9 Giugno 2023
Il crescente disallineamento tra i bisogni delle persone e i tradizionali modelli organizzativi nel periodo post-pandemia è alla base di fenomeni come Grandi dimissioni e Quiet Quitting che vedono le persone sempre meno ingaggiate nei confronti del lavoro.
In questo scenario, la Direzione HR si trova di fronte alla grande sfida di ridefinire il rapporto tra persone e aziende: un rapporto che oggi deve essere impostato su una nuova visione dell’equilibrio tra vita e lavoro.
Ciò riguarda in particolare i dipendenti genitori e caregiver, che in estate molto spesso non possono contare su servizi e prestazioni di supporto alla gestione dei carichi di cura familiari come nel resto dell’anno. Se i bisogni di queste persone non vengono intercettati in tempo, aumenta il rischio di malessere e scarso coinvolgimento, con conseguenze negative sulla relazione tra dipendenti e aziende.
Basti pensare che oltre 61mila genitori (di cui il 73% mamme) si sono licenziati in un solo anno nel 2022 e che oggi già sette lavoratori su 10 si occupano della cura di un familiare. Inoltre, sono sempre di più le persone nella cosiddetta “Generazione Sandwich”, che devono gestire contemporaneamente la cura dei figli e quella dei genitori anziani. Ma le aziende sanno vederle?
Come spiega la ricerca 2023 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano dal titolo “Vita, lavoro, felicità: disegnare una nuova relazione tra organizzazione e persone”, i cambiamenti degli ultimi anni hanno fatto emergere due differenti approcci al lavoro da parte delle persone: la Work-life integration e la Work-life separation.
Il primo approccio connota chi trova nel proprio lavoro una componente significativa della propria soddisfazione ed è portato a gestire in maniera integrata questi due aspetti. Il secondo riguarda chi trova la propria soddisfazione personale al di fuori del lavoro ed è portato a tenere separata la vita lavorativa da quella privata.
Se non correttamente gestita, l’integrazione vita-lavoro porta al cosiddetto ‘job creeping’, cioè la tendenza a non smettere di lavorare anche in momenti che dovrebbero essere dedicati alla vita privata. Una separazione tra vita e lavoro non correttamente gestita, invece, porta a uno scarso coinvolgimento delle persone nell’attività lavorativa. Come è possibile trovare una soluzione positiva a questa situazione?
Un approccio innovativo è rappresentato dalla sinergia vita-lavoro. Come dimostrato scientificamente dal Life Based Learning (il metodo di apprendimento ideato da Lifeed che permette alle persone di trasferire sul lavoro le competenze soft apprese nella vita quotidiana e viceversa, con benefici per le loro aziende) l’area della vita privata e quella professionale possono ricaricarsi a vicenda.
Se pensiamo ai ruoli personali e lavorativi come cerchi concentrici che si accumulano e si rinforzano a vicenda (anziché come una torta divisa in spicchi), le competenze espresse in questi ruoli si moltiplicano e possono essere trasferite tra le diverse dimensioni identitarie: genitore, figlio, collega, manager, sportivo, musicista, ecc. Questo succede grazie alla “transilienza”, una meta-competenza che viene esercitata quando le abilità, le energie e le risorse emotive delle persone fluiscono da un ruolo all’altro.
Tutto ciò ha un impatto positivo sul benessere, il coinvolgimento e la produttività delle persone. Sentendosi viste e riconosciute nei loro ruoli personali e professionali, infatti, le persone migliorano l’equilibrio vita-lavoro e la loro efficacia, con conseguenti vantaggi per le aziende anche in termini di sostenibilità.
Le attività di cura come la genitorialità e il caregiving sono grandi esempi di sinergia vita-lavoro: competenze come gestione del cambiamento, empatia, gestione dello stress, collaborazione e gestione della complessità vengono allenate da mamme, papà e caregiver nel rapporto quotidiano con i figli e i genitori anziani o non autosufficienti. Questo vale ancora di più durante l’estate, quando il calendario scolastico e le vacanze impongono la riorganizzazione della vita familiare.
Queste competenze rappresentano risorse preziose anche per il mondo del lavoro. Ma per non sprecarle, c’è bisogno di uno sguardo innovativo da parte delle organizzazioni. Infatti, solo vedendo e usando i talenti che i propri dipendenti sviluppano ogni giorno nelle attività di cura e in tutti i loro ruoli (privati e professionali), le aziende possono favorire il benessere, la produttività, l’engagement e la retention. E così, saranno in grado di garantire la propria sostenibilità futura.