welfare di UnipolSai. Ciò significa costruire una cura a diversi livelli: familiare, sociale, aziendale. Per farlo, è necessario cambiare il paradigma sul senso di colpa legato al prendersi cura di sé che, secondo Tarozzi, in realtà è un atto di altruismo perché permette alle madri di stare meglio e di avere più energie per dedicarsi agli altri.
La chiave è dunque lavorare sul superamento degli stereotipi, trasformando l’egoismo in altruismo. Per avere la forza di ‘mettere insieme tutto’, è necessario che innanzitutto le madri si curino del proprio benessere personale. Per Tarozzi, anche il cosiddetto ozio creativo genera competenze e benessere. Avere strumenti aziendali che favoriscono la sinergia vita-lavoro è un aiuto fondamentale per far emergere la ricchezza dell’esperienza della genitorialità. Non separare come due ‘silos’ le dimensioni di madre e professionista permette di stare meglio: per raggiungere questo obiettivo, serve attivare un circolo virtuoso di sinergia vita-lavoro.
Nel welfare aziendale di UnipolSai, la genitorialità e il caregiving sono i due pilastri della cura. L’obiettivo dei servizi e strumenti messi a disposizione dei dipendenti genitori e caregiver è quello di legittimare la cura, scevra da sensi di colpa, per alleggerirne il peso e far fiorire le persone.
L’altruismo legato alla cura di sé può anche essere definito un ‘egoismo gentile’, afferma Martina Borsato, Data Strategist di Lifeed, spiegando che nelle madri viene spesso premiato il sacrificio, ma ciò fa perdere loro una parte della propria identità. Maturare la giusta consapevolezza dei propri ruoli aiuta a creare una rete di alleanze familiari (per esempio facendo più spazio ai papà), ma anche sociali (dalle maestre dei figli alla tata) e professionali con capi e manager in grado di valorizzare la maternità.
Quando si realizza tutto ciò, le madri non si sentono più indispensabili e questo ‘passo di lato’ serve ad alleggerire il peso e lo stress, oltre a garantire un sistema più sano che può funzionare anche senza di loro.
Come sottolinea Alice Brioschi, Curatrice editoriale, tra gli altri, del libro Non sei il tuo senso di colpa (Prospero Editore), la cultura negativa attorno a questo tema accentua i problemi e il senso di colpa delle madri, che ricoprono contemporaneamente altri ruoli ‘energivori’ legati a lavori, amicizie, passioni o altri interessi.
Anche utilizzare parole corrette serve a cambiare paradigma su questo argomento, avendo il coraggio di far emergere i sentimenti negativi legati all’essere madre, perché la maternità non può essere considerata sempre un’esperienza positiva.
Dare voce al senso di colpa, renderlo palese condividendo l’esperienza con altre mamme, è utile per superarlo. Secondo Francesca Martino, Coordinatrice Spazio Donna Milano di WeWorld, è importante che le madri sappiano ritagliarsi spazio e tempo di piacere nella propria vita perché questo le rende più motivate, creative, produttive e concentrate. In questo modo, anche la percezione dello spazio e tempo si dilata e consente di avere più energie.
Per ritagliarsi un’autonomia serve costruirsi attorno una rete di sostegno, anche perché le conseguenze della pandemia hanno accentuato le situazioni negative delle donne madri che erano già in difficoltà. Individuare le loro risorse e farle emergere, secondo Martino, fa sentire le donne più competenti: un lavoro su di sé, che metta al centro la cura personale, è la chiave per riconoscere il proprio valore e farlo fiorire.