Grazie anche alla spinta data dalla certificazione per la parità di genere, oggi le iniziative di Diversity & Inclusion giocano un ruolo sempre più fondamentale nelle strategie di sviluppo delle aziende. In particolare, accrescere le soft skill delle persone aiuta a raggiungere gli obiettivi di inclusione e parità di genere.

Chiara Bacilieri, Head of Research & Innovation di Lifeed, ne ha parlato nella RoundTable organizzata da Laborability insieme con Michele Riccardi, Direttore Risorse Umane di Edenred Italia ed Elisa Pavanello, socia e avvocata di WI LEGAL.


La Diversity & Inclusion (D&I) non riguarda solo il management e la gestione HR, ma l’intera società che vogliamo abitare. Costruire un’impresa inclusiva significa infatti contribuire alla creazione di una società più inclusiva, con la consapevolezza che siamo tutti diversi e ognuno può portare il suo contributo unico a questa missione collettiva.

La pandemia ha avuto un impatto sulle strategie di D&I delle aziende che, soprattutto in tempo di crisi, sono chiamate a prendersi cura dei propri dipendenti. In che modo le imprese hanno mantenuto il loro impegno su questo versante, nonostante l’effetto covid e le nuove priorità che questo ha comportato? Quali nuove iniziative sono state messe in piedi? Se ne è discusso nel digital talk Promuovere la diversità nella nuova normalità organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Lifeed.

Innanzitutto è importante considerare l’approccio che le aziende hanno alla D&I. “Per valorizzare le differenze è necessario prima vederle: riconoscere cioè le peculiarità che rendono unica ogni persona, in virtù delle esperienze, dei cambiamenti e dei ruoli che sperimenta in ogni dimensione di vita, privata e professionale, spiega Chiara Bacilieri, Head of Data di Lifeed. Diversità è quindi valorizzazione delle caratteristiche uniche del singolo all’interno di un team eterogeneo che “può essere più efficace se le persone sanno apprendere dalle reciproche differenze e peculiarità”.

Tutto ciò si traduce nel “role enrichment” delle persone che possono trasferire competenze soft tra ruoli ed esperienze di vita e lavoro (la genitorialità, il caregiving, la pandemia, un divorzio, un trasloco, un cambiamento professionale). Inoltre, da un’analisi di Lifeed sulle emozioni e i desideri legati ai nostri spazi di vita sono emersi i principali valori in cui le persone si rispecchiano e a cui aspirano per il futuro, che toccano anche le nuove modalità di lavoro e di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa: il rispetto, l’inclusione e la valorizzazione del singolo. Indicazioni, queste, fondamentali per le strategie di D&I delle aziende.

Tutti hanno un talento per portare valore aggiunto 

La D&I si può anche considerare come “un ingrediente della ricetta’ del benessere organizzativo”, sostiene Alessandra Benevolo, HR Director Italy & HR Cluster Head South Europe di Ipsen, azienda farmaceutica certificata dal Winning Women Institute e dal Forum della meritocrazia. Nel considerare il dipendente come un unicum, senza distinzioni tra vita privata e lavorativa, è importante maturare la consapevolezza che “tutti hanno un talento per portare valore aggiunto all’azienda”. Secondo Benevolo, “bisogna saper far parlare tra loro in modo efficace la Diversity e l’Inclusion” che si declinano non solo nelle politiche di gender e nelle percentuali, ma in tutte le diversità e nella pratica quotidiana.

La pandemia ha anche accelerato le iniziative di D&I delle aziende. Nell’esperienza di Lina Donnarumma, Human Capital and Organization Manager dell’Istituto Italiano di Tecnologia, l’inclusione durante l’emergenza covid si è tradotta nella capacità di mantenere attivo l’engagement a distanza delle persone, le quali hanno manifestato la necessità di sentirsi coinvolte”. L’azienda si è quindi dotata di una strategia D&I fondata su quattro pilastri: benessere (prendersi cura delle persone, anche con un supporto psicologico); parità di genere (gender equality plan, parità salariale, wellbeing); cultura della D&I come valore aggiunto (mettere al centro l’autenticità di ognuno); impatto sociale delle politiche sui territori in cui l’azienda è presente.

Se le persone si sentono accolte, lavorano meglio

L’attenzione all’ascolto delle persone in ottica di inclusione è un aspetto sottolineato da Lavinia Lenti, Direttrice Risorse Umane di Sace, secondo cui “la coesione del team è fondamentale per raggiungere gli obiettivi”. Infatti, la D&I è anche un elemento di performance: “Se le persone si sentono accolte, lavorano meglio”. Oltre ai numeri e KPI, l’azienda ha puntato sull’aspetto culturale per sensibilizzare i manager sulle tematiche D&I e sulla collaborazione tra generazioni diverse, avviando un progetto di reverse mentoring tra personale junior e senior, oltre a un progetto di sostegno alla genitorialità in collaborazione con Lifeed.

In un certo senso, la pandemia ha anche ‘aiutato’ i manager a capire meglio le necessità delle persone, come sottolinea Raffaella Maderna, People & Communication Director di Lundbeck Italia, dove la diversità di genere è sintetizzata dai numeri, con il 58% della popolazione aziendale rappresentato da donne. “Lavoriamo per promuovere comportamenti virtuosi su aspetti come la violenza sulle donne e la salute mentale. Con la crisi abbiamo accelerato le nostre azioni di People care per comprendere le problematiche delle persone e favorire la loro salute mentale, perché la persona va ascoltata e capita”.

La D&I passa anche dal rispetto delle culture 

Sull’importanza dell’ascolto come leva delle iniziative di D&I concorda Gessica Perego, Global HRBP Information Services & Regional HR Director South Europe, Middle East & Africa di Coface Assicurazioni.La D&I non va divisa in ‘silos’, ma significa ascoltare di più i bisogni delle persone”. Perego sottolinea poi l’aspetto della multiculturalità: “Lavoriamo con tante culture diverse e, nel periodo della pandemia e del remote working, abbiamo imparato ad ascoltare di più le persone, capendo per esempio che in certe culture le persone preferivano stare in ufficio invece di lavorare da casa”. Un concetto più ampio legato alla D&I riguarda quindi il rispetto degli altri nelle loro culture e situazioni.

Con la pandemia e lo Smart working sono venute meno alcune barriere tradizionali, per esempio quelle tra uomini e donne nella sfera familiare. Per Luca Miglierina, HR Business Partner e D&I Lead di Sanofi, “l’emergenza in cui ci siamo trovati ha anche dato slancio a iniziative di maggiore inclusione”, che nell’azienda farmaceutica si concentrano su quattro aree principali: gender balance, disabilità, LGBT, Ageing. “A livello global, abbiamo lanciato la strategia ‘All in’ basata su tre pillar: reflect, per riflettere sulle diversità delle comunità in cui operiamo; unleash, per intendere Sanofi come il contesto per sprigionare il proprio potenziale e sentirsi accolti; transform, per avere un’influenza positiva sulla società in cui siamo presenti”.

Infine, ci si può chiedere se sia necessario mettere in campo iniziative ad hoc di D&I. La questione viene posta da Antonella Zaghini, Responsabile CSR, Peace Manager di Guna: “Non abbiamo avuto bisogno di policy, non viviamo la Diversity perché abbiamo sempre un’attenzione all’essere umano senza bisogno di bilanciare le varie componenti della D&I, come il gender o la parità salariale. Con la pandemia, sulle reti esterne abbiamo aiutato chi si è trovato a lavorare da remoto sia a livello psicologico sia organizzativo. Internamente, abbiamo favorito l’uso di device portatili per mantenere il senso di inclusione anche a distanza. L’etica è il nostro punto forte di riferimento”.