Milano, 20 novembre 2024 – Comprendere la rilevanza della valorizzazione delle competenze e del potenziale delle persone, con un focus specifico sulle abilità, conoscenze e ruoli agiti nella vita quotidiana, potenzialmente preziosi per le organizzazioni.
Questo l’obiettivo della ricerca condotta dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, in collaborazione con Lifeed, che è stata presentata oggi all’HR Forum da Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice e Chiara Bacilieri, Head of Innovation di Lifeed.

Le sfide prioritarie della Direzione HR

Negli ultimi anni, soprattutto nel periodo del post Covid, ha assunto sempre più rilevanza il tema del malessere psicologico legato al lavoro: per molte persone oggi non è più accettabile sacrificare il proprio benessere psico-fisico per la propria professione.
Lo confermano i dati della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice, dalla quale emerge che il 42% del campione (percentuale leggermente inferiore a quella registrata nel periodo pandemico) ha cambiato lavoro quest’anno o ha intenzione di farlo nel prossimo futuro. E, per il 36% di loro, il motivo riguarda proprio il benessere psico-fisico.
Questo dato è strettamente collegato a quello delle persone che si dicono “pienamente ingaggiate al lavoro” (al 19% del 2024, rispetto al 26% del) e alla percentuale (12%) di chi si dice affetto da Quiet Quitting.
Questo malessere è reso evidente anche dalle organizzazioni. L’88% di loro ha percepito difficoltà nell’assumere nuovo personale: il 54% ha affermato che il numero dei rifiuti delle offerte di lavoro o dei candidati che si ritirano dal processo di selezione è aumentato e il 17% che i nuovi assunti cambiano lavoro dopo pochi mesi dall’assunzione.
La percentuale di persone che desiderano cambiare lavoro, i bassi livelli di engagement e la difficoltà delle aziende ad essere attrattive sono segnali di malessere del mercato del lavoro. Quello che si sta delineando è un disallineamento tra ciò che le persone vogliono, e si aspettano, e ciò invece che le organizzazioni offrono. Per colmare questo gap è necessario lavorare su nuovi modi per valorizzare le persone, anche nei talenti nascosti, ridando loro motivazione e energia ha commentato Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano.

Lo sviluppo dell’impiegabilità e la valorizzazione delle competenze

Uno degli obiettivi prioritari della Direzione HR, rilevato attraverso la Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice, è la riqualificazione della forza lavoro.

Tuttavia, nel campione di Direzioni HR della Ricerca, appena poco più di un quarto dei rispondenti ha piena consapevolezza di come evolveranno le competenze nel breve-medio termine e, conseguentemente, formalizza una strategia per acquisirle e/o svilupparle. La mancanza di un’analisi preliminare di quelle che saranno le competenze chiave in futuro limita la presenza di iniziative a supporto del loro sviluppo e dell’impiegabilità delle persone: attualmente solo il 24% del campione mette in atto azioni che supportano l’occupabilità futura delle proprie persone, a cui si aggiunge il 12% che lo farà nei prossimi mesi. 

L’insufficienza degli sforzi in ottica di impiegabilità e riqualificazione è testimoniata anche dai lavoratori, il cui tema si fa per loro sempre più rilevante. Mentre solo il 30% del campione percepisce di essere pienamente impiegabile, il 64% ha dichiarato che l’acquisizione di competenze e le iniziative a supporto dell’impiegabilità sono elementi fondamentali o molto rilevanti nella scelta di un nuovo lavoro.

La rilevanza delle soft skill 

Da qualche anno hanno assunto sempre più rilevanza sul lavoro le competenze soft, che fanno la differenza nelle relazioni interpersonali, nel lavoro di squadra, nella capacità di adattarsi e innovare, nonché nell’organizzarsi in modo efficace in un contesto di continuo cambiamento.

A differenza di quanto accade per le competenze hard, le competenze soft sono molto spesso legate agli aspetti attitudinali del carattere delle persone e possono essere assimilate in contesti molto diversi tra loro, anche extralavorativi. 

Le ricerche condotte da Lifeed su oltre 10.000 persone dimostrano che la maggior parte – tra il 60% e il 70% – delle competenze soft si sviluppano e si utilizzano principalmente al di fuori del contesto lavorativo, in ruoli ed esperienze di vita personale: essere figli, genitori, amici, coltivare hobby e passioni, vivere cambiamenti significativi.

“La capacità di trasferire competenze da un ambito all’altro, da un ruolo all’altro, è una risorsa straordinaria e rara, una vera e propria abilità superiore, che in Lifeed abbiamo chiamato ‘transilienza‘. Ma come possiamo sfruttare al meglio questa straordinaria qualità? la risposta sta nella consapevolezza: è fondamentale diventare consapevoli dei diversi ruoli che ricopriamo nella vita, riconoscendo cosa ci rende davvero efficaci in ciascuno di essi. I benefici di questo approccio sono straordinari, soprattutto quando pensiamo a come trasferire competenze tra la sfera personale e quella lavorativa: il 71% delle persone ha iniziato ad utilizzare sul lavoro competenze che non sapeva nemmeno di possedere; il 90% si è sentito più equilibrato e consapevole delle proprie risorse, riuscendo a conciliare meglio vita privata e professionale; l’86% si sente più coinvolto e libero di portare al lavoro altre parti di sé” ha affermato Chiara Bacilieri, Head of Innovation di Lifeed.

Identificare i ruoli che le persone ricoprono al di fuori del lavoro permette di evidenziarle, creando nuove risorse per l’azienda ma dalla Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice è emerso che solo un quarto delle Direzioni HR oggi prevede degli assessment per monitorare e mappare le competenze nascoste dei propri collaboratori.

Anche la ricerca sui lavoratori svolta dall’Osservatorio evidenzia che le persone riescono ancora poco a mettere al servizio dell’organizzazione competenze e ruoli appresi in contesti diversi da quello lavorativo (solo il 14%). Le ragioni di tale difficoltà sono da ricercare nella cultura organizzativa e nello stile di leadership dei manager. Poi, solo il 9% dei lavoratori concorda pienamente sul fatto che il proprio manager sia in grado di valorizzare il suo potenziale e solo il 6% ha completa fiducia nella capacità dell’organizzazione di farlo.

Nel mercato del lavoro di oggi, le aziende si trovano di fronte a una realtà unica: 4 generazioni lavorano fianco a fianco, ognuna con caratteristiche, aspettative e prospettive diverse. Questo scenario, caratterizzato da un rapido cambiamento e differenze mai così distinte, presenta sfide significative per la gestione delle risorse umane. 

Ne hanno discusso alcuni esponenti del mondo HR durante il digital talk di Lifeed “Generazioni al lavoro: come promuovere la diversità”, con la moderazione di Martina Borsato, Responsabile Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed.

Paolo Staffieri, Head of Human Capital BNL BNP Paribas, e Silvia Vertemara, Senior HR Business Partner Grünenthal Italia, hanno sottolineato l’importanza di gestire in modo strategico le diverse generazioni presenti in azienda, fornendo loro gli strumenti adatti per collaborare in modo efficace e produttivo

Per i junior abbiamo una sfida di attraction, guardando al cambiamento generazionale, per questo aggiorniamo costantemente la nostra value proposition. Per i senior la sfida è di ingaggio e reskilling. La sfida principale è l’integrazione tra le generazioni e far sentire tutti inclusi all’interno dell’azienda

Paolo Staffieri, Head of Human Capital BNL BNP Paribas

Abbiamo uno stabilimento produttivo in cui l’età media dei reparti varia molto. Utilizziamo l’ascolto attivo con una chiave di lettura anagrafica, diamo spazio ad azioni dinamiche e attente per alimentare nuove idee. Ci impegniamo per una cultura aziendale inclusiva che metta al centro le persone

Silvia Vertemara, Senior HR Business Partner Grünenthal Italia

L’impatto di Lifeed

I rischi legati a una gestione inadeguata delle generazioni in azienda sono significativi: aumento del turnover, calo della produttività e difficoltà nell’attrarre nuovi talenti

Tuttavia, trasformare queste sfide in opportunità è possibile. Secondo i dati dell’Impact Report 2024 di Lifeed, presentati da Benedetta Di Cesare, Research & Innovation Analyst di Lifeed, quando le persone vengono valorizzate per tutte le loro dimensioni di vita, si registra un aumento della retention, dell’engagement e della produttività. Un ambiente lavorativo che tiene conto del benessere dei dipendenti ha un’influenza positiva sulla loro permanenza in azienda.

Oggi il mondo del lavoro è caratterizzato da grandi trasformazioni: da un lato l’Intelligenza Artificiale è sempre più presente nelle organizzazioni; dall’altro le giovani generazioni manifestano nuovi bisogni in termini di valori, aspirazioni e sviluppo dei talenti.

Come è possibile accompagnare questi cambiamenti nelle aziende per far emergere la differenza dell’umano e garantire la sostenibilità sociale dell’impresa nel tempo?

Il futuro del lavoro dipende da quanto le aziende saranno in grado di far emergere le competenze umane. Ma dove si trovano e quali sono?

La direzione HR può attivare tutto il potenziale delle persone

Il 70% delle competenze delle persone risiede nell’area della vita privata (fonte dati: Osservatorio vita-lavoro di Lifeed): un potenziale che rischia di essere sprecato in ambito lavorativo, se non viene visto e attivato dalle imprese, in particolare dalla Direzione HR.

Scopri nella checklist le 5 competenze trasversali che appartengono agli esseri umani e che sono insostituibili nel mondo moderno, da valorizzare all’interno delle aziende per favorire la sostenibilità umana.

Oggi nel mondo del lavoro, fenomeni come Grandi dimissioni e Quiet quitting rappresentano le conseguenze della ‘rottura’ del patto tra persone e aziende. Per far tornare le persone a sentirsi più vicine al loro lavoro, le imprese sono chiamate a incentrare la loro strategia HR su azioni che favoriscono il benessere, la retention, l’inclusione e lo sviluppo di competenze. Ma come è possibile realizzare concretamente la sostenibilità umana in azienda? Ne parliamo con Chiara Bacilieri, Head of Research & Innovation di Lifeed.

Chiara Bacilieri, Head of Research & Innovation di Lifeed

Come è possibile vincere queste sfide prioritarie per le aziende e gli HR manager?

Innanzitutto è necessario saper vedere e valorizzare tutto il potenziale delle persone: non solo le competenze che stanno già usando sul lavoro, ma anche i loro talenti “nascosti”. Secondo i risultati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed, le persone usano sul lavoro solo il 30-40% del loro potenziale, in termini di competenze ‘soft’. Il restante 60-70%, sviluppato nelle esperienze e nei ruoli di vita personali, resta spesso nascosto e rischia così di essere sprecato. E quando le persone non si sentono valorizzate per tutto ciò che sono e hanno da dare, è più probabile che vadano via.

Fatte queste premesse, come è possibile favorire benessere, inclusione e sviluppo di competenze?

Vedendo le persone meglio e di più di quanto sia mai stato fatto prima. Valorizzando sul lavoro le risorse che le persone hanno e usano anche fuori dal lavoro, nei ruoli personali e familiari. Per farlo, abbiamo creato una soluzione rivoluzionaria che permette all’azienda di scoprire, misurare e attivare sul lavoro tutto il potenziale delle persone e dei team: Lifeed Radar.

Cos’è Lifeed Radar?

Lifeed Radar è una soluzione digitale di sviluppo basata sulla metodologia di apprendimento proprietaria di Lifeed, il Life Based Learning, che poggia su teorie e ricerche scientifiche e psicologiche. Questa soluzione unica al mondo rivela e attiva tutto il potenziale delle persone per migliorare il benessere, accrescere le competenze e favorire l’inclusione in azienda.

Quali sono i vantaggi per le persone?

Grazie a Lifeed Radar, le persone diventano più consapevoli di sé e di tutte le risorse che hanno, dentro e fuori dal lavoro, quindi si sentono più forti e capaci sia nella vita lavorativa sia in quella privata. Tutto ciò ha un impatto diretto sul loro benessere e la loro efficacia. Lifeed Radar consente inoltre alle persone di scoprire quali competenze stanno usando in alcuni ruoli e non ancora in altri, per poi invitarle a trasferirle anche in nuovi ruoli, per esempio dalla sfera familiare a quella lavorativa.

Quali sono i vantaggi per le aziende e per i team leader?

Le aziende ne beneficiano in termini di coinvolgimento, benessere, empowerment e crescita delle persone – perché scoprono come attivare sul lavoro il loro “pieno potenziale”. Dando un messaggio importante di attenzione e di cura, le organizzazioni hanno più leve per motivare e trattenere le persone. Inoltre hanno a disposizione un report che restituisce la mappa completa delle soft skill presenti nei ruoli personali e lavorativi, possono misurare quante sono e dove si trovano e possono attivarle sul lavoro quando serve. Se usato a livello di team, Lifeed Radar diventa un efficace strumento manageriale di conoscenza, team building, engagement e sviluppo della leadership

Qual è l’impatto sugli obiettivi di sostenibilità delle aziende?

I risultati di Lifeed Radar hanno un impatto positivo sulla cultura aziendale e sull’employer branding, sia a livello dell’intera azienda sia a livello di team, e possono essere utilizzati per la misurazione dell’impatto ESG. Ricevendo dati da utilizzare per i report di sostenibilità, gli HR manager e i people manager possono contribuire attivamente alla crescita delle aziende e alla strategia di sviluppo del capitale umano, con vantaggi anche in termini di attrazione dei giovani talenti e di retention di tutte le persone.

Dopo l’arrivo della pandemia, il fenomeno del parental burnout è sempre più diffuso. Oltre 52mila mamme e papà hanno dato le dimissioni in un anno in Italia (Dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro sul 2021). Un tesoro sprecato di energia, competenze e talenti per le aziende.

Il work-life balance rappresenta una corsa a ostacoli quotidiana per i genitori, alla continua ricerca di un equilibrio tra gli impegni della vita privata e quelli professionali.

Ma oggi le organizzazioni possono vedere e usare i talenti che i propri dipendenti genitori allenano ogni giorno prendendosi cura dei figli. In questo modo, le aziende migliorano benessere, engagement e produttività delle persone.

Come è possibile, dunque, attivare tutte le competenze soft di mamme e papà in azienda? Scoprilo nel whitepaper di Lifeed “Genitori, talenti al lavoro”.