Prendersi cura di qualcuno, in particolare di genitori anziani non autosufficienti, spesso viene visto dalle persone come un possibile ostacolo alla propria attività lavorativa. E alcune aziende considerano l’attività di caregiving come una ‘distrazione’ che rende meno produttivi i dipendenti che hanno responsabilità familiari.

Ma, al contrario, essere un caregiver permette di sviluppare competenze e attitudini (dall’empatia al problem solving e la leadership) legate al ‘prendersi cura’ di qualcuno e trasferibili anche sul lavoro con impatti positivi sulla produttività delle persone.

Secondo il Rapporto Istat 2019 sulla Conciliazione tra lavoro e famiglia, sono 12,4 milioni le persone che hanno responsabilità di cura di figli minori di 15 anni o parenti disabili, malati o anziani. Si tratta del 34% della popolazione tra i 18 e i 64 anni, con un incremento del 10% nell’ultimo decennio.

“Tutti noi abbiamo vite complesse, ma proprio facendo leva sulle esperienze che viviamo, possiamo far crescere le nostre capacità e acquisire quelle competenze trasversali che oggi sono fra le più richieste nelle imprese”, spiega Riccarda Zezza, CEO di Lifeed, in un’intervista al quotidiano Avvenire (leggi l’articolo integrale).

Il caregiving sviluppa competenze utili alle aziende

Le aziende sono chiamate a considerare il caregiving come un’opportunità, non un problema, e i lavoratori stessi hanno l’occasione di mettere a frutto sul lavoro le esperienze acquisite nella cura, che “sviluppa le capacità di resilienza, ascolto, empatia, leadership e maggiore consapevolezza nei propri mezzi”.

A confermare il doppio vantaggio che deriva da questo approccio (per le aziende e per i dipendenti) è UniCredit, che tra le sue iniziative di welfare ha scelto il master digitale Care di Lifeed. Monica Carta, Responsabile Welfare di UniCredit, racconta ad Avvenire che il percorso “ha dato buoni risultati in termini di nuove energie e competenze da spendere da parte dei lavoratori-caregiver”.

Anche in Enel, il master Lifeed (a cui hanno partecipato 530 dipendenti) è stato utile per aiutare i dipendenti a “conciliare le identità e gestire la complessità dei compiti di cura che i caregiver dimostrano”, racconta Raffaella Poggi D’Angelo, Responsabile People Care e Diversity Manager di Enel.