29 Marzo 2019
Sappiamo quanto la diversity sia importante per il business. Sono numerosi gli studi volti a dimostrarne il valore economico per le aziende. Secondo il McKinsey Global Institute, ad esempio:
Un ambiente lavorativo caratterizzato da un alto tasso di diversity produce risultati migliori non solo in termini economico-finanziari, ma anche nel creare innovazione, crescita, sviluppo tecnologico. Una forza lavoro “diversa” per presenza di donne, differenti etnie e nazionalità, persone LGBT, disabili, contribuisce a ridurre il turnover e a trattenere i migliori talenti, incoraggia la partecipazione dei dipendenti, ed è una leva di employer branding. Offre, inoltre, un significativo vantaggio competitivo agli occhi del mercato, poiché amplia il pubblico di riferimento, alimentando l’interesse da parte di diverse tipologie di utenti finali.
Tuttavia, permane ancora un divario tra l’ormai noto riconoscimento del suo valore e l’adozione di pratiche e comportamenti che ne consentono l’effettiva “inclusione” nelle aziende.
“La diversity è un dato di fatto. L’inclusion è una scelta”. Si apre così, con l’intervento di Igor Suran, Presidente di Parks – Liberi e Uguali, l’evento “The Return on Investment on Diversity & Inclusion” tenutosi lo scorso 22 marzo 2019 a Milano e organizzato da AlixPartners, società internazionale di consulenza, in collaborazione con Parks Liberi e Uguali, associazione senza scopo di lucro che aiuta le aziende a comprendere e realizzare al massimo le potenzialità di business legate allo sviluppo di buone pratiche di diversity. Una tavola rotonda che ha affrontano le diverse opportunità generate della diversity, moderata da Piero Masera, Managing Director AlixPartners Italia con le testimonianze di:
“Diversity & Inclusion”, due parole apparentemente simili e sempre accostate tra loro, al punto da essere sintetizzate con l’acronimo “D&I”, in realtà esprimono due scenari così diversi. Nei contesti lavorativi, “diversity” è “la rappresentanza delle minoranze” che, in assenza di un impegno concreto di “inclusion”, non può realizzare quelle connessioni cruciali di cui abbiamo appena parlato, che generano valore.
La diversity è un dato di fatto, l’inclusion è una scelta. Solo attraverso l’inclusione, la diversità diventa un valore.
Igor Suran, Presidente di Parks Liberi e Uguali
Ricerche internazionali rivelano che, a fronte di una quasi totalità di grandi aziende (il 96-98%) che hanno implementato programmi di D&I, solo un quarto dei dipendenti appartenenti alle categorie sottorappresentate sente di averne realmente tratto beneficio.
Ma quali sono le caratteristiche di un programma vincente di Diversity & Inclusion? L’evento, ricco di emozioni grazie alle testimonianze personali dei relatori coinvolti, ce ne ha presentate almeno tre.
Autenticità. “Non riconoscere la diversità nelle aziende significa costringere le persone a vivere per metà delle proprie vite un ruolo che non le esprime appieno”. Spiega così Piero Masera, Managing Director di Alix Partners Italy, la necessità di creare ambienti lavorativi inclusivi delle peculiarità individuali. Reprimere gli elementi cruciali del proprio essere sul lavoro causa un dispendio di energie che genera stress, con conseguenti perdite di produttività e ingaggio. Al contrario, i dipendenti che possono mostrarsi sul lavoro nella loro veste più autentica, sono il 42% meno propensi a lasciare l’azienda per cui lavorano.
Non riconoscere la diversità nelle aziende significa costringere le persone a vivere per metà delle proprie vite un ruolo che non le esprime appieno.
Piero Masera, Managing Director di AlixPartners Italy
Continuità. Programmi di Diversity & Inclusion non hanno come principale target solo le figure “diverse” in azienda, ma tutti i dipendenti ne devono essere coinvolti e accompagnati a conoscere, rispettare, accogliere la diversità come un punto di forza comune, fino a farla diventare un valore imprescindibile per la stessa azienda. Il racconto di Arianna Forzani, manager di IBM, ha offerto un punto di vista profondo non solo sul proprio vissuto personale, ma anche sugli effetti positivi di un lungimirante programma aziendale di D&I. Dal 1995, anno in cui IBM avvia le prime riflessioni sulla necessità di coinvolgere una forza lavoro “diversa”, l’azienda ha visto ai propri vertici crescere del 370% il numero di donne, del 233% delle minoranze etniche, del 733% di persone dichiaratamente LGBT e più del triplo il numero di disabili. Con i risultati economici che tutti conosciamo.
Esplosività. “La diversità non si fa includere. La diversità è esplosiva”. Conclude così il suo intervento Riccarda Zezza che, durante l’incontro ha portato il punto di vista di donna, manager e mamma e che, dalla sua personale esperienza ha dato vita a MAAM, programma per la formazione alle soft skill che sta trasformando nelle aziende la visione della maternità in opportunità di crescita professionale. L’inclusion, per offrire i suoi benefici, deve infatti essere concepita come un sistema aperto e personalizzabile, non solo sulla cultura di cui l’azienda è portatrice, ma anche sugli individui coinvolti. Ognuno è diverso a suo modo, e la somma delle tante diversità genera creatività, innovazione, energia.
La diversità non si fa includere. La diversità è esplosiva.
Riccarda Zezza, CEO Life Based Value
Per riconoscerne appieno il valore e la sua carica di opportunità, perché non passare dal concetto limitante di “inclusione” a quello generativo di “esplosione”?