14 Marzo 2022
Osservatorio vita-lavoro di Lifeed: più di un papà su due nell’ultimo anno ha sentito di dover scegliere tra vita privata e professionale. Ma 7 padri lavoratori su 10 hanno sviluppato le competenze di ascolto, empatia e gestione del cambiamento proprio grazie al rapporto con i loro figli.
Milano, 14 marzo 2022 – È ancora alta la percentuale di papà che non si considerano “visti in azienda”.
Per il 57% dei padri infatti, il ruolo di genitore non è visibile sul luogo di lavoro. È quanto emerge da un’analisi approfondita dell’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed, la società di education technology a impatto sociale che dal 2015 attraverso un metodo di apprendimento proprietario, il Life Based Learning, trasforma le transizioni di vita e le relazioni di cura in momenti di apprendimento e di sviluppo delle competenze soft.
Nel 59% dei casi, a ostacolare il riconoscimento del ruolo di padre in ambito professionale è una cultura aziendale che tende a mantenere separata vita privata e lavoro. Infatti più di un papà su due (il 54%) nell’ultimo anno si è sentito nelle condizioni di dover scegliere tra vita privata e professionale. Tra gli ostacoli emersi il 24% riguarda una scarsa attenzione ai ruoli extra lavorativi della persona (e al work life balance) da parte dell’azienda.
Nel 20% dei casi, i lavoratori in aziende di diversi settori e dimensioni (padri tra i 29 e i 58 anni) indicano tra gli ostacoli della paternità sul lavoro la propria capacità di esprimersi nel ruolo di genitore in azienda, legata a stereotipi personali. Sono i papà stessi, in questo caso, a percepirsi come lavoratori esclusivamente in ufficio e papà solo quando sono in famiglia, come se i due ruoli potessero essere nettamente separati.
LE 4 SOLUZIONI PROPOSTE DAI PAPA’
Che cosa, secondo i padri stessi, potrebbe accendere anche sul luogo di lavoro il potenziale della loro paternità?
IL ROI DELLA PATERNITA’ SUL LAVORO: DUE DATI SORPRENDENTI
Quando la paternità è riconosciuta e valorizzata anche sul lavoro, i padri si sentono liberi di mostrare in azienda ciò che sono e ciò che hanno imparato grazie a questa esperienza:
“Consentire ai papà che lavorano di esercitare appieno il diritto e il dovere di genitori è un potente acceleratore, un allenatore di competenze utilissime in azienda – ha commentato Riccarda Zezza, CEO e co-founder di Lifeed – Gli uomini delle nuove generazioni non percepiscono più il ruolo lavorativo come preponderante nella loro vita: si sentono infatti prima padri (71%) e solo dopo professionisti (42%). Questo cambiamento è già intorno a noi, permea la società. Riconoscere queste mutazioni sociali e rappresentarle non è solo utile per migliorare la qualità del nostro lavoro, ma è indispensabile anche per una maggiore integrazione delle donne– sulle cui spalle ricade il maggior peso di cura familiare- nella vita economica e civile del Paese. La strada verso il diritto alla parità nell’esercizio della genitorialità sembra ancora ddrammaticamente lunga, ma il cambiamento è in atto e le imprese che sapranno spingerlo ne trarranno solo benefici”– ha concluso Zezza.
Metodologia
L’analisi quantitativa dei dati è riferita ad un campione di oltre 1200 lavoratori a cui è stata poi associata un’analisi qualitativa su 200 . Si tratta di padri (di età compresa tra 29 e 58 anni, lavoratori in aziende di diversi settori e dimensioni) che hanno partecipato a un percorso Lifeed basato sull’autoconsapevolezza, che ha fatto emergere competenze e risorse allenate grazie alla pratica genitoriale.