Il nuovo talento inclusivo e sostenibile

Oggi nel mondo del lavoro la definizione di ‘talento’ è radicalmente diversa rispetto al passato. Se negli scorsi decenni il talento era considerato qualcosa di esclusivo, unico e molto raro, i cambiamenti degli ultimi anni hanno portato una nuova prospettiva: il talento è diventato inclusivo, diffuso e può essere sviluppato e trasferito tra più ambiti e ruoli (professionali e personali).

Ma le aziende hanno uno sguardo innovativo nei confronti dei talenti delle proprie persone? Dove risiede il talento? E come le organizzazioni possono attivare e moltiplicare i talenti nascosti delle persone nel loro percorso verso la sostenibilità?

Di tutto questo si è discusso nel Caring Company digital talk “Talenti e sostenibilità: un investimento a lungo termine” promosso da Lifeed, attraverso le testimonianze di esperti del mondo HR, la condivisione dei dati dell’Osservatorio vita-lavoro presentati da Martina Borsato, Research & Innovation Senior Analyst di Lifeed e la moderazione di Chiara Sivieri, Customer Executive di Lifeed.

Il talento risiede in tutti i ruoli di vita

Come spiega Stefano Angilella, HR & Facility Lead di Avanade, la concezione attuale del talento ha sostituito quella tradizionale di ‘risorse umane’ e va al di là di ciò che è immediatamente spendibile nel lavoro (le competenze hard). Per essere pronti alle sfide del futuro, è sempre più necessario sviluppare competenze di tipo soft.

Nell’ambito della cosiddetta ‘guerra dei talenti’ sul mercato, la cura delle persone a 360 gradi rappresenta un vantaggio competitivo per le aziende che vogliono attrarre talenti. Secondo Angilella, questa cura deve andare nella direzione della valorizzazione di talenti non solo collegati alla job description, ma che permettono di esprimere la molteplicità dei ruoli di vita delle persone. L’asse si sposta, dunque, dalle competenze professionali a quelle che le persone allenano in tutti i ruoli di vita, personali e professionali.

Per questo Avanade punta a creare una ‘Future ready workforce’, una popolazione aziendale pronta al domani con un bagaglio di competenze, anche soft, che consenta di restare sempre aggiornati. Nell’ambito dell’inclusione dei giovani talenti va anche la creazione, da parte dell’azienda, di un comitato chiamato Next generation board che affianca il board aziendale con l’obiettivo di capire meglio la percezione e l’impatto nell’organizzazione delle diverse iniziative aziendali.

Il talento va allenato e sviluppato

Ognuno ha almeno un talento da esprimere, perché ognuno di noi può avere una disposizione innata ad eccellere in almeno un determinato ambito. Secondo Emanuela Corsi, Talent & Inclusion Global Lottery Director di IGT, questa predisposizione può essere allenata con ambizione, spirito di collaborazione e curiosità per far emergere il talento di ciascuno.

Alle persone è dunque richiesta una learning agility che permette di continuare a imparare e crescere nel tempo. Lo sviluppo dei talenti parte dal singolo, che può definire il proprio piano di sviluppo individuale. Spetta poi alle organizzazioni abilitare tutto ciò, considerando anche le competenze soft oltre a quelle hard e favorendo la sinergia vita-lavoro. In questo modo, per le aziende è possibile raggiungere gli obiettivi di inclusione, sostenibilità e produttività.

Il talento è diffuso e inclusivo

Per Lucia Monaci, Head of Development e DE&I Manager di Unicredit, avere un talento significa essere unici, con caratteristiche distintive rispetto agli altri da identificare, formare e sviluppare. Il talento accomuna tutti ed è ciò che permette di fare bene quello che facciamo ogni giorno. Tutto questo si traduce in una visione più inclusiva del talento.

Questa visione inclusiva è necessaria in particolare oggi, alla luce di fenomeni come Great resignation e Quiet quitting, con cui le aziende devono fare i conti. C’è inoltre un profondo solco tra generazioni, in particolare fra boomer che ricoprono ruoli apicali e giovani millennials e Generazione Z che danno maggiore importanza alla qualità del lavoro e della vita. Le aziende sono chiamate a intercettare i loro bisogno e a prendersi cura delle persone.

Secondo Monaci, essere una Caring Company è l’unica via da seguire per le aziende che vogliono garantire la propria sostenibilità nel tempo.

Con questa visione, Unicredit ha lanciato il progetto ‘Talento diffuso’, iniziativa di ascolto per rispondere al bisogno di riconoscimento e coinvolgimento delle persone. Il progetto punta ad accelerare la trasformazione culturale, concentrandosi sulla cura dei colleghi e sulla responsabilizzazione dei manager, e mira a mappare i punti di forza delle persone per massimizzare la loro efficacia nei rispettivi ruoli.

Le leve del talent management

Attrarre e trattenere talenti è una delle priorità considerate business critical delle aziende oggi. Secondo i dati dell’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed, rappresenta la sfida principale per il 54% degli HR: un dato che trova corrispondenza con numerose ricerche internazionali.

Ma quali sono le leve su cui puntare per vincere questa sfida? Per rispondere a questa domanda, Lifeed ha realizzato l’Impact Report 2023 “Le 4 leve della talent attraction e retention”.