Oggi in Italia una donna su cinque esce dal mondo del lavoro dopo la maternità: un dato rimasto quasi invariato negli ultimi 10 anni. In oltre metà dei casi, il motivo riguarda l’inconciliabilità tra esigenze familiari e lavorative. Se scaliamo i vertici delle organizzazioni, una su cinque è anche il rapporto di donne manager.
Due dati diversi, una realtà comune: la Child penalty è l’insieme di penalizzazioni con cui si scontrano le madri lavoratrici, che ancora oggi sono percepite come meno competenti o focalizzate sul lavoro.
Rispetto agli uomini e alle colleghe senza figli, percepiscono salari più bassi e hanno minori probabilità di essere assunte o promosse. Ma ancora prima di volere o poter diventare madri, tutte le donne affrontano questi ostacoli, in misure e tempi differenti.
Troppo, e i costi più alti sono spesso invisibili. Sottovalutare le esperienze di cura delle persone si traduce per le organizzazioni in uno spreco di talenti e in una minore capacità di attraction e retention delle lavoratrici.
Dalle ricerche dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed emerge che, con la nascita di un figlio, il 97% delle donne scopre competenze soft che non sapeva di avere. Le competenze allenate con la cura dei figli rappresentano un potenziale che può essere misurato e portato anche nei ruoli professionali.
In questo whitepaper, troverai due strategie chiave per la tua organizzazione per cambiare la storia di maternità e lavoro e alcune best practice di realtà coraggiose che da anni collaborano con Lifeed.
Il rapporto tra maternità e lavoro è stato anche al centro del digital talk “Maternità e lavoro: quando le aziende fanno sul serio” promosso da Lifeed in occasione della Festa della mamma 2024.
L’evento ha rappresentato l’occasione per scoprire il valore tangibile della genitorialità condivisa in azienda attraverso i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed e le testimonianze di alcune imprese virtuose come GRENKE Italia, Danone e MAgroup che hanno ottenuto da questo approccio un impatto positivo sul business.
La pandemia ha stravolto i nostri ritmi di vita e lavorativi, ma ci ha anche spinto a rivolgere maggiormente lo sguardo verso noi stessi e comprendere le difficoltà quotidiane e i nostri punti di forza, spingendoci a riflettere sul cambiamento socio-culturale che stiamo vivendo.
In particolare, dalle difficoltà che incontrano ancora oggi le madri che lavorano, l’intera società italiana può imparare ciò che le serve per evolvere e diventare più adatta alle persone che siamo diventate.
Questo e altro è emerso dalla Life Ready Conference 2021 virtuale dal titolo Le discese ardite e le risalite organizzata da Lifeed in occasione della Festa della Mamma 2021 con la partnership de Il Sole 24 Ore e AlleyOop, moderato dalla CEO di Lifeed Riccarda Zezza, a cui hanno partecipato sei madri manager di grandi aziende.
A partire dai risultati della survey lanciata da Lifeed, a cui hanno risposto oltre mille persone, la riflessione si è sviluppata attorno alla domanda: “Come hanno reagito alla pandemia le madri che lavorano?”. I dati raccolti hanno disegnato un quadro dove le madri sono emerse più forti, semplicemente perché la capacità di affrontare le trasformazioni risulta un processo già conosciuto dalle donne quando diventano madri e “questo periodo pandemico ha fatto emergere la leadership naturale delle mamme”, ha ricordato Riccarda Zezza.
Alla domanda “Questa transizione ha migliorato le tue capacità di leadership?” rivolta ai neo genitori, il 71% dei partecipanti ha risposto di sì. In particolare, nelle madri la percezione del miglioramento delle proprie capacità di leadership attraverso i propri ruoli di cura è più elevata (74%) e nelle neo mamme raggiunge il 79%.
In questo momento di transizione collettiva globale, la capacità di reazione all’imprevisto delle donne è una attitudine preziosa anche per il mondo aziendale. Da qui la necessità di un cambio di paradigma culturale e sociale che pone al centro un tema fondamentale: una maggiore presenza delle donne in ruoli guida per incidere in un reale cambiamento strutturale nel mondo del lavoro.
La necessità di spostare lo sguardo verso un nuovo baricentro relazionale, in cui la condivisione dei carichi familiari sia percepita in maniera diversa, è sottolineata da Giovanna Della Posta CEO di Invimit: “Sono una mamma che lavora, ma preferisco dire che siamo una famiglia che lavora. Quando si sposta il baricentro sulla famiglia, la capacità di reazione della mamma diventa la capacità di reazione di tutta la famiglia”. Un cambiamento che, per Della Posta, può avvenire lavorando sulla consapevolezza di nuovi traguardi. “Si cambia questo mondo mettendo le donne a guidare e a cambiare questi processi, non bastano le quote rosa. Io incido ogni giorno con una goccia per cambiare questa cultura”.
Una marcia in più: è quella che, secondo Maria Laura Garofalo CEO di Garofaolo Health Care, hanno le donne che durante questa pandemia hanno reagito all’inaspettato con “una maggiore concretezza, coraggio, spirito di sacrificio ed empatia, in maniera pratica a trasversale”. Attitudini necessarie, per Garofalo, non solo per creare un mondo lavorativo diverso, ma utili anche per costruire un Paese più efficiente e produttivo. Un sistema che esclude ancora troppo le donne da posizioni di vertice e in cui esse nonostante le loro qualità non vengono valutate per il loro valore professionale. Un vero cambiamento potrà passare solo “attraverso la consapevolezza posta su tavoli di scambio culturali e attraverso un ordinamento che dovrà porre onore al merito”.
La costruzione di una squadra avviene anche attraverso la condivisione di obiettivi e necessità. Solo chi fa squadra riesce nell’innesco di reali cambiamenti culturali, che “richiedono il contributo consapevole anche di chi è più privilegiato”, sottolinea Angela Paparone HR Lead Italia di Microsoft. Una esortazione a essere un modello positivo per altre generazioni di donne, ma soprattutto di esserci: “Quando ci siamo, dobbiamo dire le cose con coraggio”. Dunque una presenza attiva per generare un cambiare reale perché “dobbiamo essere forti e consapevoli di quello che possiamo contribuire, dare voce a modelli di lavoro che possono aiutare le donne in tante complessità”. Responsabilità sociale, dunque, per incidere sul cambiamento.
Un tema sociale, politico, culturale, per dirigere la nostra economia in una direzione diversa. È per questo che Francesca Polti, Direttrice Generale di Polti Group lancia un invito a tutti gli imprenditori a rivalutare le risorse umane “perché il personale deve essere visto come una vera risorsa al fine di creare una varietà aziendale e comprendere quali sono le competenze che una madre lavoratrice può portare in azienda”. Dunque ripensare a modelli lavorativi ma anche familiari e “una educazione mirata a entrambi i generi”, in cui la responsabilità di presentare modelli positivi coinvolge non solo le donne, perché “il paradigma che dobbiamo rompere è proprio quello di parlare ai papà”.
Polti lancia poi un appello a tutte le madri affinché credano di più in loro stesse, esprimendo le capacità in famiglia come in azienda: “Non abbiate paura di mostrare le vostre qualità e di pretendere che queste vengano riconosciute”. La via da seguire, secondo Polti, è quella dell’antifragilità, intesa come “capacità di crescere, migliorarsi e rafforzarsi, di non temere il cambiamento ma imparare a gestirlo, affrontando il rischio come un’opportunità”.
Lavorare per rompere gli schemi è un processo conosciuto anche da Luisa Todini, Presidente Comitato Leonardo e Green Arrow Capital che, forte della sua esperienza, ribadisce l’importanza di fare squadra con altre donne per creare un percorso comune. “Essere madri e lavoratrici è un Master e anche un Phd insieme, non c’è altra preparazione accademica che possa insegnare e lasciare qualcosa di positivo come l’essere madri”.
La pandemia ha rappresentato per tutti un considerevole stress test, e le donne, soprattutto le madri lavoratrici, “hanno reagito con forza dimostrando una disposizione quasi naturale ad affrontare i cambiamenti che nascono dalle transizioni”. Nel graduale ritorno alla normalità, secondo Todini, serviranno “strumenti strutturali adeguati, anche grazie alle ingenti risorse in arrivo con il Recovery Plan, direzionando i fondi con progettualità, lungimiranza e meno burocrazia”.
La necessità di essere multitasking implica una suddivisione di carico con il proprio partner e una dose di pazienza nei ritmi familiari, ma anche una gestione diversa del tempo che dedichiamo al lavoro. Per Laura Villani Managing Director and Partner di Boston Consulting Group, la pandemia ha rappresentato uno spartiacque sociale che “pur nelle difficoltà, ha portato anche elementi positivi e conferma la capacità reattiva delle donne”, di fronte all’emergenza. Infine, secondo Villani, è necessario rivalutare il valore di un bene prezioso come il tempo: “Mi aspetto, soprattutto per le mie figlie, un mondo in cui esso venga valorizzato meglio e sia data a tutti i l’opportunità di essere leader, cioè qualcuno che sia capace di tirare fuori il buono che c’è nelle persone e dall’ambiente che le circonda”.