A giugno 2021 Beko – azienda leader in Europa di elettrodomestici di libera installazione – ha avviato un graduale ritorno in ufficio dopo oltre un anno di lavoro da remoto a causa della pandemia.

L’azienda ha avvertito la necessità di uno strumento a supporto delle persone, che dopo molto tempo avrebbero ricominciato a vivere una ‘routine’ lavorativa in presenza ormai quasi dimenticata.

Da luglio 2021 Beko ha introdotto in azienda il percorso Gestire una transizione di Lifeed, da cui sono emerse oltre 500 riflessioni generate dai partecipanti.

Sentendosi davvero ascoltate e chiamate in prima persona a contribuire al futuro dell’azienda, le persone sono diventate autrici attive del cambiamento.

“Di solito nelle survey non viene mai chiesto alle persone di parlare di se stesse, della propria vita privata. Grazie a Lifeed siamo entrati in contatto con una serie di emozioni e situazioni dei collaboratori che prima non conoscevamo”, spiega Andrea Marando, HR Manager di Beko Italy.

La vera ripartenza dell’anno, per molte persone, è a settembre. Finite le vacanze, riaprono le scuole e gli uffici e riprende il ciclo di vita a cui si era abituati prima dell’estate. Il rientro dalle ferie coincide per molti con il ritorno in ufficio dopo un lungo periodo di lavoro da remoto legato alle conseguenze della pandemia.

Per i dipendenti delle aziende, ciò significa ricominciare a gestire il delicato equilibrio tra i propri diversi ruoli privati e professionali. In particolare, i genitori sono chiamati nuovamente a conciliare la gestione dei figli con gli impegni lavorativi. Lo stesso vale per i caregiver che si prendono cura di una persona cara mentre lavorano.

La domanda che molte persone si pongono in questa fase è: “Sono pronta/o per il ritorno alla normalità?”. La risposta è sì, se si vive questa transizione con il giusto approccio.

Dall’equilibrio alla sinergia vita-lavoro 

Tutto dipende dalla prospettiva con cui si guardano le cose. Il segreto risiede nella capacità di passare dal concetto di equilibrio vita-lavoro a quello di sinergia tra le due dimensioni, che si arricchiscono a vicenda soprattutto nei momenti di trasformazione come questo.

Gli esseri umani hanno infatti straordinarie capacità di adattarsi e di apprendere dai cambiamenti nel tempo, che rappresentano vere e proprie palestre di competenze utili anche nella sfera professionale.

Diversi studi dimostrano come il livello di stress dei lavoratori aumenti durante il periodo di rientro dalle ferie. Quello che serve per vivere in modo positivo la fase della ripartenza è un allenamento delle competenze chiave: tra queste ci sono autoefficacia, ascolto, empatia, agilità mentale, gestione dello stress e problem solving.

Lo sviluppo di queste e altre soft skill permette di scoprire come la transizione della ripartenza non sia un ostacolo ma, anzi, rappresenti un’opportunità per trasformare le esperienze personali in occasioni di sviluppo di competenze applicabili anche sul lavoro.

La pandemia ha cambiato radicalmente il mondo del lavoro. Uno degli aspetti principali di questa trasformazione riguarda gli spazi fisici, che sono stati affiancati da luoghi digitali, ma dai quali non si può prescindere nel considerare “il ritorno al futuro (del lavoro)”. Questo è il titolo dell’indagine svolta dall’Osservatorio vita-lavoro di Lifeed su 15.000 riflessioni di 5.000 partecipanti ai percorsi Life based, che hanno fornito risposte relative allo spazio fisico che li ha accolti durante la pandemia e a quello che immaginano come spazio ideale nel prossimo futuro.

L’analisi dei dati ha rivelato aspetti molto interessanti sulle emozioni legate alle restrizioni dovute al covid, riferite in particolare all’home working, ma più in generale agli spazi di vita e lavoro, che sono andati contaminandosi. Questi “Small data”, per usare un termine preso in prestito dal Marketing, contribuiscono a rendere visibili dimensioni identitarie del lavoratore che, solitamente, restano sommerse: eppure, esse sono fondamentali per passare da un People development e una People analytics tradizionali (che riguardano solo il ruolo professionale del lavoratore) a una dimensione lavorativa che tenga in considerazione la persona nella sua interezza.

Dicotomia ‘nido-prigione’

La prima domanda rivolta ai partecipanti aveva lo scopo di indagare la dimensione più strettamente emozionale, legata agli spazi fisici di vita e lavoro. È stato chiesto come si sono sentiti nello spazio in cui si sono trovati a vivere nell’ultimo anno e la maggior parte (il 62%) ha espresso sentimenti positivi, di soddisfazione: per il 45% in termini di serenità, di benessere e senso di libertà, mentre per  il 15% sono state prevalenti sicurezza e protezione (in particolare da parte delle donne).

Allo stesso tempo, circa un terzo dei partecipanti ha espresso sentimenti di insoddisfazione, disagio, stanchezza o scarsa energia (29%), un dato che è più elevato negli over 50 (+18% rispetto agli under  50). Influiscono su questo senso di oppressione la percezione di solitudine, di isolamento, di incertezza, di disorientamento e persino di ansia, per il 10%.

C’è dunque una forte dicotomia ‘nido-prigione’ tra coloro che hanno affrontato le restrizioni fisiche cogliendole come opportunità e con senso di protezione e coloro che, invece, hanno vissuto la medesima circostanza con sentimenti contrapposti. Probabilmente, in molti casi, le stesse persone hanno provato a fasi alterne queste emozioni contrastanti, ma, d’altra parte, ci siamo trovati a vivere circostanze nuove ed inaspettate per tutti, che hanno costituito una vera transizione di vita.

Lo spazio ideale? Immerso nel verde

Secondariamente, è stato chiesto ai partecipanti come immaginano il loro spazio futuro, senza fare distinzione, nel quesito, tra quello personale e quello professionale. Indagando i bisogni e le aspirazioni delle persone che, quasi sempre, faticano ad emergere nella People analitycs tradizionale, è emerso che il 34% si vede all’aperto o a contatto con la natura. Difficilmente, prima della pandemia, sarebbe stata ottenuta la stessa risposta.

Il 17% immagina uno spazio creativo e fantasioso, multisensoriale. Per circa un sesto delle persone è importante che sia ampio, dinamico e flessibile, anche grazie alla tecnologia, stimolante e ricco di occasioni di relazioni. Soprattutto negli uomini è evidente questo bisogno di raccontarsi, di condividere, mentre le donne appaiono più interessate all’ampiezza e alla creatività dello spazio. Non c’è distinzione di età o di genere, invece, tra coloro che aspirano a un maggior contatto con l’ambiente naturale e ciò appare molto compatibile con il tipo di sensazioni che tutti abbiamo sviluppato nell’ultimo anno.

Il rispetto è il primo valore

Infine, si è deciso di esplorare la sfera valoriale, chiedendo ai partecipanti di individuare le regole che dovrebbe avere il loro spazio ideale. Per il 31% è fondamentale il rispetto (la regola maggiormente espressa), che implica la gentilezza, l’inclusione e la collaborazione; per il 29% la libertà di espressione e movimento; per il 23% il rispetto dell’ambiente, sensibilità che va sviluppandosi in modo crescente. A seguire, per il 16% servono sicurezza e ordine, per il 14% è necessario che siano previsti e rispettati gli spazi personali.

Sono prevalentemente le donne a desiderare un luogo fisico che permetta loro di esprimere liberamente ciò che hanno dentro, che riproduca anche all’esterno il loro modo di essere, che rispecchi le proprie caratteristiche personali, magari con una componente creativa (come successo anche nella questione legata alle emozioni).

Come dice il pedagogista John Dewey, “non impariamo dall’esperienza, ma dal riflettere sull’esperienza”: questa analisi è quindi molto utile per delineare le caratteristiche che dovranno avere gli spazi di lavoro del futuro, le nuove modalità di lavoro, le regole e i valori che in essi si adotteranno.

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Dopo la prima fase della crisi legata al Covid-19, che aveva creato un senso di incertezza e disorientamento nelle persone, oggi si è aperta una nuova fase di ripartenza per le aziende. In questo contesto, i leader sono concentrati sulle strategie adeguate per favorire il rientro graduale in ufficio dei loro dipendenti.

Oggi più che mai, le persone hanno bisogno di credere nel futuro e di contribuirvi direttamente. Nelle transizioni, ciò è possibile attraverso un ascolto attento e innovativo da parte dei manager HR. Un’azione che può diventare una leva per favorire il benessere organizzativo, la produttività e la valorizzazione dei talenti.

Secondo quanto emerge dai master Lifeed, il 62% delle persone dichiara di provare preoccupazione all’idea di “tornare alla normalità”. Il 69% dei dipendenti si aspetta che, per favorire il rientro in ufficio, la propria azienda dia spazio ai pensieri e agli stati d’animo. Infine il 68% dei partecipanti ai master Lifeed ritiene che il manager ideale debba avere la dote dell’ascolto.

In particolare, ci sono 5 comportamenti manageriali che possono facilitare il passaggio dal senso di smarrimento al nuovo inizio.