12 Giugno 2020
Immagina di essere una torta, una bella torta di compleanno, che tutti gli invitati non vedono l’ora di fare a fette e assaggiare. Ad ogni fetta messa nel piattino corrisponde un assottigliarsi del dolce, fino a sparire del tutto. Prova ad immaginare, ora, di quante fette è composta la tua torta. Probabilmente ti visualizzerai mentre dai una fetta ai tuoi figli, una fetta alla tua compagna o al tuo compagno, una fetta ai tuoi genitori, una ai tuoi amici e ai tuoi colleghi, e poi alla fine, se rimane, una anche a te.
La metafora è semplice: più sono le persone e le attività di cui ti occupi, più piccole sono le fette di torta che puoi dare ad ognuna di queste. Ma se potessi dedicarti a una sola cosa, quanta energia potresti mettere solo di essa? Ti sembra che nella tua torta ci sia abbastanza spazio per tutto? Probabilmente no.
Ma non devi preoccuparti: abbiamo una buona notizia! L’idea di noi come delle torte è stata superata. Le ultime ricerche sociologiche hanno mostrato una storia completamente diversa, ovvero che più ruoli nella stessa persona si accumulano e più si accumulano, più si rinforzano l’un l’altro, trasferendo tra loro energie e competenze.
Pensiamo all’amore che doniamo alle persone che ci circondano: esso non è esclusivo. Siamo in grado di amare genitori, partner, figli, amici, ognuno in modo diverso, ma senza che l’affetto per l’uno diminuisca quello a disposizione per gli altri. L’amore si moltiplica, non si divide. Vale anche per le (buone) idee: se io ho due mele e ne regalo una ad un amico, ne avremo una a testa. Ma se io e il mio amico abbiamo due buone idee e ci rendiamo partecipi di esse vicendevolmente, avremo entrambi due buone idee. Ebbene, la stessa cosa vale per le competenze e l’energia: vengono moltiplicate, non divise e ci ritroviamo ad averne di più.
Le ultime ricerche sociologiche hanno mostrato che più ruoli nella stessa persona si accumulano e più si accumulano, più si rinforzano l’un l’altro, trasferendo tra loro energie e le competenze.
Cambiamo prospettiva, allora, alla visualizzazione della nostra torta. Adesso, immaginate che ogni ospite, invece di accaparrarsi una porzione, la aggiunga, fino a far diventare enorme il nostro dolce. MultiMe è un prodotto digitale che nasce proprio per scardinare lo stereotipo delle “fette di torta”, che non solo abbiamo su noi stessi ma che, spesso, anche la nostra azienda ha su di noi.
Nonostante la metafora suggestiva, MultiMe ha basi scientifiche molto solide, frutto di una ricerca multidisciplinare, che prosegue negli anni arricchendosi di nuovi contributi. Anche questa volta, partiamo da un esempio.
Marco è un pompiere, ed è anche marito e padre. Scoppia un incendio mentre è in servizio e deve accorrere. Giunto sul posto, si rende conto che il fuoco sta bruciando la una casa, in cui sono presenti due adulti e due bambini. In questa situazione, Marco si comporterà da pompiere o da padre di famiglia? Chi ha provato MultiMe, sa che la domanda è mal posta. Marco potrà unire il coraggio da pompiere all’amore del padre di famiglia, agendo con razionalità e salvando le persone dalle fiamme, come se fossero i suoi familiari, i suoi bambini. Questo perché i diversi ruoli che ricopriamo non annullano o escludono gli altri, ma si arricchiscono a vicenda.
L’esempio è volutamente estremo, ma pensiamo alle nostre vite più ordinarie. La capacità di ascolto e di mediazione che esercitiamo coi figli, o al contrario alcune competenze manageriali che esercitiamo coi colleghi, sono tutte abilità maturate tra i nostri ruoli, e che ci portiamo sempre con noi. Siamo più della somma delle nostre parti, e MultiMe ci permette di rendercene conto. MultiMe, in ultimo, permette il passaggio dal “role conflict” al “role accumulation”.
Il tool è stato realizzato da un team scientifico composto da Riccarda Zezza, dalle ricercatrici di Lifeed e dalla professoressa Maferima Touré-Tillery, ricercatrice della Kellogg School of Management della Northwestern University. Si avvale di anni di ricerca nel campo della “teoria dei ruoli”.
Come sempre, partiamo dalla definizione. Viene in nostro aiuto Roger Barker, tra i fondatori della psicologia di comunità, che spiega le teorie dei ruoli come “un gruppo di concetti, basati su ricerche socioculturali e antropologiche, che riguardano il modo in cui le persone sono influenzate nei loro comportamenti dalla varietà delle posizioni sociali che ricoprono e dalle aspettative che li accompagnano”.
La “teoria dei ruoli” comprende due linee divergenti di pensiero e ricerca, che sono quella del role conflict e quella del role facilitation. I primi studi sul role conflict risalgono agli anni Sessanta, ad opera di William Goode. Egli elaborò la teoria del role strain, sostenendo che ricoprire diversi ruoli sociali è impegnativo, in quanto richiede risorse di tempo ed energia conflittuali tra loro, che causano, quindi, un forte disagio. Poi, gli studi successivi si sono concentrati sull’impatto positivo del ricoprire contemporaneamente più ruoli. In particolare, Sieber e Marks, negli anni Settanta, hanno dato risalto al fatto che rivestire più ruoli produce un maggiore benessere, perché i benefici associati all’accumulo di ruoli, generalmente, superano lo stress correlato al ruolo.
L’interesse per gli effetti delle interazioni tra ruoli diversi è aumentato negli ultimi decenni, poiché la partecipazione femminile al mercato del lavoro è aumentata e le donne hanno raggiunto livelli più alti nella gerarchia aziendale, aumentando le loro responsabilità all’interno delle organizzazioni. Inizialmente, gli studi organizzativi si sono concentrati sull’aspetto conflittuale del rapporto lavoro-famiglia, suggerendo che le donne che cercavano di conciliare famiglia e carriera soffrissero di stress psicologico e fisico. Tuttavia, nei primi anni Duemila comparvero studi (es. Ruderman, 2002) che evidenziavano i benefici a livello di competenze, ma anche psicologici, del “multitasking”.
Sieber e Marks, negli anni Settanta, hanno dato risalto al fatto che rivestire più ruoli produce un maggiore benessere, perché i benefici associati all’accumulo di ruoli, generalmente, superano lo stress correlato al ruolo.
Di fronte ad evidenze qualitative e quantitative, la ricerca di Lifeed ha approfondito questi aspetti di “role accumulation”, volti a raggiungere non tanto la conciliazione o l’equilibrio tra i ruoli, quanto una reale sinergia tra le diverse aree che interessano le nostre vite. Le risorse che abbiamo in noi “traboccano” tra i diversi ruoli, ma solo se riconosciamo la sinergia tra le parti della nostra vita e, tenendole insieme, le rafforziamo reciprocamente.
La teoria della role accumulation afferma che l’intera persona è più della somma delle parti che la compongono: ricoprire alcuni ruoli può generare risorse da utilizzare in altri. Il metodo Lifeed stimola, rende le persone consapevoli e innesca questo spillover positivo (“overflow positivo”), da un ruolo all’altro della vita. Lifeed migliora il potenziale educativo delle transizioni (come la genitorialità, la cura di un proprio caro, una crisi…), trasformando queste fasi di vita in uno strumento di sviluppo professionale.
Nasce così il concetto di transilienza, una combinazione di due parole: transizione e resilienza (Vitullo, Zezza, 2014). La transilienza è una meta-competenza (cioè una competenza delle competenze) che viene esercitata quando le abilità, le energie, le risorse emotive fluiscono da un ruolo all’altro. Per attivare la transilienza, l’individuo deve essere consapevole di essere una torta che cresce sempre e non si assottiglia.
Il metodo Lifeed usato nei nostri master si arricchisce oggi, dicevamo, di un nuovo strumento. MultiMe è un tool interattivo che aiuta a vedersi e farsi vedere come quella torta di compleanno su cui tutti gli invitati aggiungono una fetta, invece che sottrarla.
Nel semplice esercizio proposto da MultiMe, che si può ripetere all’inizio e alla fine dei nostri master, dopo aver individuato i singoli ruoli che ricopriamo ci viene chiesto di associare ad ognuno tre o più qualità. Al termine, scopriremo che alcuni ruoli hanno in comune molti aggettivi: si sovrappongono su diversi punti. I livelli di coesione e coerenza tra le parti aumentano.
Un più alto indice di “self overlap” implica anche un maggiore coordinamento etico, come ha dimostrato la professoressa Maferima Touré-Tillery nelle sue ricerche. Più i ruoli si sovrappongono, più la persona tende a comportarsi in modo etico, a non percepirsi divisi in compartimenti stagni. Pensiamo alla ricaduta che ciò può avere su un professionista che ha grandi responsabilità decisionali in azienda: più è coerente nella definizione di sé e dei propri ruoli, più sarà propenso ad assumersi responsabilità nell’ottica del bene comune.
Più i ruoli si sovrappongono, più la persona tende a comportarsi in modo etico, come ha dimostrato la professoressa Tillery della Kellogg School of Management della Northwestern University.
MultiMe è in grado di misurare quantitativamente e qualitativamente il “self overlap” e la ricchezza che porta con sé. Rende possibile mappare i risultati ottenuti dai partecipanti, come dato aggregato, valutando dunque in maniera oggettiva l’impatto del master. Scopriamo così che lo sguardo può andare oltre la superficie di fatica, di tempo limitato che percepiamo dei nostri ruoli, riconoscendone invece l’arricchimento.
I numeri ci danno ragione: 8.3 partecipanti su 10 suggerirebbero ad un amico di provare il nostro metodo. Il prossimo autunno avremo a disposizione i dati di impatto preliminari: saremo in grado di valutare, numeri alla mano, l’evoluzione delle nostre… torte di compleanno. E le torte di compleanno, lo sappiamo tutti, devono essere belle grandi!