21 Settembre 2022
Oggi nelle aziende il 73% delle persone ha un ruolo di caregiver nella vita privata, cioè si prende cura di una persona cara come un figlio, un partner o un genitore anziano (The Caring Company, Harvard Business University, 2019). In Italia, un terzo degli over 50 si prende cura di almeno una persona anziana o non autosufficiente (Talenti Senza Età 2019. Donne e Uomini over 50 sul lavoro, Valore D).
Eppure quello dei caregiver è un ‘mondo sommerso’ all’interno delle imprese: in pochi comunicano sul luogo di lavoro di ricoprire questo ruolo di cura nella vita privata, per paura che ciò possa influire negativamente sulla propria carriera. Altre persone invece non sono proprio consapevoli di essere caregiver: da un’analisi dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed condotta su circa 10mila utenti emerge che solo l’8% si identifica nel ruolo di caregiver.
Ma quando si analizzano i dati dei partecipanti delle aziende che portano avanti percorsi di auto-consapevolezza dedicati ai caregiver, la percentuale di identificazione sale al 24% (con un incremento del 66%). Ciò avviene grazie al riconoscimento di questa dimensione identitaria, che ha l’effetto di dare significato all’esperienza e al ruolo di cura e di far fiorire talenti e competenze trasferibili sul lavoro.
Questo dato suggerisce alle aziende la necessità di un nuovo approccio al tema del caregiving. Nel mercato del welfare, le imprese offrono ai loro dipendenti ‘pacchetti’ con vari servizi di sostegno delle famiglie, che spesso però non vengono utilizzati perché troppo generali. Si crea così un mismatch tra domanda e offerta. Solo ascoltare i reali bisogni delle persone permette di ‘vedere’ i caregiver in azienda e di riconoscerne le singole necessità, con benefici sul loro benessere, engagement e produttività, evitando uno spreco di risorse economiche.
Tutti questi temi sono stati approfonditi nel Caring Company digital talk “Conoscere i talenti dei caregiver” promosso da Lifeed, con la partecipazione di Riccarda Zezza CEO di Lifeed e le testimonianze di esperti del mondo HR, la condivisione dei dati presentati da Martina Borsato, Data Strategist di Lifeed e la moderazione di Chiara Sivieri, Customer Executive di Lifeed.
La consapevolezza rappresenta quindi il primo motore per far emergere le risorse dei caregiver. Come spiega Zezza, si tratta di una competenza soft che può diventare elemento di business se viene tradotta in cultura, nella percezione del valore di sé per arricchire la cultura aziendale. Per riuscirci, è necessaria una rivoluzione di prospettiva: i nuovi ruoli della nostra vita (come diventare caregiver) non devono combattere tra loro per ritagliarsi uno spazio. Piuttosto, ogni nuovo ruolo può avere un dialogo con le altre cose che siamo. Ciò favorisce la nostra efficacia ed empowerment, perché aumenta la nostra capacità sia di chiedere sia di dare agli altri.
Come si traduce tutto ciò nell’esperienza delle aziende? Per Carolina Azijn, People Experience Lead Italy di Mondelēz International, è necessario mettere in campo azioni integrate per rispondere ai molteplici bisogni delle persone nell’ottica di una nuova sinergia vita-lavoro e per far emergere e valorizzare il portato personale. Tra i vari servizi messi a disposizione dei dipendenti, l’azienda (il cui programma Mondelez Made Right è stato premiato dal Politecnico di Milano) ha attivato nel tempo spazi di confronto e comunità interne, come i ‘Diversity, Equity & Inclusion Ambassadors’, che hanno favorito la co-creazione di una cultura inclusiva dove i dipendenti sono attori attivi delle politiche aziendali.
Solo se l’azienda si mostra vicina alle persone e mette in pratica una cultura della cura, i caregiver non sono più invisibili. Ne è convinta Irina Maletta, referente People Care Unità People Care, Diversity & Inclusion di Enel Italia, secondo cui un’impresa deve lavorare per favorire l’incontro tra la dimensione di cura e quella di crescita professionale, aiutando i caregiver a conciliare i propri ruoli. Tra i numerosi progetti a supporto della popolazione aziendale, Enel ha istituito la figura del ‘gestore del cuore’: i dipendenti hanno a disposizione questa figura per evidenziare problematiche di salute e familiari. Il gestore del cuore supporta quindi i caregiver nel trovare la giusta collocazione e l’azienda, a sua volta, mette in campo attività di formazione, informazione e servizi di wellbeing e caring. Il team di People Care, Diversity and Inclusion Italia rappresenta un vero e proprio centro di ascolto in azienda, in particolare per sostenere i due pilastri del caring: genitorialità e caregiving.
Rosanna Maserati, Responsabile del Servizio Diversity e Inclusion di Crédit Agricole Italia, racconta che l’azienda considera il tempo dedicato alla cura come tempo prezioso. Crédit Agricole Italia ha quindi identificato due bisogni principali dei caregiver ai quali ha risposto: supporto emotivo-psicologico; servizi di sostegno economico e organizzativo. Fondamentale è sviluppare nei caregiver la consapevolezza di non essere un peso per l’azienda ma, al contrario, di vivere un’esperienza di cura familiare in grado di sviluppare competenze utili anche sul lavoro.
Quello del caregiver è un ruolo che spesso, nella cultura italiana, viene dato per scontato. Per valorizzarlo, serve un cambiamento culturale. Proprio su questo punto focalizza la propria attenzione Lucia Saracco, People Coordinator di Santander Consumer Bank, secondo cui bisogna partire creando un ambiente inclusivo, dove sia percepito il valore delle differenze e tutti (compresi i caregiver) possano far emergere le loro competenze a beneficio dell’azienda. Risulta quindi di fondamentale importanza il riconoscimento della dimensione di cura. Un ambiente inclusivo – aggiunge Saracco – genera innovazione e fa lavorare meglio. In azienda conta anche che tutti, a partire dal top management, usino un linguaggio inclusivo che rispetti le differenze e l’unicità di ognuno.
Per approfondire il tema del caregiving e capire come le aziende possono prendersi cura di chi ha cura, Lifeed ha realizzato il whitepaper dal titolo Tutto il valore dei caregiver.