16 Gennaio 2023
La componente umana e sociale della sostenibilità è sempre più rilevante nel mondo del lavoro. Lo conferma il fatto che a fine 2022 il Consiglio dell’Unione europea abbia approvato definitivamente la Direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). La norma impone alle grandi imprese di rendere pubblici i dati sulla loro impronta non solo ambientale, ma anche dal punto di vista sociale.
I nuovi obblighi si applicheranno, dal 1 gennaio 2025, alle grandi imprese con più di 500 dipendenti e a tutte le aziende con più di 250 persone e con un fatturato pari o superiore ai 40 milioni di euro, mentre per le Piccole e medie imprese (PMI) è prevista una deroga fino al 2028.
Oltre ad avere un impatto sulla reputazione delle aziende, la Direttiva è destinata a influenzare le decisioni degli investitori legate agli indicatori ESG (Environmental, Social and Governance) che rappresentano i criteri di scelta degli investimenti sostenibili in tutte quelle attività che tengono in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Si tratta di un trend in continua crescita, come conferma un recente studio di Gallup, secondo cui già oggi il 48% degli investitori è interessato proprio ai fondi per gli investimenti sostenibili.
Ai fini della redazione del bilancio di sostenibilità, agli indicatori ESG si affiancano gli SDG (Sustainable Development Goals) gli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dalle Nazioni Unite, conosciuti anche come Agenda 2030, per contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente.
L’aspetto sociale della sostenibilità deve quindi essere centrale nella strategia futura delle aziende. Non bisogna dimenticare che il primo utilizzo del termine ‘sostenibilità’ fa proprio riferimento alla componente umana. Risale al 1987, quando un gruppo di politici guidati dall’allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland dichiarò – nel rapporto “Il nostro futuro comune” sotto l’egida delle Nazioni Unite – che lo sviluppo, per essere davvero sostenibile, deve soddisfare i bisogni del presente senza compromettere il benessere delle generazioni future.
Lasciare in eredità un mondo sostenibile è un’attività che riguarda anche le aziende, nelle quali la gestione quotidiana e la valorizzazione delle persone spettano alla Direzione HR, chiamata a favorire il benessere organizzativo e a garantire il futuro dell’impresa. Lo sviluppo organizzativo e quello personale, infatti, sono sempre interconnessi. Oltre al profitto, l’azienda può produrre valore sociale per la collettività e il territorio in un’ottica di comunità, come sosteneva l’imprenditore Adriano Olivetti.
Per realizzare questo tipo di sostenibilità, le aziende non possono più scegliere tra benessere e sviluppo. Solo smettendo di vedere un trade-off tra queste due componenti, la Direzione Risorse Umane potrà lasciare la sua ‘HR footprint’, l’impronta sul presente e sul futuro dell’azienda e della società.
Lifeed promuove la sostenibilità nel mondo del lavoro e, in questa direzione, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi SDG e ESG delle imprese, in particolare riguardo agli indicatori di sviluppo del capitale umano utili per redigere il bilancio di sostenibilità. A conferma di questo, Lifeed è stata inserita in numerosi report di sostenibilità da parte delle aziende nel corso del tempo.
Nello specifico, a livello SDG Lifeed contribuisce con le proprie attività al raggiungimento degli obiettivi:
A livello ESG, Lifeed contribuisce con le proprie attività ad agire sugli indicatori: