26 Febbraio 2021
La pandemia ci ha fatto sperimentare una transizione di portata globale. Questa trasformazione si è aggiunta in modo dirompente agli altri cambiamenti della vita privata e professionale delle persone. In ambito aziendale, per esempio, le operazioni di fusione e acquisizione (Merger and acquisition, M&A) rappresentano vere e proprie transizioni organizzative. C’è un filo conduttore che collega tutte le transizioni, più grandi e più piccole, di vita e di lavoro: la necessità delle persone di essere ascoltate e di contribuire attivamente alle potenziali opportunità di sviluppo future.
L’ascolto è emerso con forza come azione fondamentale per gestire le transizioni dall’evento Come ridisegnare la cultura organizzativa e il purpose aziendale post integrazione organizzato da HRC, a cui ha partecipato anche Riccarda Zezza, CEO di Lifeed.
Nel corso dei cambiamenti c’è una lunga ‘terra di mezzo’ tra quel che si era e quel che si sarà, che nella scienza delle transizioni si chiama ‘zona neutra’: è qui che si può fare la differenza tra la creazione di una cultura organizzativa e di un nuovo purpose aziendale di successo e un lungo periodo di incertezza e confusione. Nelle transizioni ciò dipende dal modo in cui le persone di sentono viste nella loro identità.
“Ascolto, comunicazione e coinvolgimento sono i tre fattori chiave per tradurre la vision in purpose”, afferma Lea Tarchioni, Head of Pople & Organization Country Italy di Enel. “I nostri valori sono nati proprio dall’ascolto delle persone, che ci hanno chiesto di aprirci e di essere partecipi del cambiamento, quindi abbiamo sviluppato una filosofia ‘open power’. C’è bisogno di aprirsi al confronto, allo scambio di idee e di maggiore coinvolgimento a tutti i livelli nelle scelte”.
Nelle transizioni, infatti, le persone hanno bisogno di essere ascoltate e di fare un proprio punto mappa. Sono proprio la vicinanza e l’ascolto a far crescere l’engagement e il benessere.
Ma come è possibile ascoltare davvero? I focus group vanno in profondità ma non possono coinvolgere tutti, le domande chiuse delle survey possono limitare la ricchezza di quanto fanno emergere: sono strumenti appartenenti a una visione delle Risorse Umane pre-pandemia. E non si tratta di rispondere ai bisogni delle persone con la creazione di stanze ad hoc dove vederle, ascoltarle e farle stare bene.
Oggi la Direzione HR delle aziende ha a disposizione sufficiente conoscenza e tecnologia per effettuare un ‘ascolto mentre’: invece di pensare a nuovi luoghi per dedicarsi a questa attività, si può ascoltare le persone mentre si occupano di altro.
Secondo Marina Famiglietti, Head of HR di Borsa Italiana, “lo sforzo dell’HR deve andare verso un ascolto reale, anche se magari ciò consente di raggiungere meno persone rispetto alle survey, che spesso vengono viste dai dipendenti delle aziende come un finto ascolto”.
Ma non occorre scegliere tra molti e pochi: ascolto reale e benessere possono essere integrati in altre attività che già coinvolgono le persone, per esempio progetti di formazione, engagement, diversity o cultura, attraverso i percorsi di autoriflessione digitali Lifeed, che avvengono insieme al resto.
D’altra parte, oggi siamo tutti interconnessi. Attraverso appositi moduli digitali a domande aperte che stimolano riflessioni e autonarrazioni, è possibile ascoltare davvero le persone, senza ‘obbligarle’ a rispondere a sondaggi che creano cornici e bias. Così si possono generare contenuti che vanno ad arricchire la cultura aziendale e, allo stesso tempo, fanno sentire meglio le persone.
Si tratta quindi di innestare nell’organizzazione la possibilità di vedere le persone, ascoltarle e dare loro modo di contribuire mentre lavorano e mentre la nuova cultura aziendale si forma, perché si forma con loro, attraverso il loro modo di lavorare.
In questo senso, secondo Fausto Fusco, Direttore Risorse Umane del Gruppo Bip, “l’azienda deve capire chi vuole essere e coinvolgere la ‘pancia’ della popolazione aziendale. In Bip, per esempio, abbiamo creato nuovi percorsi di induction per i neoassunti per farli sentire davvero seguiti e ascoltati, a lungo”.
Certamente l’ascolto non deve essere fine a se stesso. “Deve avere uno scopo preciso per portare risultati tangibili”, sostiene Fabrizio Rauso, Director People, Organization and Digital eXperience di Sogei. “E il purpose deve essere ‘azionabile’, cioè deve trovare concretezza ogni giorno nell’attività delle persone”.
Purpose azionabile e motivazione possono nascere da un contesto dove le esperienze delle persone, ascoltate a valorizzate, arricchiscono la narrazione collettiva dell’azienda e le rendono co-autrici della cultura e della definizione del purpose, in quella che Ester Cadau, International HR Audit M&A, PAI-PMI Director di Groupe Atlantic definisce una vera e propria “visione filosofica delle risorse umane”.
Nei prossimi mesi parteciperemo anche ad altri HRD Square: non perdere gli appuntamenti in agenda!
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