Oggi le aziende mettono a disposizione dei dipendenti numerosi servizi con l’obiettivo di favorire il loro benessere e la produttività, ma spesso questi servizi non vengono utilizzati dalle persone. Perché?

L’Harvard Business School l’ha definito un “circolo vizioso della cura”, spiegando che la motivazione è prima di tutto culturale: le dimensioni della vitalità e della passione restano spesso fuori dai confini dell’ufficio, dove il professionista viene prima del genitore, caregiver, partner e di qualsiasi altro ruolo di vita privata. In questo modo, le aziende non riescono a vedere le persone nei loro molteplici ruoli e non intercettano i loro reali bisogni.

Il 70% dei talenti è nella sfera personale

Se viste e valorizzate, invece, queste dimensioni rappresentano una fonte di talenti nascosti utili anche sul lavoro e già a disposizione delle imprese. Secondo i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed, il 70% dei talenti si trova nella sfera personale, solo il 30% in quella lavorativa. Come far emergere quel prezioso 70%? Basta saperlo vedere.

Per approfondire i temi legati alla cura delle persone nelle organizzazioni, Lifeed ha realizzato un whitepaper che raccoglie le testimonianze di alcuni manager della funzione HR, i quali raccontano le sfide del mondo del lavoro, condividendo priorità, bisogni e opportunità per il futuro delle Risorse Umane.

La pandemia ha reso evidente ciò che già esisteva, ma che non veniva riconosciuto apertamente fino a quando la nostra quotidianità è stata resa visibile a tutti attraverso lo schermo del pc nelle riunioni da remoto a cui ci siamo abituati dal febbraio 2020 a oggi: vita e lavoro non sono due dimensioni separate, anzi, è dalla loro sinergia che dipende il benessere delle persone

Il fenomeno della Great resignation (l’ondata di dimissioni che nel 2021 ha interessato dapprima le imprese americane e poi quelle europee, comprese le italiane) rappresenta un indicatore in questo senso: le persone hanno messo il loro benessere al primo posto e lo stesso dovranno fare le aziende se non vorranno perdere talenti e competitività sul mercato.

Anche le modalità di lavoro sono cambiate radicalmente: dal lavoro da remoto ‘forzato’ di inizio pandemia, oggi si è passati a un’organizzazione ibrida tra lavoro in ufficio e Smart working, dalla quale le aziende non potranno più tornare indietro. L’acronimo VUCA (volatility, uncertainty, complexity, ambiguity) introdotto dall’US Army War College dopo la Guerra Fredda oggi è tornato di grande attualità per descrivere lo scenario in cui stiamo vivendo.

Lo confermano i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed, secondo cui il 62% delle persone dichiara di provare preoccupazione all’idea di “tornare alla normalità”. Il 69% dei dipendenti si aspetta che, per favorire il rientro in ufficio, la propria azienda dia spazio ai pensieri e agli stati d’animo, mentre il 68% ritiene che il manager ideale debba avere la dote dell’ascolto.

Oggi più che mai, le aziende sono chiamate a rispondere ai bisogni delle loro persone in termini di conciliazione vita-lavoro, employee satisfaction ed engagement. La sostenibilità e la produttività delle imprese passano anche da azioni mirate di welfare con l’obiettivo di aumentare il benessere e il coinvolgimento dei dipendenti, i quali potranno scoprire nuovi modi di prendersi cura di sé.

Dunque, wellbeing ed engagement saranno sempre più centrali nelle strategie aziendali, soprattutto nella fase di rientro graduale in ufficio dopo il lungo periodo di pandemia che ha aumentato i livelli di stress e incertezza.

Tutte le esperienze di vita contano

Solo sentendosi riconosciute come persone nella loro interezza, non parzialmente come professionisti, le persone possono stare meglio anche sul lavoro. D’altra parte, le esperienze della vita privata sono un’occasione di sviluppo di competenze trasferibili nella sfera professionale e rappresentano una vera e propria palestra per allenare quelle soft skill così utili in tutti i nostri ruoli di vita, compresi quelli lavorativi. 

Per esempio, la genitorialità può essere una straordinaria leva di crescita professionale. La relazione quotidiana, sfidante e coinvolgente con i figli è una palestra unica per migliorare competenze relazionali, organizzative e dell’innovazione. Anche i dipendenti caregiver sono una risorsa preziosa per le aziende. Prendersi cura di una persona cara è un’occasione di sviluppo di competenze come capacità di ascolto, gestione dello stress e orientamento al risultato (solo per citarne alcune) trasferibili nella sfera lavorativa.

Investire sul benessere delle persone è quindi una grande sfida – ma anche una grande opportunità – per la Direzione HR delle aziende che può vincere tale sfida solo riuscendo a vedere le persone nella loro interezza. Non bisogna dimenticarsi che la vita è una maestra: le aziende che sapranno valorizzare le esperienze di vita delle persone, facendone delle palestre eccezionali di lifelong learning, saranno le protagoniste del futuro.

Quella del benessere è solo una delle sfide principali della Direzione Risorse Umane. Nel whitepaper Sfide e soluzioni per l’HR nel post pandemia realizzato da Lifeed, la funzione HR può trovare tutti gli spunti di riflessione per trasformare questa fase di incertezza in un’occasione di crescita per le persone e per l’azienda.

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Oggi la sostenibilità è sempre più prioritaria nell’agenda delle aziende. Per realizzarla, non possiamo più scegliere tra benessere e sviluppo. Solo se smettiamo di vedere un trade-off tra queste due componenti (che possono invece alimentarsi a vicenda) è possibile consentire davvero alle persone di sentirsi “viste” e “trattate” nella loro interezza dalle loro aziende, farle stare meglio e ‘collegarle’ agli obiettivi aziendali.

Quando si parla di Human sustainability, è necessario riconoscere che gli esseri umani sono diversi, sfaccettati, in continuo cambiamento e quindi potenzialmente in continuo apprendimento, con capacità naturali di adattamento alle trasformazioni nel tempo. Ma queste caratteristiche possono essere valorizzate solo se le aziende sanno allargare le loro mappe e vedere le persone in modo diverso, nella loro interezza, con curiosità, coraggio e cura: tutte parole che hanno alla loro radice “cuore”.

Ne ha parlato Riccarda Zezza, CEO di Lifeed, nell’ambito del Forum Sostenibilità 2021 organizzato da Comunicazione Italiana, a cui hanno partecipato manager di alcune importanti aziende.

Come affermato da Marshall Goldsmith, esperto di fama mondiale nella formazione dei dirigenti d’azienda, ciò che ci portati fin qui non ci porterà nella prossima era. I vecchi sistemi non sono più adeguati ai nuovi modi di lavorare. Non c’è alternativa al fatto di saper guardare le persone in modo diverso, altrimenti si perdono quote di mercato: la scelta tra benessere e sviluppo e tra vita e lavoro non è mai stata sostenibile e la pandemia lo ha reso ancora più evidente.

Impariamo ad ascoltare in modo diverso

Tra le attività principali di chi fa HR oggi ci sono quelle di favorire le pari opportunità, la meritocrazia, il work-life balance e il benessere psico-fisico delle persone. Secondo Giovanni Airoldi, HR Manager di Acea Holding, l’ascolto continuo è la capacità che gli HR dovranno avere, nell’ambito di un cambiamento culturale e dei modelli di leadership.

Un nuovo ascolto può essere possibile anche grazie alla potenza del digitale, che permette alle persone di narrare se stesse in modo diverso e alle aziende di ascoltarle in modo più profondo (senza i pregiudizi tipici della sintesi). Così è possibile realizzare l’HR footprint, l’impronta che la Direzione Risorse Umane può lasciare sulla gestione delle persone e sul futuro dell’azienda.

La sostenibilità è anche una questione di innovazione tecnologica legata ai comportamenti delle persone. Per Enrico Martines, Direttore Formazione, Sviluppo e Innovazione Sociale Hewlett Packard Enterprise, ciò si concretizza nel passaggio da un modello di economia lineare a quello di economia circolare, dove l’utilizzo della tecnologia è pay-per-use (a consumo) e permette un importante risparmio di risorse. Martines sottolinea inoltre l’importanza di valorizzare il work-life balance (e in particolare la genitorialità), perché se le persone stanno bene in famiglia ciò viene trasferito anche sul lavoro.

Una nuova leadership per le aziende

Per Michelangelo Ceresani, VP of Human Resources & Organization Capgemini Italia, oggi è necessario un lavoro profondo sulle competenze di leadership e ascolto delle persone: questa è la chiave di volta per far funzionare le nuove organizzazioni mentre riflettono su come rendere sostenibile un nuovo modello lavorativo basato su una gestione diversa dello spazio e del tempo.

Sugli effetti dei nuovi modelli organizzativi sulla produttività delle aziende si concentra anche Claudio Varani, Head of Compensation System & Benefit Gruppo TIM – Telecom Italia, secondo cui bisogna trovare una sintesi tra il modello normativo e quello lavorativo per garantire la sostenibilità nel tempo.

Quali leader dovranno accompagnare l’esecuzione della strategia di Human sustainability? Secondo Claudio Mennini, Chief Revenue Officer Giunti Psychometrics, le aziende oggi hanno bisogno di una leadership inclusiva e diversificata, che tenga insieme l’umanità e la competitività.

Infine è importante considerare che i lavoratori, specialmente i giovani talenti, si aspettano che le aziende siano responsabili e sceglieranno (a parità di offerta) le aziende portatrici di valori di sostenibilità. Come ricorda Gianluca Bonacchi, Evangelist, Employer Insights Indeed, la felicità sul lavoro è sempre più centrale in questa trasformazione e si fonda su azioni concrete di inclusione e coinvolgimento delle persone.

L’Onu si è prefissata 17 obiettivi di sviluppo sostenibile nell’Agenda 2030. Anche l’Italia fa la sua parte, attraverso un’apposita Strategia nazionale. Ma per arrivare a una sostenibilità globale, occorre partire da quella dei singoli. Le aziende (e in particolare le Direzioni HR) hanno, in questo senso, un ruolo fondamentale.

Come hanno dimostrato John W. Boudreau e Peter M. Ramstad in uno studio del 2005 intitolato Talentship, talent segmentation, and sustainability: A new HR decision science paradigm for a new strategy definition, comparso nella rivista Human Resource Management, le organizzazioni hanno davanti a sé due sfide importanti: quella di attirare (e trattenere) i talenti e quella di riuscire a rendere coerenti gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali.

Per vincerle, il primo passo è quello di armonizzare ciò che le aziende promuovono e mostrano all’esterno con quello che fanno per (e con) i propri dipendenti. Sono due aspetti che devono necessariamente convivere: l’allineamento tra gli obiettivi interni ed esterni consente il buon funzionamento e, dunque, il successo di un’impresa.

La complessità è potenziale che genera valore

Nelle agende delle aziende, dunque, ha sempre più rilevanza il concetto di Human sustainability, cioè l’insieme di azioni con cui l’azienda, per la sua crescita, punta sulla formazione delle sue persone, sul loro benessere, sull’inclusione e sull’engagement. Per attuarla, gioca un ruolo centrale la Direzione HR, che ha il compito di mantenere ogni giorno la coerenza tra ciò che l’azienda è e ciò che mostra di sé.

Non solo: le aziende possono sviluppare la capacità di vedere le proprie persone nella loro interezza e complessità. Quest’ultima è potenziale che genera valore: è il momento di superare il concetto di equilibrio vita-lavoro, per adottare una visione di sinergia vita-lavoro. Infatti, la vita personale e professionale non confliggono e non si contrappongono: siamo le stesse persone a casa e in ufficio, mentre ci relazioniamo con figli, amici, genitori, capi o colleghi.

Non portiamo con noi, dietro la scrivania, solo un pezzetto di ciò che siamo e delle nostre competenze: non smettiamo di essere madri, padri, figli, fratelli, amici quando chiudiamo la porta dell’ufficio. Anzi, queste nostre diverse sfere di vita si rafforzano a vicenda.

Ecco perché le aziende possono mettere in atto programmi, progetti e iniziative a tutela e valorizzazione delle proprie persone, realizzando concretamente la Human sustainability e mettendo in pratica la nozione di HR footprint, riguardante l’impatto concreto delle aziende sulle risorse umane, l’impronta della Direzione HR sul futuro dell’impresa.

Ma cosa significa oggi progettare processi e pratiche HR nel rispetto dei principi della sostenibilità? Senz’altro occorre valorizzare l’equità, lo sviluppo e il benessere, a partire dal proprio interno, diffondendo i valori della sostenibilità tra la cultura, i comportamenti e le pratiche aziendali. Questo rafforza le competenze, la motivazione e la produttività delle persone (misurabili con un’apposita attività di People Analytics), che sono fondamentali affinché l’impresa possa ottenere buoni risultati economici, sociali e ambientali.

Ogni persona porta con sé una ricchezza 

Questo modo nuovo di guardare al capitale umano, richiamato dai concetti di Human Sustainability e HR footprint, ha un forte impatto sul benessere organizzativo e anche sui profitti. Infatti, mettere a frutto le competenze delle persone, il ‘bagaglio’ che si portano dietro nella propria interezza, non limitandolo a quanto emerge nel singolo ruolo, permette una realizzazione professionale e personale che ha ricadute positive su tutto il sistema-impresa.

Sono le transizioni di vita il motore di crescita e sviluppo costante delle persone. Ecco perché non dobbiamo temere i cambiamenti nel tempo: anche le imprese possono a trarne beneficio, capitalizzando le esperienze e i talenti delle loro persone e ottenendo maggiori livelli di motivazione, benessere, coinvolgimento, efficacia. Questi sono gli elementi che contribuiscono alla crescita sostenibile dell’azienda e alla sua creazione di valore.