Tra i principi fondanti di Caring Company, la community di Lifeed dedicata alle imprese che vogliono fare la differenza nella cura delle persone, c’è la valorizzazione della diversità e unicità intesa come un motore di innovazione. Nello scenario fortemente complesso di oggi, questa tematica è diventata un’urgenza, in particolare all’interno delle aziende che considerano prioritario favorire il benessere organizzativo e la sostenibilità umana.
Di tutto questo abbiamo parlato con Lucia Pellino, Diversity & Inclusion Director di Lavazza Group, che racconta la sua visione e i progetti dell’azienda nell’ambito della sua strategia di inclusione.
I bias e l’ignoranza, intesa come non conoscenza del diverso, rappresentano le grandi barriere allo sviluppo degli individui nelle aziende, con un impatto su chi assumiamo, chi valorizziamo, a chi diamo visibilità, chi premiamo, chi facciamo crescere e a chi diamo potere. Ma queste barriere si possono superare puntando su consapevolezza, informazione e conoscenza. La strada da fare è spesso in salita, perché la nostra mentalità ci vede sempre inclini a preferire ciò che già conosciamo o che è simile a noi, mentre non siamo attratti naturalmente dall’ignoto e da ciò che implica un maggiore impiego di energie e di tempo.
Sì, ma quando il sistema diventa molto complesso, richiede la necessità di trovare soluzioni nuove, innovative, non le solite. Ciò è possibile se includiamo veramente la diversità, se siamo quindi capaci di ascoltare, comprendere e abbracciare punti di vista differenti, esperienze diverse, approcci e metodi diversi. Questo certamente richiede una grande fatica. Come diceva Albert Einstein, “è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.
Si fa con tanta pazienza e coraggio, passo dopo passo, con continua sollecitazione, informazione, sensibilizzazione, ingaggio, formazione e alle volte anche qualche forzatura è necessaria. E a livello individuale, approfondendo la conoscenza della persona molto di più. La superficialità e la fretta non aiutano l’abbattimento dei pregiudizi, anzi li facilitano. Dobbiamo andare in profondità. Si tratta di un processo lungo che richiede a tutti noi di metterci in profonda discussione. Purtroppo questo richiede tempo, come tutto ciò che è sostenibile. Slow Food lo disse forse prima di tutti: è la lentezza che ci salverà!
Nell’ambito dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, Lavazza ha scelto di impegnarsi in particolare su quattro Sustainable Development Goals (SDG) tra cui il numero 5 sulla Parità di genere. Una decisione che si declina non solo nell’attività esterna dell’azienda, ma anche come progetto interno attraverso il programma ‘Gap Free’, lanciato in collaborazione tra i dipartimenti HR e Sustainability, che punta a eliminare tutte le barriere che ostacolano la creazione di un ambiente di lavoro diversificato e inclusivo, per valorizzare l’unicità e l’autenticità di ognuno e per innescare un cambiamento culturale profondo. L’obiettivo del progetto è far sì che ognuno si senta benvenuto e rispettato nella propria unicità per creare valore condiviso. Lo conferma in modo emblematico il fatto che il nostro Manifesto sia stato scritto con la collaborazione diretta delle persone di Lavazza in un’ottica di co-creazione.
Siamo un’azienda familiare, il concetto della famiglia (di qualsiasi tipo) ci è quindi molto caro. Per Lavazza è un valore essere genitore e portare questa esperienza nella vita professionale. Per noi la maternità non è un gap ma, anzi, rappresenta una risorsa. Riteniamo che vadano cancellati certi stereotipi per facilitare un maggior bilanciamento dei carichi e quindi anche valorizzare il ruolo della paternità non come surrogato della maternità. Anche attraverso i percorsi e i webinar di Lifeed, puntiamo a informare e sensibilizzare le persone sul superamento degli stereotipi della genitorialità e sul trasferimento di competenze dalla vita privata al lavoro.
Nell’azione di ascolto che abbiamo fatto all’inizio del programma Gap Free è emerso, soprattutto dalla componente femminile, che la maternità è ancora circondata da molti stereotipi e che rappresenta ancora una potenziale barriera alla partecipazione, ala valorizzazione e al benessere delle donne sul lavoro. Per questo ci stiamo impegnando con azioni e iniziative a sostegno della genitorialità e della cancellazione degli stereotipi e pregiudizi che la circondano. La cura è un nostro carattere distintivo. Insieme a Lifeed abbiamo voluto dimostrare che avere ruoli di cura non è un ostacolo, ma un valore. Lifeed sposa appieno la nostra visione, attraverso i suoi percorsi che permettono alle persone di scoprire quanto le competenze che sviluppano e mettono in pratica a casa possano essere utili anche al lavoro con colleghi e collaboratori.
Lifeed ci ha aiutato ad aumentare la consapevolezza delle persone sul fatto che la cura è una competenza fondamentale da portare sul lavoro. Oggi i nostri collaboratori parlano più spesso di questi temi anche nei confronti dei colleghi, non solo riguardo alla cura dei propri familiari. Sentono di usare meglio le loro energie a casa e sul lavoro e di avere strumenti in più, che danno loro maggiore empowerment. Il beneficio principale è dunque la maggiore consapevolezza del fatto che le competenze allenate nelle esperienze di vita possono essere utili anche sul lavoro.
In particolare, l’83% dei partecipanti di Lavazza ai percorsi Lifeed ha allenato la capacità di analisi e problem solving. L’89% ha sviluppato la propria leadership, mentre il 90% ha migliorato la capacità di collaborare e l’87% ha allenato la propria intelligenza emotiva.
Nell’ambito del progetto Gap Free, lavoriamo su tre filoni per valorizzare l’unicità di ognuno, andando oltre alle tradizionali categorie: il primo ha l’obiettivo di sviluppare una cultura bias free, attraverso apposite attività di formazione, informazione e ingaggio delle persone verso il cambiamento (anche riguardo ai gap generazionali).
Il secondo filone riguarda il modello di lavoro e la diversificazione di opportunità e profili. Le persone saranno presto coinvolte in gruppi di interesse, ERG, guidati dai nostri ambassador, che noi chiamiamo Activator. A livello centrale stiamo lavorando su vari processi HR, ad esempio per cercare di rendere il processo di recruiting meno soggetto a stereotipi e pregiudizi e per portare avanti il nostro programma sulla leadership femminile per creare sempre più role model a cui ispirarsi e diversificare gli stili di leadership all’interno dell’azienda.
Il terzo filone è quello della leadership inclusiva. Da quest’anno abbiamo introdotto i comportamenti inclusivi all’interno del nostro processo di performance, per cui le persone saranno valutate non solo sui risultati, ma anche sun un certo tipo di comportamenti allineati ai nostri valori.
Nel prossimo futuro vogliamo inoltre lavorare sull’intersezionalità. Ci piacerebbe poterlo fare raccontando le storie delle persone. Quando si conosce l’altra persona veramente, la sua storia, con tutte le difficoltà e gli ostacoli, si entra in una dimensione più empatica che fa comprendere e quindi anche apprezzare la sua unicità.