In media circa il 33% dei lavoratori di un’azienda sono padri. Il 57% di loro vorrebbe che la paternità fosse più valorizzata sul posto di lavoro.
Sottovalutare le identità personali dei propri dipendenti si traduce per le organizzazioni in uno spreco di talento e in una minore capacità di retention e di coinvolgimento.
Nei padri c’è molto di “più”, un potenziale che le organizzazioni hanno oggi l’opportunità di vedere e mettere a frutto.
Quali sono i benefici immediati che le aziende possono avere valorizzando la paternità? Scoprilo nel paper di approfondimento.
La proposta di legge presentata alla Camera per un congedo di paternità retribuito a tre mesi (invece degli attuali 10 giorni) ha riacceso i riflettori su un tema che spesso rimane in secondo piano nel dibattito pubblico: la genitorialità è anche una questione maschile e, se condivisa, porta benefici sia ai padri sia alle madri.
Gli ultimi due anni di pandemia e di lavoro da remoto hanno reso ancora più evidente che il diritto alla parità nell’esercizio della genitorialità non è più rinviabile. Lo dimostra l’analisi condotta dall’Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed, secondo cui i padri lavoratori non percepiscono più il ruolo professionale come preponderante nella loro vita: si sentono infatti in primis padri (71%) e solo dopo professionisti (42%).
Come si riflette tutto questo in ambito lavorativo? Come possono le aziende valorizzare le esperienze di vita e le competenze dei loro collaboratori padri? Se ne è discusso nel corso del Caring Company Digital Talk Le competenze dei padri trasferite sul lavoro promosso da Lifeed, attraverso le testimonianze di manager di importanti aziende.
Innanzitutto ci si chiede se oggi la paternità sia visibile nelle aziende. Dall’analisi delle riflessioni dei lavoratori papà partecipanti ai percorsi Lifeed, risulta ancora alta (57%) la percentuale di padri che non si considerano “visti” sul luogo di lavoro. Ciò è dovuto a ostacoli che, secondo i padri stessi, vanno dalla cultura aziendale che tende a mantenere separata vita privata e lavoro, alla scarsa attenzione al work-life balance da parte dell’azienda, fino agli stereotipi personali.
Ma esistono anche abilitatori che, secondo i partecipanti, possono ‘accendere’ sul luogo di lavoro il potenziale della paternità: una cultura aziendale ‘caring’ che mostra attenzione al work-life balance e ai ruoli extra lavorativi delle persone; un clima di condivisione, supporto reciproco, apertura al dialogo tra colleghi, manager e collaboratori sul tema della paternità; iniziative ad hoc dedicate ai genitori; l’autodeterminazione e la volontà dei singoli.
La tipologia dell’azienda e i valori organizzativi sono fondamentali, insieme alla spinta individuale, per influenzare la visibilità della paternità in azienda. Ne è convinto Stefano Angilella, HR Director Avanade ICEG, secondo cui il contesto aziendale è l’elemento più importante per far sì che l’esperienza genitoriale sia un patrimonio di competenze per l’azienda stessa.
Tra le numerose iniziative di supporto alla genitorialità, Avanade ha realizzato un manifesto che impone il congedo di paternità obbligatorio: una misura che va nella direzione di favorire la gender equality e che rende strutturale questa opportunità, con l’obiettivo di far vivere l’esperienza genitoriale appieno, di pari passo con il percorso di crescita professionale.
Il percorso di visibilità dei padri rientra in un cambiamento culturale aziendale che, soprattutto in Italia, richiede tempo e il superamento di stereotipi sui ruoli privati e lavorativi. Per Ivan Basilico, Sviluppo risorse umane e welfare di Ferrovie Nord Milano tutti i soggetti coinvolti (dallo Stato alle singole persone) devono lavorare in modo collettivo per superare gli ostacoli.
In questa direzione, possono essere utili misure aziendali, come quelle attuate da FNM, che spostano il focus dalla quantità alla qualità del lavoro, valorizzano l’ascolto e la libertà di parlare della cura e della genitorialità come qualcosa che fa acquisire competenze trasversali tra vita e lavoro, la flessibilità di orari, lo Smart working e iniziative specifiche a favore dei genitori.
Anche Ruggero Dadamo, Chief People Officer di Sisal sostiene che a contare molto sia l’aspetto normativo. In mancanza di un maggiore supporto da parte dello Stato, le aziende possono mettersi in ascolto delle loro persone e renderle serene nel raccontare le proprie esperienze genitoriali che possono rompere stereotipi culturali, creando ‘papà-ambassador’ in azienda.
Sempre per accompagnare i dipendenti papà in questo cambiamento culturale, Sisal ha messo in campo anche misure a favore dei figli dei dipendenti per orientarli verso discipline STEM e per aumentare le loro competenze digitali, oltre a iniziative specifiche per supportare i dipendenti genitori durante la pandemia.
Matteo Gori, Global Marketing Director di Barilla, spiega che oggi ci troviamo all’interno di un ‘percorso evolutivo’ nel quale gli individui sono chiamati a prendere l’iniziativa e le aziende possono mettere in moto un circolo virtuoso. La singola persona può quindi giocare un ruolo molto importante per abilitare il cambiamento e, in questo senso, l’autodeterminazione è fondamentale.
Ma quali sono i vantaggi di questa visione nella vita privata e nel lavoro? Il congedo parentale – racconta Gori citando la propria esperienza personale – aiuta a raggiungere l’equilibrio dei carichi di cura, mentre la genitorialità rende manager migliori, più curiosi, con una visione laterale, consapevoli di poter vivere un distacco più sano tra vita privata e lavoro e capendo di avere priorità diverse.
Per rendere la paternità un fattore distintivo e positivo, va fatto prima un lavoro sui valori culturali dell’azienda. Secondo Alessandro Mancini, Responsabile Relazioni Sindacali e Welfare di Trenord, la funzione HR ha un ruolo centrale in questo senso e i percorsi formativi sono molto importanti per coinvolgere i padri nella realizzazione del cambiamento.
Mancini evidenzia come il fenomeno della denatalità in Italia sia preoccupante e per questo bisogna lavorare sul tema della paura delle persone di non essere all’altezza del compito di genitore o di perdere qualcos’altro di importante nella propria vita diventando genitori. Le iniziative durature di benessere organizzativo possono essere utili per valorizzare le unicità di ognuno e garantire un maggiore equilibrio dei carichi di cura.