Emozioni, bisogni ed esperienze di vita sono un valore per le persone e per le loro aziende. Guardare le persone nella loro interezza, infatti, è un’occasione di sviluppo di competenze e di innovazione. Fra le transizioni più importanti c’è la genitorialità, palestra quotidiana di apprendimento continuo di competenze soft.

Prenderci cura di noi stessi e degli altri, accettando imperfezioni e valorizzando la complessità di ognuno, aiuta a portare nel mondo quel cambio di paradigma culturale necessario.

Questi temi sono stati approfonditi nell’evento “Oltre gli stereotipi: il valore delle transizioni di vita per le persone e per le aziende” organizzato nell’ambito di 4Weeks4Inclusion, il più grande evento interaziendale dedicato all’inclusione promosso da TIM che ha visto impegnate oltre 200 imprese in una maratona di quattro settimane consecutive all’insegna dell’inclusione.

All’evento organizzato da Lifeed in collaborazione con Barilla hanno preso parte Riccarda Zezza, CEO di Lifeed, Giulia Lamarca, Content Creator, Psicologa e Change MakerValeria Icardi, Customer Team Director & D&I ERG Balance Italy Leader di Barilla e Chiara Bacilieri, Head of Data di Lifeed

Guarda il video dell’evento:

Con l’obiettivo di creare una nuova cultura della genitorialità in azienda, Barilla ha lanciato il Winparenting Program che supporta i genitori e i loro manager in questa importante transizione.

Dai dati raccolti dall’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed, attraverso l’analisi di oltre 3mila riflessioni espresse dai dipendenti Barilla durante i percorsi Lifeed per il programma Winparenting, emerge una fotografia chiara delle emozioni provate durante l’esperienza di vita della genitorialità.

La lettura dinamica di questi dati permette a Barilla di guardare le persone nella loro interezza e di tenere conto di elementi più soft (come l’evoluzione dei bisogni nel tempo) che non sempre nelle aziende vengono osservati.

Nel ritorno alla normalità post-covid, cresce il bisogno delle persone di condividere esperienze e riflessioni con gli altri. L’attività solitaria legata al remote working e alle conseguenze della pandemia sta lasciando progressivamente spazio alla dimensione comunitaria per recuperare quell’aspetto di condivisione che è mancato nel lungo periodo di emergenza sanitaria.

Di conseguenza, acquisiscono sempre più importanza gli User Generated Content (UGC), contenuti creati direttamente dagli utenti attraverso post social, recensioni, articoli su blog, immagini, foto e video. Questi contenuti si distinguono per essere generati in modo del tutto spontaneo e gratuito, al contrario dei post sponsorizzati e della pubblicità.

Secondo una ricerca del Nielsen Consumer Trust Index, il 92% dei consumatori si fida più degli UGC rispetto alla pubblicità tradizionale. Circa il 60% dei consumatori considera inoltre più autentici e credibili i contenuti non sponsorizzati durante la decisione di acquisto.

L’utente diventa protagonista

Va proprio in questa direzione la nuova funzionalità ‘Social Sharing’ sulla piattaforma di Lifeed, che permette agli utenti di condividere i temi che hanno maggiormente a cuore e i contenuti che scoprono nei percorsi di apprendimento.

All’interno del percorso, l’utente può evidenziare con il mouse un contenuto di suo interesse; il contenuto testuale evidenziato, poi, può essere condiviso attraverso un post automatico su Facebook o Twitter; in alternativa, può essere automaticamente copiato negli appunti per essere condiviso più tardi o attraverso altri strumenti.

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Come è possibile lanciare un’impresa di successo? Non c’è una risposta unica a questa domanda e le variabili, si sa, sono moltissime. Ma ci sono alcuni consigli che si possono tenere a mente per iniziare un’avventura imprenditoriale che, metaforicamente, è come mettere al mondo un figlio.

“Desiderare, concepire, prendersi cura, lasciar andare”. Con queste parole chiave Riccarda Zezza, CEO di Lifeed, ha ispirato i partecipanti dell’evento di Welcome di Switch2Product PoliHub, il programma di innovazione del Politecnico di Milano per supportare i giovani startupper. Ecco il testo integrale dello speech:

Desiderare
Tra sentire una mancanza
E sognare
“De-sidera” vuol dire senza stelle
Vuol dire accorgersi che nel cielo manca qualcosa
E che potremmo mettercelo proprio noi
Desiderare richiede Coraggio:
il desiderio guarda sempre lontano,
E’ nutrito dal senso della possibilità
Ma anche dalla conoscenza, dalla costanza, dalla passione

Concepire
Vuol dire mettersi in gioco
Creare occasioni
Spargere semi in modo generoso e non casuale
Non ogni seme andrà a frutto
E fioriranno forse i più inaspettati
Molti semi andranno perduti
Occorre errare molto, per poter concepire
Essere generosi di sé in modo quasi irragionevole
Non avere paura
Quanti errori fatti: ma sono stati davvero errori? E i prossimi, grandi che mi attendono: quali saranno?

Prendersi cura
Quel che nasce è fragilissimo
Richiede cura
Richiede attenzione, costanza, alleanze
Una cura che cambia e cresce con l’azienda, con le persone
Che non è mai uguale
Ma che alla base resta “cor-urat” – dal sanscrito “scalda il cuore” perché è vicino, prossimo, terrestre, quotidiano
Cuore
E rispondere ogni mattina alla domanda: sono dove voglio essere? Sto facendo quel che mi viene bene? So perché lo faccio?

Lasciar andare
È il movimento più difficile, ma tutto il resto deve prevederlo sin da subito, dal primo giorno
Crescere persone o progetti perché siano più forti di noi
Perché ci sopravvivano
Per fondare il mondo che sarà, e perché sia un mondo migliore
Lasciar andare: rendersi dispensabili
E scoprire la forza che un ego più piccolo, meno vulnerabile
Sa dare

La vera ripartenza dell’anno, per molte persone, è a settembre. Finite le vacanze, riaprono le scuole e gli uffici e riprende il ciclo di vita a cui si era abituati prima dell’estate. Il rientro dalle ferie coincide per molti con il ritorno in ufficio dopo un lungo periodo di lavoro da remoto legato alle conseguenze della pandemia.

Per i dipendenti delle aziende, ciò significa ricominciare a gestire il delicato equilibrio tra i propri diversi ruoli privati e professionali. In particolare, i genitori sono chiamati nuovamente a conciliare la gestione dei figli con gli impegni lavorativi. Lo stesso vale per i caregiver che si prendono cura di una persona cara mentre lavorano.

La domanda che molte persone si pongono in questa fase è: “Sono pronta/o per il ritorno alla normalità?”. La risposta è sì, se si vive questa transizione con il giusto approccio.

Dall’equilibrio alla sinergia vita-lavoro 

Tutto dipende dalla prospettiva con cui si guardano le cose. Il segreto risiede nella capacità di passare dal concetto di equilibrio vita-lavoro a quello di sinergia tra le due dimensioni, che si arricchiscono a vicenda soprattutto nei momenti di trasformazione come questo.

Gli esseri umani hanno infatti straordinarie capacità di adattarsi e di apprendere dai cambiamenti nel tempo, che rappresentano vere e proprie palestre di competenze utili anche nella sfera professionale.

Diversi studi dimostrano come il livello di stress dei lavoratori aumenti durante il periodo di rientro dalle ferie. Quello che serve per vivere in modo positivo la fase della ripartenza è un allenamento delle competenze chiave: tra queste ci sono autoefficacia, ascolto, empatia, agilità mentale, gestione dello stress e problem solving.

Lo sviluppo di queste e altre soft skill permette di scoprire come la transizione della ripartenza non sia un ostacolo ma, anzi, rappresenti un’opportunità per trasformare le esperienze personali in occasioni di sviluppo di competenze applicabili anche sul lavoro.

L’innovazione di Lifeed raggiunge un altro traguardo: l’EdTech company fondata da Riccarda Zezza è la prima e unica impresa italiana tra le 16 aziende disruptive e innovative in forte crescita selezionate da Unreasonable group per entrare nella community di Unreasonable future, il programma internazionale voluto da Fossil Foundation, Pearson e Accenture per aiutare a co-progettare il futuro del mondo del lavoro.

Le imprese selezionate sono in grado di portare un reale impatto nel futuro del mondo del lavoro, hanno soluzioni innovative, presenti sul mercato e in forte crescita, sono aziende inclusive, capaci di rompere gli schemi e cambiare la società.

Unreasonable future è il programma di fellowship, giunto al suo terzo anno, che riunisce innovatori dirompenti e imprenditori per co-progettare un futuro in cui le persone e la tecnologia lavorano fianco a fianco per creare un futuro più sostenibile ed equo per tutti. Le prime due edizioni hanno coinvolto 30 imprese, raggiunto 17 milioni di beneficiari in 180 Paesi. Le imprese coinvolte in Ureasonable future finora hanno raccolto più di 260 milioni di dollari in finanziamenti e l’iniziativa ha generato oltre 74 milioni di visualizzazioni sui social media.

Una formazione innovativa e democratica

La formazione di Lifeed, citata da McKinsey & company tra le 10 iniziative più innovative al mondo per il reskilling dei lavoratori, oggi è utilizzata da oltre 20.000 persone in 70 aziende.

“Unreasonable future – ha dichiarato Riccarda Zezza – rappresenta per Lifeed una grande opportunità per diffondere metodi di formazione innovativi e più democratici, in grado di cambiare la vita delle persone e ridefinire i modelli organizzativi. Vogliamo dare il nostro contributo per rendere accessibile la riqualificazione a milioni di lavoratori, costruire un mondo del lavoro in cui tutti possano realizzare il proprio potenziale, trasformando le esperienze di vita in competenze professionali“.

Unreasonable future fornisce una serie di occasioni di confronto e crescita per le imprese più innovative e in fase di crescita. Imprenditori e partner sono coinvolti in workshop guidati da esperti, braintrust, eventi globali e incontri immersivi su misura. Una rete di oltre 1000 mentori e specialisti che supportano le fase di crescita delle imprese. Sfruttando le relazioni con fondi, fondazioni e società di consulenza, Unreasonable Future è in grado di indirizzare investimenti mirati sulle iniziative selezionate tramite raccolte di fondi e impegno diretto.

In Mondelēz International – leader globale nel settore dello snacking – le politiche rivolte ai dipendenti in tema di wellbeing sono sempre state una priorità.

L’azienda punta sul valore della persona a 360 gradi, non solo come professionista, includendo quindi la dimensione di vita privata espressa dalle persone.

A settembre 2020, con la pandemia in corso e il ricorso allo Smart working di emergenza, l’azienda in Italia ha messo in pratica il progetto con Lifeed, aprendolo a tutte le persone che lavorano nelle diverse sedi aziendali come percorso personale e aziendale di riconoscimento e valorizzazione della dimensione identitaria dei caregiver.

L’avvio del progetto nel periodo di emergenza sanitaria ha fatto sì che le persone si sentissero riconosciute nei loro molteplici ruoli, più consapevoli del proprio valore e accolte dall’azienda nella condivisione di esperienze con le altre persone.

“Siamo entrati davvero in osmosi con Lifeed, soprattutto sul concetto di considerare la persona a 360 gradi, non solo come dipendente”, spiega Olga Lo Conte People Lead, Labor Relations Italy di Mondelēz International. “Oggi parlare di caregiver è un tema cardine della nostra politica di inclusione”.

La pandemia ha stravolto i nostri ritmi di vita e lavorativi, ma ci ha anche spinto a rivolgere maggiormente lo sguardo verso noi stessi e comprendere le difficoltà quotidiane e i nostri punti di forza, spingendoci a riflettere sul cambiamento socio-culturale che stiamo vivendo.

In particolare, dalle difficoltà che incontrano ancora oggi le madri che lavorano, l’intera società italiana può imparare ciò che le serve per evolvere e diventare più adatta alle persone che siamo diventate.

Questo e altro è emerso dalla Life Ready Conference 2021 virtuale dal titolo Le discese ardite e le risalite organizzata da Lifeed in occasione della Festa della Mamma 2021 con la partnership de Il Sole 24 Ore e AlleyOop, moderato dalla CEO di Lifeed Riccarda Zezza, a cui hanno partecipato sei madri manager di grandi aziende.

A partire dai risultati della survey lanciata da Lifeed, a cui hanno risposto oltre mille persone, la riflessione si è sviluppata attorno alla domanda:Come hanno reagito alla pandemia le madri che lavorano?”. I dati raccolti hanno disegnato un quadro dove le madri sono emerse più forti, semplicemente perché la capacità di affrontare le trasformazioni risulta un processo già conosciuto dalle donne quando diventano madri e “questo periodo pandemico ha fatto emergere la leadership naturale delle mamme”, ha ricordato Riccarda Zezza.

Alla domanda “Questa transizione ha migliorato le tue capacità di leadership?” rivolta ai neo genitori, il 71% dei partecipanti ha risposto di sì. In particolare, nelle madri la percezione del miglioramento delle proprie capacità di leadership attraverso i propri ruoli di cura è più elevata (74%) e nelle neo mamme raggiunge il 79%.

In questo momento di transizione collettiva globale, la capacità di reazione all’imprevisto delle donne è una attitudine preziosa anche per il mondo aziendale. Da qui la necessità di un cambio di paradigma culturale e sociale che pone al centro un tema fondamentale: una maggiore presenza delle donne in ruoli guida per incidere in un reale cambiamento strutturale nel mondo del lavoro.

Un nuovo baricentro

La necessità di spostare lo sguardo verso un nuovo baricentro relazionale, in cui la condivisione dei carichi familiari sia percepita in maniera diversa, è sottolineata da Giovanna Della Posta CEO di Invimit: “Sono una mamma che lavora, ma preferisco dire che siamo una famiglia che lavora. Quando si sposta il baricentro sulla famiglia, la capacità di reazione della mamma diventa la capacità di reazione di tutta la famiglia”. Un cambiamento che, per Della Posta, può avvenire lavorando sulla consapevolezza di nuovi traguardi. “Si cambia questo mondo mettendo le donne a guidare e a cambiare questi processi, non bastano le quote rosa. Io incido ogni giorno con una goccia per cambiare questa cultura”.

Una maggiore consapevolezza

Una marcia in più: è quella che, secondo Maria Laura Garofalo CEO di Garofaolo Health Care, hanno le donne che durante questa pandemia hanno reagito all’inaspettato con “una maggiore concretezza, coraggio, spirito di sacrificio ed empatia, in maniera pratica a trasversale”. Attitudini necessarie, per Garofalo, non solo per creare un mondo lavorativo diverso, ma utili anche per costruire un Paese più efficiente e produttivo. Un sistema che esclude ancora troppo le donne da posizioni di vertice e in cui esse nonostante le loro qualità non vengono valutate per il loro valore professionale. Un vero cambiamento potrà passare solo “attraverso la consapevolezza posta su tavoli di scambio culturali e attraverso un ordinamento che dovrà porre onore al merito”.

Un privilegio che si trasforma in responsabilità

La costruzione di una squadra avviene anche attraverso la condivisione di obiettivi e necessità. Solo chi fa squadra riesce nell’innesco di reali cambiamenti culturali, che “richiedono il contributo consapevole anche di chi è più privilegiato”, sottolinea Angela Paparone HR Lead Italia di Microsoft. Una esortazione a essere un modello positivo per altre generazioni di donne, ma soprattutto di esserci: “Quando ci siamo, dobbiamo dire le cose con coraggio”. Dunque una presenza attiva per generare un cambiare reale perché “dobbiamo essere forti e consapevoli di quello che possiamo contribuire, dare voce a modelli di lavoro che possono aiutare le donne in tante complessità”. Responsabilità sociale, dunque, per incidere sul cambiamento.

Una nuova alleanza

Un tema sociale, politico, culturale, per dirigere la nostra economia in una direzione diversa. È per questo che Francesca Polti, Direttrice Generale di Polti Group lancia un invito a tutti gli imprenditori a rivalutare le risorse umane “perché il personale deve essere visto come una vera risorsa al fine di creare una varietà aziendale e comprendere quali sono le competenze che una madre lavoratrice può portare in azienda”. Dunque ripensare a modelli lavorativi ma anche familiari e “una educazione mirata a entrambi i generi”, in cui la responsabilità di presentare modelli positivi coinvolge non solo le donne, perché “il paradigma che dobbiamo rompere è proprio quello di parlare ai papà”.

Polti lancia poi un appello a tutte le madri affinché credano di più in loro stesse, esprimendo le capacità in famiglia come in azienda: “Non abbiate paura di mostrare le vostre qualità e di pretendere che queste vengano riconosciute”. La via da seguire, secondo Polti, è quella dell’antifragilità, intesa come “capacità di crescere, migliorarsi e rafforzarsi, di non temere il cambiamento ma imparare a gestirlo, affrontando il rischio come un’opportunità”.

Un master importante come nessun altro

Lavorare per rompere gli schemi è un processo conosciuto anche da Luisa Todini, Presidente Comitato Leonardo e Green Arrow Capital che, forte della sua esperienza, ribadisce l’importanza di fare squadra con altre donne per creare un percorso comune. “Essere madri e lavoratrici è un Master e anche un Phd insieme, non c’è altra preparazione accademica che possa insegnare e lasciare qualcosa di positivo come l’essere madri”. 

La pandemia ha rappresentato per tutti un considerevole stress test, e le donne, soprattutto le madri lavoratrici, “hanno reagito con forza dimostrando una disposizione quasi naturale ad affrontare i cambiamenti che nascono dalle transizioni”. Nel graduale ritorno alla normalità, secondo Todini, serviranno “strumenti strutturali adeguati, anche grazie alle ingenti risorse in arrivo con il Recovery Plan, direzionando i fondi con progettualità, lungimiranza e meno burocrazia”.

Un nuovo approccio al tempo

La necessità di essere multitasking implica una suddivisione di carico con il proprio partner e una dose di pazienza nei ritmi familiari, ma anche una gestione diversa del tempo che dedichiamo al lavoro. Per Laura Villani Managing Director and Partner di Boston Consulting Group, la pandemia ha rappresentato uno spartiacque sociale che “pur nelle difficoltà, ha portato anche elementi positivi e conferma la capacità reattiva delle donne, di fronte all’emergenza. Infine, secondo Villani, è necessario rivalutare il valore di un bene prezioso come il tempo: “Mi aspetto, soprattutto per le mie figlie, un mondo in cui esso venga valorizzato meglio e sia data a tutti i l’opportunità di essere leader, cioè qualcuno che sia capace di tirare fuori il buono che c’è nelle persone e dall’ambiente che le circonda”.

Prendersi cura di qualcuno, in particolare di genitori anziani non autosufficienti, spesso viene visto dalle persone come un possibile ostacolo alla propria attività lavorativa. E alcune aziende considerano l’attività di caregiving come una ‘distrazione’ che rende meno produttivi i dipendenti che hanno responsabilità familiari.

Ma, al contrario, essere un caregiver permette di sviluppare competenze e attitudini (dall’empatia al problem solving e la leadership) legate al ‘prendersi cura’ di qualcuno e trasferibili anche sul lavoro con impatti positivi sulla produttività delle persone.

Secondo il Rapporto Istat 2019 sulla Conciliazione tra lavoro e famiglia, sono 12,4 milioni le persone che hanno responsabilità di cura di figli minori di 15 anni o parenti disabili, malati o anziani. Si tratta del 34% della popolazione tra i 18 e i 64 anni, con un incremento del 10% nell’ultimo decennio.

“Tutti noi abbiamo vite complesse, ma proprio facendo leva sulle esperienze che viviamo, possiamo far crescere le nostre capacità e acquisire quelle competenze trasversali che oggi sono fra le più richieste nelle imprese”, spiega Riccarda Zezza, CEO di Lifeed, in un’intervista al quotidiano Avvenire (leggi l’articolo integrale).

Il caregiving sviluppa competenze utili alle aziende

Le aziende sono chiamate a considerare il caregiving come un’opportunità, non un problema, e i lavoratori stessi hanno l’occasione di mettere a frutto sul lavoro le esperienze acquisite nella cura, che “sviluppa le capacità di resilienza, ascolto, empatia, leadership e maggiore consapevolezza nei propri mezzi”.

A confermare il doppio vantaggio che deriva da questo approccio (per le aziende e per i dipendenti) è UniCredit, che tra le sue iniziative di welfare ha scelto il master digitale Care di Lifeed. Monica Carta, Responsabile Welfare di UniCredit, racconta ad Avvenire che il percorso “ha dato buoni risultati in termini di nuove energie e competenze da spendere da parte dei lavoratori-caregiver”.

Anche in Enel, il master Lifeed (a cui hanno partecipato 530 dipendenti) è stato utile per aiutare i dipendenti a “conciliare le identità e gestire la complessità dei compiti di cura che i caregiver dimostrano”, racconta Raffaella Poggi D’Angelo, Responsabile People Care e Diversity Manager di Enel.

Ripensare, ridisegnare, trasformare: sono alcune delle parole chiave del percorso delle aziende verso il cosiddetto new normal post pandemia. In questo scenario, le competenze richieste dal mercato sono in continua evoluzione e la Direzione HR gioca un ruolo determinante per valorizzare il potenziale delle persone.

Oggi qualunque planning rischia di diventare obsoleto in poco tempo. Le competenze trasversali, legate alla capacità di apprendere e di pensare, sono le uniche su cui è possibile pianificare e servono in tutte le professioni, anche quelle tecniche. Ma la capacità di sapere quali competenze saranno utili in futuro non può essere attribuita solo in direzione top-down: è invece possibile utilizzare l’intelligenza collettiva, perché le persone stesse possono scoprire le proprie attitudini.

L’HR è protagonista del business

D’altra parte, oggi l’HR “non è più solo business partner, ma è il business stesso”, ha spiegato Alessandro Agosti, Direttore Risorse Umane di Findomestic. “L’HR accompagna le trasformazioni e può dare un’accelerazione decisiva al cambiamento anticipando i bisogni di nuove competenze”.

Secondo Andrea Bellina Head of Talent & Organization di Engie, la strategia è guidata dal business, ma a stretto contatto con l’HR che contribuisce a rendere concreta la strategia attraverso percorsi di formazione e riqualificazione. La tendenza oggi riguarda la ricerca di competenze legate alla gestione dei dati per comprendere gli scenari attuali e prevedere i trend del futuro.

Gli input di business e quelli dell’HR possono far trovare un equilibrio tra la ricerca di risorse sul mercato e la valorizzazione di competenze interne. In questo senso, “un approccio ‘plug-and-play’ non funziona, ma serve tempo per trasferire e sviluppare nuove competenze, anche in ottica generazionale”, ha affermato Alessandra Rizzi Group HR & Organization Director di BFF Banking Group. “La Direzione HR non basta da sola per anticipare le competenze, è un lavoro di squadra con il top management, serve un forte mandato di vertice per riuscire a non disperdere competenze e per garantire l’employability delle persone in questo periodo delicato”.

Le attitudini contano sempre di più

Oggi il tempo è un fattore chiave. “Dobbiamo prepararci al momento in cui il business cambierà per far fronte alla trasformazione dei consumi”, ha sottolineato Silvia Sulpizi, Senior HR manager Global Supply Chain di Baker Hughes, secondo cui è utile analizzare i comportamenti (non solo le hard skill) che serviranno nella transizione futura, per capire chi sarà pronto a mettersi in discussione.

Il workforce planning è fortemente legato alla strategia aziendale: per Luca Barbera, Head of Planning & Organization Global Power Generation di Enel Group, “capire i principali driver del business permette di pianificare l’evoluzione delle risorse interne. L’HR rappresenta una leva di creazione di valore all’interno della strategia dell’azienda, con l’obiettivo di riuscire a prevedere il futuro del lavoro”.

In questo contesto, non bastano competenze tecniche, ma servono anche “attitudini, startup mentality e approccio data-driven”. Sulla base delle attitudini, le persone possono anche cambiare ambito di lavoro e trovare nuove opportunità, per questo puntare sulla “contaminazione di saperi” può rivelarsi una strategia vincente, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo oggi.